Muore a Sollicciano un giovane tunisino di 20 anni
Redazione TheBlackCoffee
La morte in carcere per suicidio è un grave e annoso problema sociale italiano che, nonostante le pressioni della società civile per cercare esecuzioni alternative delle pene, non ha ancora trovato una soluzione etica e sostenibile.
Mercoledì 3 luglio 2024 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro della giustizia Carlo Nordio, ha approvato un decreto-legge (DL. 4 luglio 2024, n. 92) che introduce misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia. Il Decreto è già stato pubblicato sulla G.U. del 4 luglio, n° 155.
Come si legge nel comunicato stampa, pubblicato sul sito del Governo, «Le norme introdotte mirano, tra l’altro, a:
- rafforzare la sicurezza, l’operatività e l’efficienza degli istituti penitenziari mediante l’assunzione di mille unità personale del Corpo della polizia penitenziaria e lo scorrimento delle graduatorie per l’assunzione di vice-ispettori e vice-commissari della polizia penitenziaria;
- garantire il miglior funzionamento degli istituti di pena, mediante l’incremento del personale che opera in ambito penitenziario e minorile;
- assicurare un più efficace reinserimento dei detenuti nella società, anche attraverso l’istituzione di un elenco delle strutture residenziali idonee all’accoglienza e al reinserimento sociale di coloro che hanno i requisiti per accedere alle misure penali di comunità, ma che non sono in possesso di un domicilio idoneo e sono in condizioni socio-economiche non sufficienti per provvedere al proprio sostentamento;
- introdurre una nuova fattispecie di reato al fine di chiarire definitivamente la punibilità delle condotte di peculato per distrazione del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio;
- eliminare le incertezze interpretative in relazione alle procedure esecutive nei confronti degli Stati esteri;
- razionalizzare benefici e regole di trattamento applicabili ai detenuti, in particolare in materia di colloqui telefonici e liberazione anticipata;
- assicurare l’effettività delle funzioni di impulso e coordinamento del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo anche in relazione ai poteri di avocazione del procuratore generale presso la corte d’appello;
- differire il termine per l’entrata in vigore del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, al fine di permettere l’adozione degli interventi necessari per l’effettiva operatività del medesimo.
In particolare, in materia di reinserimento dei detenuti nella società, si prevede che il pubblico ministero indichi espressamente nell’ordine di esecuzione della pena da espiare, tutte le detrazioni previste dalle norme sulla liberazione anticipata (articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354), al fine di rendere immediatamente percepibile al destinatario il termine finale della pena in caso di ottenimento di tutte le detrazioni o la pena che sarebbe invece da espiare senza le detrazioni. Nello stesso ordine di esecuzione deve essere dato avviso al condannato che le detrazioni non saranno concesse in caso di mancata partecipazione all’opera di rieducazione. A differenza di quanto avviene oggi, all’ufficio del pubblico ministero che ha emesso il provvedimento di esecuzione non sarà data comunicazione dell’avvenuta concessione del beneficio di liberazione anticipata, bensì della mancata concessione di tale beneficio o la sua revoca.
Inoltre, si introduce l’obbligo, per il magistrato di sorveglianza, di accertare d’ufficio la sussistenza dei presupposti necessari ai fini della concessione del beneficio in caso di presentazione di istanze d’accesso alle misure alternative alla detenzione (semilibertà, affidamento in prova, detenzione domiciliare) o ad altri benefici analoghi o nei novanta giorni antecedenti il termine per l’espiazione della pena, computando le detrazioni previste. Di conseguenza, la possibilità per il condannato di presentare istanza di concessione della liberazione anticipata viene ammessa, in via residuale, in presenza di uno specifico interesse che deve essere indicato, a pena di inammissibilità, nell’istanza medesima».
Da tempo le associazioni che operano nelle carceri italiane criticano tale disegno di legge.
Il 17 giugno, Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone – la più grande in Italia per attività educative e di ricerca in carcere, dichiarava: “Ariano Irpino, Biella, Sassari, Teramo. Sono le quattro carceri dove tra venerdì e sabato, in 24 ore, si sono suicidate le ultime quattro persone detenute. Ultime delle, finora, 44 che si sono tolte la vita in un istituto di pena nei primi 5 mesi e mezzo del 2024, una ogni quasi tre giorni. Un numero che se continuasse a crescere a questo ritmo porterebbe il 2024 a superare il tragico dato del 2022 quando i suicidi in prigione furono 85. Quella dei suicidi in carcere è un’emergenza nazionale. Se in una città di 60.000 abitanti si suicidassero 44 persone in pochi mesi non parleremo di altro. Per questo Governo e Parlamento se ne devono occupare in via prioritaria, anche a fronte di una situazione di sovraffollamento sempre più grave, con oltre 14.000 persone detenute senza un posto regolamentare, condizioni di vita sempre più difficili per i reclusi e di lavoro faticosissime per gli operatori penitenziari.
Serve intervenire con provvedimenti che portino ad una riduzione del peso sulle carceri attraverso la concessione di misure alternative; serve liberalizzare le telefonate dotando le celle di telefoni laddove (ed è la maggioranza dei casi) non sussistano problemi di sicurezza rispetto ai contatti con l’esterno; serve assumere personale; serve ridurre il peso dell’isolamento; serve che si modernizzi la pena carceraria; serve che la vita in carcere sia piena di iniziative, senza ostacoli o burocrazie; serve che non vi sia mai violenza.
Invitiamo dunque il governo a ritirare il ddl sicurezza che, invece, va verso una strada che è l’opposto di quanto servirebbe e, soprattutto, con l’introduzione del reato di rivolta penitenziaria, nella quale si punisce con una pena fino a 8 anni anche la resistenza passiva e la protesta non violenta, lascerà alle persone detenute come unico strumento per far emergere le difficoltà e le problematiche il proprio corpo, con un prevedibile aumento di atti di autolesionismo e suicidi.”
Con la tragica morte del giovane detenuto compiutasi a Sollicciano, la prigione fiorentina, che ha generato anche la rivolta dei detenuti, gli avvocati stessi sono scesi in campo a fianco delle persone ristrette.
I detenuti suicida, dall’inizio dell’anno sono già 52 un numero che – a questi ritmi – supererà ampiamente l’anno malum del 2022.
Sabato, 6 luglio 2024 – Anno IV – n°27/2024
In copertina: Il carcere di Sollicciano a Firenze – Foto: Freepenguin CC BY-SA 3.0