Il coraggio delle scelte
di Laura Sestini
Prendendo spunto dal film Lift like a girl (Ash Ya Captain) – lungometraggio proposto dal MedFilm Festival 2020, appena conclusosi online, cogliamo l’occasione per riflettere sulla tematica affrontata nel lavoro della giovane regista egiziana Mayye Zayed.
Nel suo film – opera prima come ideatrice e regista – l’autrice mette in evidenza la realtà dei fatti nel proprio Paese, focalizzandosi sulla discriminazione di genere, e il conseguente riscatto – quale atto di emancipazione – ottenuto attraverso lo sport, nel mondo femminile egiziano. Visione, questa, che potrebbe abbracciare l’intero mondo arabo dal Maghreb all’Indonesia.
Il docu-film si basa sulla realtà del sollevamento pesi femminile – sport non troppo comune a tutte le latitudini – nel distretto di Al-Wardyan, ad Alessandria d’Egitto. Un’opera che potremmo immaginare dedicata a Sara Samir/Ahmed, atleta egiziana che, nel 2016, a soli 18 anni, ha vinto la prima medaglia olimpica, in questa disciplina sportiva, per il mondo sportivo femminile arabo.
Il lavoro cinematografico di Mayye Zayed conta ben quattro anni di riprese dal vivo, in un campetto sgangherato – riadattato dalle stesse atlete e dal loro istruttore – sede di allenamento per le giovanissime ragazze avviate allo sport, in mezzo a un incrocio sudicio, polveroso e ipertrafficato nei pressi del porto della città egiziana.
Zebiba (trad. Uvetta, n.d.g.) è il nickname affettuoso con il quale è soprannominata Asmaa Ramadan – scelta dalla regista quale protagonista principale, tra le ragazze che praticano l’attività sportiva, in quanto alle prime armi. La giovane è spronata dal suo coach (che probabilmente è anche un suo parente), Ramadan Mohamed El-Sayed, il Capitano, un campione di sollevamento pesi egiziano, di livello nazionale, scomparso nel 2017; la figlia, Nahla Ramadan, olimpionica e campionessa mondiale con numerosi ori vinti, è stata pioniera nel sollevamento pesi femminile nel mondo egiziano e, in generale, arabo.
Se lo sport praticato da donne è tuttora un tabù in tutto il mondo arabo – a parte qualche eccezione – è altrettanto vero che è un potente strumento di riscatto per le giovani nei confronti di quelle società conservatrici e patriarcali – così come risulterebbe essere l’universo old-style musulmano.
Il Capitano, uomo senz’altro di mentalità aperta, forse anche grazie allo sport praticato, sprona le ragazze che allena ai pesi a diventare forti, non solo fisicamente; iniettando loro un po’ di disciplina mentale e di fiducia in se stesse – il che aiuta in tutti i campi.
La filmmaker mostra, attraverso la sua peculiare sensibilità fotografica, la vita quotidiana alessandrina, mentre riprende, quasi esclusivamente, i 50 metri quadrati della palestra improvvisata in mezzo alle auto strombazzanti, con i bambini maschi e gli uomini adulti di tutte le età che, passando nei pressi, si permettono di denigrare le ragazze che tentano di issare decine di chili sopra le loro teste.
Ma il Capitano è un altro tipo di uomo, saggio e sensibile, che annaffia i suoi olendri in mezzo al traffico e, nel contempo, difende le sue pupille a spada tratta, regalando in cambio parolacce a coloro che lui considera dei codardi senza speranza. Ma su tutte, una frase rispecchia l’atmosfera e il tipo di società in cui è ambientato questo docu-film. “Tu sei un uomo“, intima gridando il Capitano alle sue ragazze, quando non credono in loro stesse, pensando di non riuscire a raggiungere i traguardi che si sono prefissate. Una frase, questa, che ricorre spesso nei dialoghi e fa percepire come ancora non esista un termine di paragone al femminile, nella società egiziana, per decretare forza fisica e mentale insieme, appannaggio della sola parte maschile del mondo arabo (e non solo).
Lo stesso concetto è riportato da Fayza Haidar, 36 anni, la prima donna egiziana (e presumibilmente di tutto il mondo arabo) allenatrice di calcio di una squadra maschile – l’Ideal Goldi Club con sede a Giza – sebbene di quarta divisione, all’indomani dell’accreditamento da parte della Federcalcio inglese quale ambasciatore egiziano in Inghilterra – insieme a Mohamed Salah, El Niny, Trezeguet ed El Mohamady, oltre al marcatore dello Stoke City, Sarah Essam. L’allenatrice sostiene di aver avuto gli occhi sempre puntati addosso durante la sua intera carriera e, spesso, di essersi sentita dire dagli spettatori di tornare in cucina perché il calcio non è uno sport da donne. “Se vogliamo cambiare la società – afferma Fayza Haidar – è necessario essere determinate e cercare di sovvertire mentalità e ruoli. Il mio traguardo è una grande vittoria per le donne. Ne sono molto orgogliosa ed eccitata. Spero che il mio percorso apra la strada a molte altre ragazze per cambiare il loro status quo e credere in loro stesse“.
Il trailer di ‘Lift like a girl’
In copertina: la locandina del film Lift like a girl (Ash Ya Captain) di Mayye Zayed