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Cuba tra fame e proteste

L’embargo USA la strozza da 60 anni

di Ettore Vittorini

Il popolo cubano è stanco, non ne può più dei sacrifici che è costretto ad affrontare da anni, giorno dopo giorno, a causa delle ristrettezze economiche che lo soffocano. Ed ha protestato, non si è rivoltato. E’ sceso per le vie dell’Avana, di Santiago e di altre località, manifestando contro la miseria e la mancanza di libertà. La conseguente repressione ha provocato un morto secondo le fonti ufficiali, mentre da Miami in Florida la Radio Television Martì, gestita dagli esuli cubani e finanziata dal governo USA, parla di un numero maggiore di vittime. Il neopresidente della Repubblica Miguel Diaz-Canel Bermùdez, succeduto al novantenne Raul Castro, fratello di Fidel, attribuisce la colpa dei disordini agli Stati Uniti, colpevoli di un embargo che affama il Paese e finanzia le forze antirivoluzionarie.  

I Cubani soffrono per la penuria di alimenti e medicine, mezzi fondamentali per sopravvivere soprattutto in questi tempi di Covid che ha colpito l’isola caraibica anche se in tono minore rispetto alle altre nazioni di tutto il continente. Alcuni esempi: Cuba ha 11 milioni di abitanti e a causa della pandemia ha avuto 1800 morti, cioè 136 per milione di persone; gli Stati Uniti, grande e ricchissima potenza di 330milioni di abitanti, dove non manca nulla, hanno avuto 600mila vittime, cioè  1800 per milione di abitanti; l’Argentina 2200. Non parliamo del Brasile dove la diffusione del Covid è irrefrenabile e di altre repubbliche di cui si parla poco come la “democratica” Colombia dove il governo, che chiude gli occhi sui narcos, fa sparare sui manifestanti.

E’ da sottolineare che Cuba non è una Repubblica democratica, ma una dittatura. La vittoriosa rivoluzione di Fidel Castro che nel 1959 cacciò il dittatore Fulgenzio Batista, ha instaurato un regime comunista – meno ortodosso rispetto a quello sovietico – provocando la reazione degli Stati Uniti che distano ad appena 166 km dall’isola. Per i vari governi americani era diventata una spina nel fianco e un cattivo esempio per le Repubbliche delle banane appartenenti al “giardino di casa” di Washington. Per questo, gli statunitensi – a partire dal 1960 – imposero un pesante embargo che dura tuttora. Il Paese venne tagliato fuori dalle fonti di valuta estera come il turismo, i viaggi dei cubano-americani e le loro rimesse verso i parenti residenti in patria. Oltre al cibo e alle medicine sono mancate le materie prime, i pezzi di ricambio, e tutti i mezzi necessari per lo sviluppo dei beni economici e produttivi necessari per agevolare le esportazioni.

Oltre all’embargo, gli USA avevano tentato in diverse occasioni di far assassinare Fidel Casto e nell’aprile del 1961 la CIA tentò di eliminare il governo rivoluzionario organizzando lo sbarco nella “Baia dei porci” di alcune migliaia di esuli cubani armati ed equipaggiati dall’esercito statunitense. Fu un disastro per gli aggressori perché il popolo cubano rimase compatto nella difesa del proprio Paese.

Di fronte al costante pericolo americano, Fidel Castro si rivolse all’Unione Sovietica che inviò gli aiuti economici e materiali di cui il Paese aveva bisogno, ma anche i missili che poi ritirò nel 1963 dopo le minacce del presidente USA John Kennedy, e il rischio di una terza guerra mondiale. Questo episodio fa parte della storia della guerra fredda, un tema su cui si sono scritti decine di volumi. Con la fine dell’URSS, gli aiuti sono finiti e anche il sostegno politico conseguente all’accordo tra Kennedy e il Presidente sovietico Nikita Krusciov del 1963.

Tornando alla Storia di Cuba, da colonia spagnola passò sotto l’influenza degli Stati Uniti nel 1899, alla fine del conflitto con la Spagna. Almeno sulla carta diventò uno Stato indipendente e democratico, ma in realtà subì il controllo degli americani che si erano presi la baia di Guantanamo dove installarono una base militare tuttora in loro possesso. Nel 1933 il sergente dell’esercito cubano Fulgenzio Batista instaurò una dittatura fino al 1944 quando venne cacciato dopo le elezioni favorite dagli USA. Durante quella dittatura l’ambasciatore americano all’Avana aveva fatto presente al presidente Francis D. Roosevelt che Batista era un “figlio di p…”. Questi gli rispose: “Lo so, ma è il nostro figlio di P…”.

Cuba ormai era diventata un ricco territorio per gli interessi americani, soprattutto dopo il 1952 quando Batista si riprese il potere con l’aiuto della CIA e la Mafia. L’isola era stata battezzata il “Bordello degli Stati Uniti”: le famiglie di Sante e Luigi Trafficante, dei Bonanno, Lucky Luciano, Frank Costello, gestivano alberghi, case da gioco, bordelli e le grandi imprese. Ma sopra tutti comandava Mayer Lansky, un  gangster di origine russa esponente del cosiddetto “sindacato ebraico”. Egli teneva i rapporti diretti con Batista che veniva foraggiato a milioni di dollari e consigliato nella repressione degli oppositori. L’Avana era diventata una città ricca e corrotta, mentre nel resto dell’isola governava la miseria totale.

Con la vittoria del castrismo il Paese è cambiato, ma l’embargo ha limitato la sua crescita. Il Presidente USA Barak Obama aveva ridotto le sanzioni e addirittura si era recato in visita ufficiale con moglie e figlie all’Avana, accolto dal Presidente Raul Castro, fratello di Fidel e suo successore. Poi con l’avvento di Donald Trump alla presidenza, il rigore verso l’isola è diventato più pesante del passato.

 Con l’attuale nuovo capo degli USA, Joe Biden, nulla è cambiato: il nuovo Presidente avrebbe potuto cancellare in breve tempo le gravi misure adottate dal suo predecessore. Invece non ha fatto nulla, anzi di fronte alle manifestazioni cubane ha soltanto ribadito che nell’isola “non esiste democrazia”, frase ipocrita ripetuta da sessant’anni da tutti gli altri presidenti – tranne Obama – per i quali Cuba ha sempre rappresentato un problema politico come lo è stato il Cile col governo di Allende, e tante altre nazioni che hanno tentato di svincolarsi dall’abbraccio degli interessi statunitensi. Il bilancio federale degli Stati Uniti ha stanziato quest’anno 20 milioni di dollari per finanziare i gruppi oppositori dell’isola e altri 13 milioni per la Radio Television Martì e altre emittenti che da Miami martellano in continuazione i cubani con la propaganda anticastrista.

Sabato, 17 luglio 2021 – n°25/2021

In copertina: Fidel Castro all’Avana dopo la fuga di Fulgenzio Batista – immagine d’archivio di pubblico dominio

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