Il sito Unesco incompatibile con la vicinanza del comando NATO
Redazione TheBlackCoffee
Il Centro Storico di Firenze è stato inserito nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO il 17 dicembre 1982, definito come “una realizzazione artistica unica, un capolavoro nato da una creazione continua protrattasi per oltre sei secoli” ed esercitando “un’influenza predominante sull’ architettura e le arti monumentali.”
Il sito, che si estende per 505 ettari, comprende proprietà private, religiose e pubbliche, tutte sottoposte a misure di protezione specifiche, la cui tutela del patrimonio culturale è regolata dalla normativa italiana contenuta nel Decreto Legislativo n. 42/2004, sotto la supervisione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
Norma fondamentale e principio ispiratore della legislazione si ricava dall’art. 9 della Costituzione italiana:” La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”
Dal 2006, il Centro Storico è dotato di un Piano di Gestione che vede il Comune come ente responsabile del sito UNESCO attraverso lo sviluppo di un Piano Regolatore Generale che identifica il Centro Storico come area di rilevante interesse culturale e ambientale.
Il Piano Strutturale delinea strategie per il miglioramento della qualità della vita dei residenti, la gestione del turismo e la promozione della consapevolezza del valore del sito.
Il Comune di Firenze ha istituito un ufficio dedicato alla gestione e conservazione del sito, che coordina le attività con altri enti coinvolti, pianifica azioni comuni e monitora l’avanzamento dei progetti.
L’obiettivo principale del Piano di Gestione è salvaguardare e conservare l’ambiente urbano, mantenendo e rafforzando le interazioni tra le attività socio-economiche tradizionali e il patrimonio culturale della città (UNESCO World Heritage Centre, 2014).
Nell’ambito dell’esercizio di revisione del Secondo Rapporto Periodico (Sezione II) del 2008, il Comitato del Patrimonio Mondiale ha identificato una lista di quattordici fattori che impattano il Valore Universale Eccezionale delle proprietà del Patrimonio Mondiale.
Sia in tempo di pace e ancor più in tempo considerato di crisi, i beni culturali e naturali sono esposti a fattori particolari che accelerano il ritmo della normale degradazione e, alcune volte, causano la loro distruzione.
In particolare si riferisce alle minacce di origine antropica causate cioè dalle azioni umane come atti di terrorismo, disordini civili, conflitti armati con danni diretti o collaterali.
La creazione di una cultura di protezione ha trovato fertile seguito dopo la Seconda guerra mondiale a partire da la Convenzione dell’Aja del 1954.
La presa di coscienza della necessità di prevenire gli eventi dannosi al patrimonio culturale dell’umanità avviene dopo il secondo conflitto mondiale e si sono tradotti attraverso la Convenzione dell’Aja, un trattato internazionale sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, del 1954.
La “Convenzione per la protezione dei Beni Culturali in caso di Conflitto Armato” riconosce che i beni culturali sono vittime dei conflitti armati e che lo sviluppo delle tecnologie militari utilizzate in guerra aumenta il rischio di distruzione per i beni culturali.
Considera come beni culturali i beni mobili e immobili di grande importanza per il patrimonio culturale dell’umanità, gli edifici la cui destinazione principale è di conservare o di esporre i beni culturali mobili nonché i centri comprendenti un numero considerevole di beni culturali (cosiddetti “centri monumentali”).
La Convenzione riconosce che “i danni arrecati ai beni culturali, a qualsiasi popolo essi appartengano, costituiscono danno al patrimonio culturale dell’umanità intera, poiché ogni popolo contribuisce alla cultura mondiale”.
Questa dichiarazione, anche se precede la convenzione sul patrimonio dell’umanità (1972), si basa sulla stessa idea che i beni culturali siano beni di importanza comune per l’umanità. Da questo riconoscimento di un patrimonio comune viene il riconoscimento di una responsabilità comune di protezione di questo patrimonio.
La Convenzione assume a fondamento anche il principio di responsabilizzazione delle parti firmatarie in termini di protezione del patrimonio.
Ciascun Stato parte, aderente alla convenzione, riconosce una suo impego e responsabilità a proteggere i beni culturali sul suo territorio. Di conseguenza lo Stato aderente, tra gli altri obblighi, non deve usarei beni culturali, i loro dispositivi di protezione e immediate vicinanze in un modo che potrebbe esporre a distruzione o deterioramento in caso di conflitto armato e deve assicurare comunque uno standard minimo di salvaguardia e di rispetto dei beni culturali (Art. 24).
La Convenzione racchiude in sé un codice di condotta applicabile sia in tempo di guerra che di pace, nell’ottica di anticipare e prevenire i danni ai beni culturali collegati ai conflitti.
La Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale culturale e naturale partiva dall’osservazione che: “…il patrimonio culturale e il patrimonio naturale sono vieppiù minacciati di distruzione non soltanto dalle cause tradizionali di degradazione, ma anche dall’evoluzione della vita sociale ed economica che l’aggrava con fenomeni di alterazione o distruzione ancora più temibili”.
La Convenzione istituisce norme di protezione nazionali e internazionali per il Patrimonio Mondiale culturale e naturale considerando come Patrimonio Mondiale culturale e naturale i monumenti e agglomerati riconosciuti come aventi Valore Universale Eccezionale dal punto di vista storico, artistico o scientifico e anche i siti riconosciuti come aventi valore universale eccezionale dal punto di vista storico ed estetico, etnologico o antropologico.
Rientrano inoltre nel Patrimonio Mondiale i monumenti naturali, le formazioni geologiche e fisiografiche, le zone costituenti l’habitat di specie animali e vegetali minacciate e i siti naturali o le zone naturali strettamente delimitate di valore universale eccezionale.
La Convenzione di Parigi, a differenza della Convenzione dell’Aia, protegge solo i siti considerati Patrimonio Mondiale, cioè i siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale, un concetto che la convenzione inaugura nell’articolo 11.
La Convenzione richiede da parte degli Stati aderenti, tra gli altri obblighi, l’istituzione sul territorio di almeno un servizio di protezione, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, nonché lo sviluppo di studi scientifici e tecnici per perfezionare i metodi di intervento che permettono a uno Stato di far fronte ai pericoli che minacciano il patrimonio culturale o naturale;
Per concretizzare la presa di responsabilità della comunità internazionale verso la protezione del Patrimonio Mondiale, la Convenzione ha previsto la creazione del Comitato del Patrimonio Mondiale. Il Comitato si occupa di gestire le richieste e l’offerta di assistenza internazionale agli stati per la protezione del loro patrimonio culturale e naturale
Nel 1999 fu redatto il Secondo Protocollo della Convenzione dell’Aja. Il Secondo Protocollo fu formulato per rispondere a una domanda di aggiornamento della Convenzione dell’Aja davanti allo sviluppo sia del diritto internazionale che dei metodi, strategie e strumenti usati nei conflitti armati. Questo Secondo Protocollo approfondisce e declina le modalità operative per la gestione dei beni e specifica che la possibilità di ottenere deroghe dalle obbligazioni della Convenzione può avvenire solo sulla base di necessità militare imperativa.
Considera come beni culturali quei beni definiti nell’articolo 1 della Convenzione e dunque non si applica solamente ai beni culturali iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.
L’importanza del Secondo Protocollo è l’aggiornamento del regime di protezione speciale attraverso l’istituzione di un regime di protezione cosiddetta rafforzata.
Il regime di “protezione rafforzata” riguarda beni che devono rivestire una grande importanza per l’umanità, essere protetti da misure interne, giuridiche e amministrative adeguate e non essere utilizzati per scopi militari o per proteggere siti militari.
La Convenzione richiede che lo Stato parte sotto il cui controllo si trova il bene deve dichiarare che non sarà utilizzato per tali scopi.
Il Secondo Protocollo prevede la possibilità che l’immunità dei beni protetti, per l’uso che ne venga eventualmente fatto, possa essere persa diventando questi beni obiettivi militari.
Elemento fondante quindi della normativa è quello di promuovere iniziative finalizzate alla prevenzione dei rischi.
L’insediamento di un sito militare così importante e strategico non può non comportare un’attenzione da parte sia di nemici di conflitti convenzionali che di terroristi anche occasionali e l’assunzione di un rischio per il patrimonio artistico dei luoghi.
Il criterio di prevenzione previsto dalle Convenzioni non è stato preso in considerazione dal Governo Italiano né dalle autorità cittadine del tutto inerti all’esposizione del patrimonio artistico di possibili danni irreparabili.
La già citata strage di via dei Georgofili, attentato terroristico compiuto da Cosa nostra nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993 tramite l’esplosione di un’autobomba in via dei Georgofili a Firenze, nei pressi della storica Galleria degli Uffizi con il suo alto prezzo di vite e distruzione non ha fatto trarre alcun insegnamento circa la necessità di difendere il patrimonio artistico anche con un’azione di prevenzione.
Le finalità e modalità cui è stato previsto l’insediamento del Comando Nato appaiono in netto contrasto con le finalità previste dalle Convenzioni citate e lontane dagli interessi dei cittadini residenti e dai fruitori della cultura che in Firenze trova una delle massima espressioni dell’umanità.
Ciò premesso. I sottoscritti cittadini e i comitati in cui si rappresentano CHIEDONO l’intervento immediato e differibile degli Uffici dell’UNESCO internazionali e nazionali affinchè pongano in essere tutte le iniziative legali e/o di persuasione nei confrontidelle Istituzioni Politiche Nazionali ed Internazionali affinchè l’insediamento del Comando NATO, previsto nella città di Firenze, venga riconsiderato e abbandonato.
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Sabato, 16 novembre 2024 – Anno IV – n°46/2024
In copertina: foto di Castgen – Flickr CC BY-NC 4.0