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Italia, Politica

Dante Alighieri e la lingua italiana protagonisti del 2021

Al via le celebrazioni per il 700° dalla scomparsa del Sommo Poeta

di Laura Sestini

Ha già preso avvio dalla parola ‘trasumanar’ l’iniziativa dell’Accademia della Crusca Una parola al giorno dedicata alla celebrazione del settecentesimo anno dalla scomparsa del sommo maestro Dante Alighieri.

Il verbo, come riportato sul sito dell’emerita Accademia della lingua italiana, si trova nel canto del Paradiso [I, 70]: “Trasumanar significar per verba non si poria; però l’essemplo basti a cui esperienza grazia serba” a cui segue la nota di accompagnamento: neologismo dantesco per indicare un’esperienza che va oltre l’umano. Dante lo usa per indicare l’avvicinamento a Dio, ma il termine può essere esteso a ogni condizione che vada aldilà dell’esprimibile, dove le parole non bastano più.

L’iniziativa ha come obiettivo una maggiore divulgazione della Divina Commedia e la conoscenza dell’ampia capacità linguistica e letteraria del poeta fiorentino, e non ultimo, il tentativo di migliorare la consapevolezza, e il lessico, propria della bellissima lingua italiana, a cui Dante, attraverso l’idioma fiorentino dell’epoca, diede una grande spinta di avvio.

Le iniziative per la celebrazione coinvolgono molte città italiane, tra le quali Firenze, patria natia di Dante, fino a Ravenna dove è sepolto – passando per Forlì e Verona.

A Firenze le celebrazioni dantesche sono promosse dall’Assessorato alla cultura, con cui collaborano numerose istituzioni del capoluogo toscano, coordinate dal Comune di Firenze, unitamente al Comitato istituito appositamente per gli importanti appuntamenti dedicati al poeta.

Dal 1° gennaio è in corso anche il progetto che vede coinvolto il Museo degli Uffizi: una mostra totalmente digitalizzata di tavole disegnate da Federico Zuccari alla fine del Cinquecento, che illustrano la Divina Commedia. Il percorso pittorico si intitola A riveder le stelle e per la prima volta – in versione digitale ad alta definizione – mostra al grande pubblico, documenti altrimenti visibili a pochi esperti e studiosi, custoditi gelosamente in ambienti protetti, in assenza di luce e di agenti atmosferici.

Tramite l’associazione La Casa di Dante di Firenze – abitazione dove il poeta risiedeva realmente a pochi passi da piazza della Signoria – sono previste visite urbane culturali guidate da operatori in costumi d’epoca che accompagneranno i visitatori nei percorsi solcati sette secoli orsono dall’intellettuale e politico fiorentino, per scoprire gli angoli più suggestivi e rilevanti della sua vita letteraria e personale nell’affascinante città rinascimentale.

Tutti gli eventi organizzati sul territorio fiorentino sono riportati sul sito web allestito per la grande occasione del settecentenario: https://www.700dantefirenze.it; mentre per Ravenna – dove si spera possa concludersi l’esperienza del Teatro delle Albe con il Paradiso portato in scena per le sue strade – si può consultare: https://vivadante.it/celebrazioni-2020-21/.

Considerato il padre della lingua italiana, Dante Alighieri, è conosciuto a livello mondiale come scrittore e poeta attraverso la Divina Commedia (titolo originale Comedia, l’aggettivo fu aggiunto dal Boccaccio) – poema tra i più importanti del mondo letterario medievale, nonché opera riconosciuta tra i celeberrimi scritti universali – oltre che per aver composto numerosi altri testi, talvolta usando registri plurilinguistici. La stessa Comedia non è composta in lingua nobile né in latino.

Anche nella vita personale e pubblica Dante Alighieri non risparmiò le sue energie, essendo un politico molto attivo nelle lotte di potere interne a Firenze, per parte guelfa bianca – anticlericale – ricevendo anche incarichi importanti nel governo della Signoria cittadina; a causa dei continui dissidi politici tra le due fazioni di guelfi e ghibellini, infine Dante fu condannato al rogo – usanza dei tempi – a cui seguì l’autoesilio da fuggitivo, per un paio di decenni, attraverso differenti regioni italiane e corti dell’epoca. Morirà a Ravenna ove sepolto, il 13 settembre 1321, per aver contratto la malaria, di ritorno da una missione diplomatica a Venezia per conto del podestà ravennate – Guido Novello da Polenta – che lo aveva accolto presso il suo seguito.

Il Libro del chiodo – conservato nell’Archivio di Stato di Firenze – al 10 marzo 1302 ne riporta la sentenza di condanna: “Alighieri Dante è condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia”.

Nella colossale Divina Commedia – divisa tra Inferno, Purgatorio e Paradiso – il Sommo poeta disquisisce sulle diverse tipologie di soggetti umani, attingendo dalla realtà circostante, giudicando gli uomini, maggiormente suoi contemporanei, per le azioni compiute in vita. Un lavoro, quello dantesco, che potrebbe essere concepito anche come un rudimentale trattato di psicologia.

Certo, i secoli trascorsi hanno totalmente cambiato il nostro modo di vivere e la condanna al rogo fortunatamente è stata abolita, insieme alla pena di morte; ma sarebbe assai curioso poter vedere la società contemporanea nuovamente attraverso gli occhi del grande poeta, sulla quale certamente avrebbe da scriverne in grande quantità.

Sabato, 9 gennaio 2021

In copertina: La statua di Dante Alighieri dello scultore Enrico Pazzi, posta di fronte alla Basilica di Santa Croce a Firenze. Foto ©Laura Sestini (tutti i diritti riservati).

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