Il film d’esordio di Long Lingyun narra il disastroso controllo politico cinese sulla propria demografia
di Laura Sestini
La quarta edizione del FánHuā Chinese Film Festival, svoltosi a Firenze, premia il film d’esordio della giovane regista e co-sceneggiatrice, Long Lingyun, che vanta già molte collaborazioni eccellenti in ambito fotografico ed esperienza multimediale.
Protagonisti della trama sono due giovani, Chen Fei/Xiaoke Yue e Sheng Sheng/Yuxian Shang, nati durante il sistema di controllo delle nascite, avviato in Cina nel 1979. Da quel momento e fino al 2013, è stata in vigore la politica del “figlio unico”, un sistema avviato dal governo di Deng XiaoPing per contenere la crescita vertiginosa della popolazione cinese, spinta da politiche demografiche inverse alla fondazione della Cina comunista di Mao Zedong, nel 1949.
Il controllo della demografia cinese ha vissuto varie fasi, ma in alcuni momenti è stata particolarmente rigida e oppressiva, con l’istituzione di uffici addetti alla pianificazione familiare che rilasciavano il permesso per portare a termine le gravidanze o, al contrario, ordinare aborti forzati se il feto risultasse di sesso femminile. Anni bui, in cui venivano registrati uccisioni di neonate, o aborti clandestini, i cui resti potevano talvolta essere ritrovati anche lungo i marciapiedi delle grandi città. Nei momenti più duri di tale politica, grande fu lo scandalo e la condanna internazionale.
Il film di Long Lingyun appare come potente denuncia a carico della malapolitica, la cui, con decisioni ciniche e non ben ponderate, infligge sofferenze e gravi problemi ai propri cittadini. La Repubblica cinese, in questo senso, ha molti imitatori anche tra gli Stati e le superpotenze occidentali.
Come se la immagina la Cina, un qualsiasi cittadino del mondo che non l’abbia mai visitata? I più comuni stereotipi rimandano all’alta tecnologia, superpotenza economica, ai superaffollati edifici popolari, e ancora ai grandi Imperatori che, con strascichi di concubine e servitori, risiedevano in sontuose dimore con i tetti a pagoda, oggi meta di centinaia di migliaia di turisti internazionali.
E per certo la Cina odierna è senz’altro anche tutto questo. Ma come vivono i Cinesi in madrepatria? Come ce li immaginiamo i giovani, gli studenti, i lavoratori della superpotenza cinese contemporanea?
Il cinema è davvero un grande strumento per entrare in punta di piedi in un paese che non conosciamo, e Growing Apart riproduce egregiamente il semplice ambiente di vita quotidiana del cittadino medio e della gioventù cinese, preso tra lavoro e istruzione dei figli il primo, ma in contrapposizione alle aspirazioni e passioni dei giovani che vivono in luoghi meno luccicanti dei lussuosi quartieri verticali del Beijing, dove anche Sheng Sheng desidererebbe trasferirsi. Pensieri tumultuosi di giovani che vorrebbero vivere differenti esistenze, ed anche possono odiare di essere nati. Insomma, sembra non esserci differenza tra cinesi e occidentali, l’essere umano aspira e odia le stesse cose in ogni angolo del mondo.
Il film racconta una tragedia familiare, e le conseguenze emotive ed esistenziali di chi ha subito, soprattutto la parte femminile della società, il contesto politico del “figlio unico” e ha dovuto scegliere tra figli maschi o femmine, interruzioni di gravidanza, criminalizzazione ideologica e discriminazione di non essere capaci, le donne, di dare alla luce bambini maschi.
La politica democrafica cinese, durata oltre 30 anni, ha così generato un vero trauma sociale collettivo. Eppur, nonostante tutto, c’è chi ha lottato per crescere una figlia femmina che già alla nascita veniva colpita da politiche femminicide.
Il film ha un ritmo pacato, seppur nel suo drammatico percorso, forse con l’intenzione di indurre sullo spettatore un senso di immobilità, di situazioni e modi di agire e pensare che non possono essere cambiati, nonostante il disagio che procurano, di impotenza.
Growing Apart è un film molto interessante nella struttura, evidenziata con numerosi flashback e ritorni al presente. Focalizzato sui due giovani – entrambi molto bravi nella parte attoriale – e nei loro sentimenti di opposizione verso la società, il lavoro della brava Long Lingyun apre un squarcio sulla realtà cinese, sconosciuta ai più in Occidente e spesso immaginata in maniera distorta, oppure vista solo attraverso le diaspore cinesi dislocate ovunque nel mondo. La città di Prato docet.
Il film non sembra girato con grandi attrezzature, forse un effetto voluto, ma anche una probabilità per un film d’esordio, forse ripreso con la videocamera simile a quella che tiene sempre a portata di mano Chen Fei in molte scene. Ciò potrebbe potrebbe apparire come una carenza qualitativa, in realtà non disturba affatto la fruizione del film che, anzi, ha un’ottima fotografia. Se proprio dobbiamo trovargli un difetto, la versione in lingua originale con i sottotitoli in inglese ha un’eccessiva velocità proprio nei sottotitoli che, seppur i dialoghi siano davvero parchi ed essenziali, talvolta scompaiono senza che si riesca a leggerli fino in fondo. Un film d’esordio molto promettente, che suggeriamo assolutamente di vedere.
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FánHuā è organizzato dall’Associazione FánHuā in cooperazione con la Zhong Art International, sotto la direzione artistica di Paolo Bertolin, e realizzato con la collaborazione della Regione Toscana e dell’ Area Cinema di Fondazione Sistema Toscana , con il contributo della Fondazione Cassa Risparmio Firenze , il patrocinio dell’Ambasciata cinese e del Consolato Generale Cinese di Firenze , dei Comuni di Firenze e Prato , della Città Metropolitana di Firenze. Tra le collaborazioni territoriali, Cesvot , il Cibrèo e il Teatro del Sale , il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato e Lanterne Magiche, Paolo Penko, libreria l’Ornitorinco, Liberi di Educare, Cina in Tavola, l’Istituto Confucio dell’Università di Firenze. Sponsorizzato da Hainan Airlines, Publiacqua, Ristorante La Spada, La via del Tè, in partnership con Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, sponsor tecnico Unicoop Firenze .
https://www.fanhuafestival.com/?lang=it
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何处生长 Hé Chù Shēng Zhǎng/Growing Apart
di Long Lingyun, 2022, durata 90′
Sceneggiatura: Jin Key e Long Lingyun
Attori: Yuxian Shang, Liya Ai, Xiaoke Yue, Yanguozhang Zhao
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Sabato, 19 ottobre 2024 – Anno IV – n°42/2024
In copertina: l’attrice Yuxian Shang – Foto ad uso stampa fornite dal Festival