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Festa blindata per Biden

E Trump dice: «Tornerò»

di Ettore Vittorini

Finalmente Trump se n’è andato. Ha lasciato la Casa Bianca senza attendere il nuovo Presidente per porgergli il benvenuto, come vuole la prassi. Ha affidato l’incarico al  maggiordomo. Prima di salire sull’elicottero che lo portava all’aeroporto, ha dichiarato: «We will be back in some way», ossia torneremo in qualche modo. Parole di un uomo che non accetta la sconfitta, di un caparbio incapace di arrendersi all’evidenza e minaccia una rivincita.

Accanto a lui, mano nella mano, la moglie vestita in nero e impenetrabile come sempre. Appena l’aereo con l’ex Presidente è decollato per la Florida, ai piedi del Campidoglio ha avuto inizio la cerimonia di insediamento del successore Joe Biden e della sua vice Kamala Harris, prima donna negli Usa a occupare quella carica. A causa del Covid-19 è stata una manifestazione dimessa rispetto al passato, anche se non è mancato il tradizionale spettacolo hollywoodiano, ammantato di un gusto che rasentava il kitsch. Lady Gaga, presentatasi con un abbigliamento alla Wanda Osiris (la soubrette italiana degli anni 40), ha cantato l’inno nazionale; l’ha seguita l’attrice Jennifer Lopez, in palandrana bianca, con una canzone di protesta di Arlo Guthrie e il grido in spagnolo libertad y justicia por todos. In serata l’attore Tom Hanks ha guidato lo show di 90 minuti cui ha partecipato anche Bruce Springsteen. Questa volta gli artisti hanno fatto a gara per esserci, contrariamente alla festa di quattro anni fa per Trump. Il pubblico molto limitato, a causa del Covid, assisteva mantenendo le distanze di sicurezza.

Intorno al Campidoglio c’era una Washington semideserta, presidiata da migliaia di soldati della guardia nazionale. Di poliziotti ce n’erano pochi in giro. Forse le autorità della capitale hanno preferito tenerli in caserma, visti gli scarsi risultati dati durante l’assalto al Parlamento del 6 gennaio. Nonostante la città apparisse soggetta a uno stato d’assedio, alla cerimonia del Campidoglio dominava un’atmosfera gioiosa, come se tutti i partecipanti, a partire dal Presidente, festeggiassero la festa della liberazione alla fine di un’occupazione nemica. Lo ha fatto capire Biden durante il suo discorso quando ha detto: «Abbiamo passato anni terribili». Il suo è stato un intervento breve, per niente retorico, durante il quale non ha mai nominato il suo predecessore. Ha puntato molto sull’unità della nazione e sull’immagine del Paese che dev’essere considerata non per la forza ma per i suoi valori.

Appena dopo essere entrato nella Casa Bianca da ‘inquilino’ si è messo subito al lavoro firmando ben 17 decreti che cancellavano quelli decisi da Trump. Ma ancor prima di mettersi alla scrivania ha fatto togliere dai corridoi della residenza alcuni busti storici che non gli andavano a genio. Tra gli altri quello di Andrew Jackson, settimo Presidente che, al suo insediamento del 1829, invitò tutti i cittadini alla cerimonia. Ne arrivarono in ventimila che invasero la Casa Bianca, si ubriacarono, distrussero mobili e suppellettili. Fu un’invasione ‘pacifica’ non paragonabile a quella violenta al Campidoglio del 6 gennaio scorso.

Dalle indagini dell’Fbi in corso, risulta che all’invasione del grande edificio non hanno partecipato soltanto gli scalmanati personaggi bizzarri e apparentemente innocui, ma gruppi di persone ben coscienti di quello che facevano. Tra loro c’erano ufficiali dell’esercito, funzionari, qualche deputato repubblicano, gente che sembrava conoscere bene i percorsi tra i labirintici corridoi del Campidoglio. Non a caso alcuni di loro sono entrati nell’ufficio di Nancy Pelosi, la speaker della Camera, mettendolo a soqquadro. Dietro queste centinaia di personaggi c’è stato l’appoggio di organizzazioni estremiste che Trump ha ravvivato e sostenuto nei suoi quattro anni di presidenza. Costoro hanno fatto parte del suo elettorato insieme ai milioni di elettori repubblicani che in lui hanno visto la liberazione da una vita grama e frustrata. Sono persone colpite da una scarsa qualità della vita, dalla precarietà del lavoro e dell’assistenza sanitaria, dall’abbandono sociale, dall’istruzione pubblica disastrosa. Un popolo che considera la libertà soltanto come il mezzo per poter stare davanti alla Tv a bere birra, frequentare gli stadi, comprarsi facilmente delle nuove armi. Queste illusioni sono state alimentate dalla disinformazione via internet che Trump ha usato in continuazione al posto delle conferenze stampa di fronte ai giornalisti ‘nemici del popolo’. Come succede in altre Nazioni ed è accaduto nel corso della storia, sono le parole ripetute in continuazione a disinformare sulla verità. Mussolini e Hitler sono andati al potere con le loro parole, con gli slogan ripetuti in continuazione, seguiti dalla violenza.

I milioni di repubblicani alle elezioni del 2016 avevano scelto non il rappresentante di un pensiero sociale, di un’ideologia, di un’organizzazione politica, ma un personaggio che mai si era occupato di politica, un imprenditore molto discusso e indebitato. Non importava la sua rozzezza e ignoranza, i suoi precedenti e la disinvoltura nelle sue manovre finanziare. I suoi slogan si basavano su America first, sul nazionalismo esasperato, paroloni diffusi attraverso i social network. E poi c’è stata la complicità del suo partito che, oltre a presentarlo e farlo vincere, lo ha sempre sostenuto durante i quattro anni presidenza, tranne nei giorni successivi all’assalto al Campidoglio. Se è vero che vuol tornare, lo farà con un nuovo partito e con l’appoggio di quella gente che ha accettato la violenza da lui predicata.

Adesso il presidente Biden dovrà provvedere a risanare il Paese e a riappacificarlo. Non sarà un’impresa facile perché più della metà degli elettori repubblicani crede ancora nelle elezioni ‘rubate’ e tra loro ci sono tanti gruppi armati legalmente che possono dare il via a varie forme di terrorismo.

Sabato, 23 gennaio 2021

In copertina: La Casa Bianca. Foto di David Mark da Pixabay.

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