Cina e Russia spengono le ultime voci della democrazia
di Ettore Vittorini
A Hong Kong è scomparsa l’ultima voce della democrazia: 200 poliziotti cinesi hanno circondato la sede del giornale online Stand News, hanno arrestato il direttore e sei redattori, poi messo a soqquadro la redazione sequestrando articoli e documenti. La scorsa estate lo stesso sistema era stato usato per il quotidiano Apple Daily. Le accuse per entrambi erano di cospirazione sediziosa.
Il potere burocratico capitalista del grande Paese che si fregia ancora della bandiera rossa, è venuto meno definitivamente agli accordi presi con la Gran Bretagna nel 1997 – anno in cui il governo di Londra cedette la piccola colonia – tra i quali era previsto che Hong Kong avrebbe goduto sino al 2047 del sistema democratico.
Anche a Mosca si è spenta un’altra voce libera dopo che il tribunale ha decretato la chiusura del Centro per i diritti umani “Memorial”, una ONG. “Lo Stato non apprezza quello che facciamo e raccontiamo” – ha commentato uno degli avvocati. Il potere oligarchico della Russia di Putin usa metodi diversi da quelli della Cina: per eliminare gli avversari non manda la polizia a fare incursioni e arresti, ma agisce attraverso i tribunali – tutti compiacenti – o sistemi occulti che fanno scomparire per sempre le persone scomode, anche se si trovano all’estero.
In alcuni Paesi staccatisi dalla ex Unione Sovietica la dittatura è più evidente, come accade nella Bielorussia del presidente autocrate Aleksandr Lukashenko. Si sono salvate le tre Repubbliche Baltiche – Estonia, Lettonia, Lituania – entrate nell’Unione Europea.
Di fronte all’estendersi dei sistemi dittatoriali, l’Europa fa sentire un flebile dissenso e minaccia leggere sanzioni sapendo che da quei Paesi arrivano le fonti energetiche fondamentali per la vita delle 27 nazioni che la compongono. Inoltre in alcune di esse i sistemi democratici vengono gradualmente annullati da governi che agiscono in nome del nazionalismo e del populismo.
Se poi allarghiamo lo sguardo verso il resto del Mondo, in Asia la Birmania – ora Myanmar – è soffocata da una feroce dittatura militare, per non parlare della Corea del Nord. Si è aggiunto l’Afghanistan che ha imposto alla popolazione l’oscurantismo religioso più abbietto. E l’Africa da dove milioni di persone fuggono dalle dittature militari guidate da ufficiali ladri e assassini autoproclamatisi generali.
Incombe infine nella Storia attuale il mondo arabo con l’eterno conflitto israelo-palestinese, le dittature egiziana, siriana, algerina, le false democrazie del Marocco e della Tunisia, per concludere con gli “splendori” dei Paesi della penisola arabica che espongono come dei parvenu le proprie ricchezze. L’ultimo esempio è l’Expo di Dubai carica di meraviglie del cemento armato e di tecnologie importate con profusione di petrodollari e l’apporto fondamentale di tecnici, ingegneri e architetti europei, pagati profumatamente. È una grande e brillante facciata che nasconde a malapena il Medioevo ancora dominante.
E pensare che alla fine dell’ultimo dopoguerra – che aveva provocato 60 milioni di morti, la distruzione dell’Europa, lo scempio della bomba atomica in Giappone – i politici di buona volontà avevano manifestato l’intenzione di creare un Mondo Nuovo senza più conflitti e dittature. E per questi scopi era nata l’ONU che poi ha potuto fare ben poco. Si sperava che dopo la fine dell’URSS il mondo sarebbe migliorato, invece la situazione è peggiore rispetto al clima della Guerra fredda.
“La Storia ci insegna che non impariamo dalla Storia. Il ritorno della barbarie è sempre possibile”, afferma il filosofo e sociologo francese Edgar Morin, che a luglio ha compiuto cento anni. “L’avventura umana è arrivata a una gigantesca crisi nella quale si gioca il nostro destino” – aggiunge. Sottolinea anche che la pandemia del Covid, provocando una crisi planetaria, diventa un elemento nuovo di precarietà, di incertezza e di angoscia”. Con i suoi saggi, le biografie, rimane il più grande testimone del secolo scorso e dei primi vent’anni dell’attuale.
Sabato, 1 gennaio 2022 – n° 1/2022
In copertina: il murale di Guernica sull’originale di Pablo Picasso – Foto: Papamanila CC BY-SA 3.0