Greenwashing accademico con Eni, Snam, Thales e Leonardo
Redazione TheBlackCoffee
Per quindici giorni, dal 26 maggio al 7 giugno del 2023, il prato di fronte all’edificio del dipartimento di Geologia all’Università La Sapienza di Roma si è riempito di tende e slogan ecologisti.
La contestazione rispondeva alla chiamata internazionale di End Fossil – May We Occupy: una campagna che, in tutta Europa e non solo, ha coordinato momenti di mobilitazione e occupazione, in luoghi di formazione o siti istituzionali, contro l’economia fossile.
Dopo un raduno internazionale a Berna, anche l’Italia ha costruito una larga rete di partecipazione, grazie alla comunicazione tra diverse città e realtà di attivismo: tra gli occupanti a La Sapienza, dove la mobilitazione ha riscosso la partecipazione e l’impatto maggiore, ci sono stati il coordinamento dei collettivi universitari e altri movimenti giovanili, come Cambiare rotta, ed ecologisti, come Fridays For Future, Extinction Rebellion; inoltre, realtà cittadine attive da anni hanno orbitato intorno all’occupazione, permettendo di intersecare e apprendere dalle loro esperienze, i loro percorsi, le loro conoscenze.
Le vertenze formulate riguardavano il coinvolgimento nell’Università e nella ricerca di multinazionali, come Eni, Snam e Leonardo, che rappresentano colossi dell’economia fossile, o che sono altamente inquinanti. I luoghi del sapere e della formazione, infatti, manifestano profondamente la contraddittorietà del legame tra progresso e consumo crescente di energia.
Per le aziende private, l’Università apre le porte ed è pronta a rendersi passerella pubblicitaria: di più, sceglie di appoggiarsi a colossi dell’economia fossile per finanziamenti e collaborazioni di ricerca. Alla governance de La Sapienza è stato chiesto di abbandonare il greenwashing di facciata e interrompere i rapporti economici con aziende il cui operato è esclusivamente votato al profitto e assolutamente non sostenibile, né etico in termini di giustizia ecologica e sociale.
Attraverso un fitto dialogo, non privo di tensione, con docenti e membri degli organi amministrativi, si è insistito per ottenere una mappatura trasparente e facilmente accessibile degli effettivi accordi stipulati, tanto a livello di ateneo quanto individualmente per le singole collaborazioni di ricerca. Respingere l’ingerenza delle grandi aziende private è fondamentale perché, attraverso il loro potere economico, mantengono una presa sulle possibilità e gli sbocchi della ricerca: le aziende prendono le menti degli studenti e hanno molta legittimazione perché portano soldi.
Staccare l’Università dalle aziende è quindi un primo passo molto importante che può colpire duramente le aziende stesse: è un traguardo difficile, ma sulla scia di quanto ottenuto dall’occupazione nell’università di Barcellona, c’è fiducia nel percorso da intraprendere. Gli studenti si organizzeranno anche questo inverno 2024, per continuare e coordinare la lotta nelle università e luoghi di formazione, con rivendicazioni che, dalla contestazione all’energia e all’economia fossile, attraversano i temi del consumo di suolo e del diritto all’abitare, della guerra, delle migrazioni. In questo modo, il tema dell’ambiente diventa un’arma molto potente nelle mani dei giovani per andare a colpire il sistema anche in altri ambiti. Infatti, per risolvere la crisi climatica non bastano le soluzioni tecniche proposte dalla narrazione ecologista mainstream, ma va superato il sistema di produzione capitalistico: nelle sue forme culturali, nei suoi paradigmi di pensiero e nei suoi limitanti immaginari, prima di tutto. Nel costruire l’ondata di mobilitazioni di novembre, ci si è confrontati con una nuova maturità, così come con nuovi ostacoli.
A partire dall’assemblea nazionale, svoltasi a settembre, un coordinamento nazionale ha lavorato in maniera condivisa per formulare le linee guida dietro quelle che si sono confermate le due vertenze principali sostenute uniformemente in tutti gli atenei italiani aderenti alla campagna:
- Un insegnamento interfacoltà obbligatorio sulla crisi climatica costituito da due moduli, uno fisso e l’altro variabile. Suggerendo l’esempio del corso già approvato, per ora, in due università di Barcellona e della bibliografia, parzialmente rivista, utilizzata per UAB, si chiede una collaborazione solidale tra End Fossil e i docenti delle rispettive università per redigere nuovi programmi e un pronto intervento da parte degli atenei per avviare le procedure burocratiche, modificare i CFU e inserire l’insegnamento in tutti i corsi.
- Il non rinnovo di accordi o contratti con aziende ecocide. Si richiede l’impegno, da parte degli atenei italiani, a formulare dei seri criteri per valutare gli impegni ecologici e sociali dei soggetti terzi con cui collaborare, che abbia seguito in un atto ufficiale per sancire il non rinnovo di accordi con aziende ecocide e, si aggiunge, in questo frangente, belliche.
Alla Sapienza, i nomi incriminati sarebbero Eni, Snam, Thales, Leonardo.
In risposta alle pressioni esercitate durante l’occupazione di maggio, un documento per la policy sulla sostenibilità è stato elaborato dal Comitato tecnico-scientifico e approvato in Senato Accademico a luglio, che si propone di “privilegiare rapporti con interlocutori orientati a strategie coerenti con il processo di decarbonizzazione” integrando fattori di sostenibilità ambientale, sociale e di governance – ESG/Environmental, Social, Governance – e basandosi anche su valutazioni esterne offerte da diverse agenzie di rating ESG.
Con ciò si intende segnatamente quattro fattori, citandoli direttamente dal suddetto documento di policy:
a) i rischi ESG (MSCI);
b) la valutazione d’impatto (Carbon4Finance);
c) i principi e le linee guida internazionali in materia di sostenibilità (Standard Ethics);
d) la valutazione della filiera (EcoVadis).
La critica principale che può esser fatta a questi indicatori è di non considerare l’adeguatezza in sé delle misure dei soggetti rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione, quanto piuttosto la loro radicalità rispetto alle altre aziende, e quanto l’azienda stessa stia cambiando.
Questo porta la suddetta policy a premiare, con valutazioni anche molto favorevoli, aziende come Eni, per variazioni minime e non incisive nel disastroso quadro generale. Si richiede invece una valutazione più decisa degli impegni e dei risultati delle compagnie fossili, sfruttando indicatori o considerazioni che si basino sulla decarbonizzazione minima necessaria.
Un nuovo ciclo di mobilitazioni è stato aperto dall’occupazione a novembre del Polo Carmignani di Pisa, con una serie di iniziative che hanno esplorato, tra i vari temi, quello delle culture rigenerative, della narrazione della crisi climatica e delle sue alternative, approfondendo anche il ruolo delle CERS (comunità energetiche) e la prospettiva della decrescita.
A Roma le iniziative in aula Amaldi in Sapienza, durante l’occupazione del dipartimento di Fisica, hanno approfondito particolarmente le modalità in cui il tema dell’ambiente si interseca con quello della guerra: nel quadro delle contestazioni agli accordi economici che La Sapienza stringe con aziende ecocide si inserisce anche la condanna alle collaborazioni con Leonardo.
Su questa scia, dopo Roma, altre iniziative simili si sono svolte a Napoli, Trieste, Firenze: dall’Orientale alla biblioteca Brunelleschi, gli studenti e le studentesse occupanti costituiscono un fronte unito contro devastazione ambientale e guerra, sotto lo slogan “Fuori Eni e Leonardo dall’università”.
Contestazione e solidarietà si affiancano nel movimento studentesco e promettono un’ondata di agitazioni che andrà intensificandosi nei prossimi mesi.
Il movimento studentesco italiano contro le aziende fossili e belliche dentro gli atenei universitari, fa parte di un movimento molto più ampio, globale, End Fossil-Occupy.
Sabato, 20 gennaio 2024 – Anno IV – n°3/2024
In copertina: occupazione di dipartimenti universitari in Portogallo – Foto: End Fossil-Occupy