Riflessioni e proposte operative sul Clima per una transizione giusta e veloce
di Giuseppe Gallelli
Dal volume Quale Europa – a cura del Forum Disuguaglianze Diversità – l’articolo di Vittorio Cogliati Dezza e Rossella Muroni sul clima, che qui verrà trattato, merita una lettura più precisa, essendo la transizione di sostenibilità ambientale una tematica particolarmente urgente.
Dal punto di vista climatico – scrivono – l’Europa è al bivio: “Un percorso a ostacoli condizionato dallo scontro tra due cordate: i fautori dell’accelerazione del cambiamento e i difensori dello status quo… da un lato i difensori del fossile… dall’altro gli innovatori.”
Nelle politiche sul clima abbiamo un’Europa altalenante sulla linea operativa da condurre, a causa di visioni diverse e talora contrapposte e per lo squilibrio di potere tra Commissione e Parlamento. Sarebbe necessario, come si sostiene nell’introduzione al libro, uscire da quest’impasse rafforzando i poteri del Parlamento, a partire dal potere legislativo e il suo potere di controllo e codecisione su temi come politica estera, bilancio, fiscalità e altri importanti temi da cui dipende la qualità della nostra vita.
Queste contraddizioni risultano, in particolare, nelle politiche climatiche recenti, con la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen.
Dopo una fase con l’obiettivo di riduzione del consumo energetico annuale e di promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, la Commissione europea presenta il Green Deal – nel 2019 – per ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030 e emissioni zero nel 2050.
“A luglio 2020 il “Next Generation Eu” conferma la centralità delle transizioni digitale e verde, vincolando a queste due priorità il 21% e il 37% del Fondo Recovery and Resilience Facility da 750 miliardi […] L’impianto è confermato, nell’ottobre dello stesso anno.”
A giugno 2021 l’Ue stabilisce il “Fondo per una transizione giusta” ma a causa dell’invasione dell’Ucraina, da parte della Russia, si ha un’accelerazione alla crisi energetica. La Commissione presenta – nel 2022 – il “Piano RepowerEu“, con proposte per ridurre, prima del 2030, la dipendenza dal fossile russo.
“Il risultato è molto contraddittorio – scrivono. L’accelerazione sul fronte della decarbonizzazione convive, motivata dalla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento, con la ricerca di nuovi contratti di fornitura di gas […] anche se si dichiara che “il consumo di gas dell’Ue diminuirà a ritmi più serrati, limitandone il ruolo come combustibile di transizione […]. In parallelo parte della capacità attuale riservata al carbone potrebbe essere usata più a lungo […] e potrebbe svolgere un ruolo anche l’energia nucleare e le risorse interne di gas.”
Con il “Regolamento europeo sulla tassonomia” di gennaio 2022: “nucleare e gas diventano fonti ammissibili tra gli investimenti di sostenibilità. Inoltre il Piano promuove un ulteriore passo indietro: nella messa a punto dei vari Pnrr, si legittimano gli investimenti in gas e nucleare […] A settembre 2023 la Commissione conclude il percorso di revisione della direttiva sull’efficienza energetica […] affida un “ruolo guida” al settore pubblico […] L’accordo include la prima definizione europea di “povertà energetica” mai adottata dalla Ue e impegna gli Stati membri ad applicare misure di miglioramento dell’efficienza energetica in via prioritaria presso le persone in condizioni di vulnerabilità energetica e quelle che vivono negli alloggi sociali. La proposta suggerisce inoltre di avvalersi del Fondo sociale per il clima.”
Ma con due atti sulle politiche energetiche si ha un passo indietro rispetto al traguardo del RepowerEu e si favorisce la frammentazione e la flessibilità nazionale sulle medie che ogni Stato potrà definire e si allungano i tempi, in Italia, ad esempio, per la sostituzione delle caldaie a gas.
“Il 2023 si chiude tra luci e ombre sul futuro del Green Deal – scrivono. L’attacco delle forze più conservatrici si è intensificato, investendo, ad esempio, anche il Regolamento per il ripristino della natura e la revisione della direttiva sulla qualità dell’aria.”
Sia la Banca centrale europea che il Centro ricerche Enrico Fermi rilevano l’importanza della transizione e anche i sondaggi sulla popolazione concordano sulla necessità di un maggiore sostegno finanziario alle rinnovabili.
“Serve – scrivono gli autori – una nuova governance dei processi sociali e territoriali, senza la quale difficilmente la transizione ecologica potrà essere fautrice di una giustizia sociale, in cui i cittadini possano trovare la risposta ai loro bisogni.”
Riportano, a questo proposito, l’interessante proposta di Charles Sabel e David Victor, che in “Fixing the Climate” (2022) suggeriscono una “governance sperimentalista” che superi gli accordi internazionali e costruisca accordi di filiera o di luogo per superare gli ostacoli che si frappongono alla transizione, alla salute degli ecosistemi e di tutti gli esseri viventi, dato che il Green Deal è anche salute e che non si può vivere in buona salute in un “suolo malato a causa delle sostanze tossiche rilasciate dall’industria”.
Portano come esempio i ritardi nella riforma della regolazione sulle sostanze chimiche su cui “la Commissione sostiene di fatto il vecchio modello di crescita obsoleto”. Anche sull’alimentazione sostenibile, avvertono, si è verificata una flessione, dato che, con la strategia “Farm to Fork ”, l’Ue aveva adottato una legge sui sistemi alimentari sostenibili, ma con l’autorizzazione all’impiego del Glifosate, un erbicida “che comporta rischi per la salute ed effetti tossici sull’ambiente”, si è adattata agli interessi dell’industria privata, non della salute dei cittadini.
Anche sull’impegno ad aggiornare le leggi sul benessere degli animali la Commissione nulla ha fatto e anche il sistema di tassazione dell’energia è obsoleto. Suggeriscono l’utilità sia del potenziamento del sistema dell’Emissions Trading System e il Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, ma resta il timore della loro attuazione nei singoli stati, come è successo con la Plastic tax, approvata nel 2021 e non ancora recepita dall’Italia.
“La crisi climatica – scrivono – è fortemente connessa con tutti gli aspetti della nostra vita [… ] È una crisi sistemica. Per contrastarla abbiamo bisogno di quell’approccio che è stato con forza richiamato dall’Oms con la strategia One Health, che riconosce che la salute degli esseri umani, quella degli animali, quella degli ecosistemi e quella dell’ambiente sono strettamente collegate e interdipendenti.“
Ecco le loro principali proposte:
- interventi veloci e strutturali nei Piani sociali per il clima entro il 30 giugno 2025;
- triplicare l’elettricità rinnovabile al 2030 con l’utilizzo di eolico e solare fotovoltaico;
- programmi su case green e mobilità elettrica, anche se in Italia, l’attuale governo ha operato contro il superbonus e contro le proposte europee su case green e automotive;
- necessità di un nuovo concetto di sicurezza, perché in Italia nel 2023 sono aumentati gli eventi metereologici estremi e si sono raggiunte temperature record;
- garantire il rapido aumento dei finanziamenti e della diffusione delle energie rinnovabili – come ha dichiarato Fatih Birol, direttore esecutivo della Iea.
“Serve un’Europa – concludono – capace di fornire risposte ai bisogni delle persone ridando qualità e priorità ai servizi pubblici e all’interesse generale, operando in discontinuità rispetto al carnevale delle privatizzazioni di questi anni […] Serve un’Europa capace di ridurre le disuguaglianze tra le persone e i paesi […] per una giustizia sociale che non può essere tale se non sarà anche giustizia climatica.”
Per approfondire:
Sabato, 20 aprile 2024 – Anno IV – n°16/2024
In copertina: immagine di PublicDomainPictures/Pixabay