La compagna di Khashoggi chiede di far luce sui mandanti dell’omicidio, mentre pare aprirsi una nuova pista.
di Laura Sestini
A seguito dell’ultima udienza tenutasi in tribunale ad Istanbul sull’omicidio di Jamal Khashoggi, Hatice Cengiz, la compagna di nazionalità turca del giornalista saudita ucciso ad ottobre 2018 presso il Consolato dell’Arabia Saudita della città, ha rilasciato un’intervista per comunicare le sue impressioni e la determinazione ad andare avanti nella ricerca della verità più profonda sull’assassinio.
L’orribile uccisione di Khashoggi aveva portato un peggioramento nei rapporti tra le due nazioni, Turchia ed Arabia Saudita, tra sunniti e rivali, con qualche miglioramento solo dopo l’incarcerazione di otto funzionari della sicurezza saudita, tutti molto vicini alla famiglia reggente – coinvolti a vario titolo nella vicenda – e condannati nel 2020 da tra tre e venti anni di detenzione, riuscendo però ad eludere la pena di morte prevista nei casi di omicidio in Arabia Saudita.
«Penso che la Turchia debba in qualche modo continuare ad insistere per la giustizia anche durante il processo di riallacciamento dei rapporti con l’Arabia Saudita» – sostiene Cengiz, moglie mancata di Jamal Khashoggi, il quale si era recato nel Consolato saudita proprio per ritirare dei documenti necessari al matrimonio con la giovane turca. “Non credo sia nel migliore interesse di nessuno chiudere il caso completamente”.
Ma come erano andate le cose quel 2 ottobre 2018? Jamal Khashoggi, quando ancora era stabile in Arabia Saudita, non approvava più completamente la politica del suo Paese, in particolare l’ascesa del giovane principe ereditario – e rampante – Mohammed Bin Salman – MBS. Nel 2017, al momento che le critiche e i dissapori con MBS iniziarono ad inasprirsi, Khashoggi si era autoesiliato negli Stati Uniti – Paese molto vicino all’Arabia anche per la guerra yemenita – dove aveva preso a collaborare con il Washington Post per potersi esprimere più apertamente nel suo dissenso.
Hatice Cengiz e Jamal Khashoggi erano in procinto di sposarsi e necessitavano del certificato di divorzio di lui, per cui il Consolato saudita di Washington – forse in virtù della provenienza turca della futura moglie – consiglia di recarsi all’omologo Consolato ad Istanbul. A dire la verità, suona un po’ strana questa indicazione, ma prendiamo per buona (non troppo) che i funzionari sauditi in territorio statunitense non fossero al corrente a cosa sarebbe andato incontro il futuro sposo.
Una volta a Istanbul, Khashoggi entra da solo nel Consolato, lasciando pure il telefono alla fidanzata, mentre Cengiz lo attende sul marciapiede appena fuori dalla porta di ingresso. Ebbene, dopo oltre un’ora la donna darà l’allarme, perché di lui non si hanno più notizie, inizialmente indicato come uscito dalla porta posteriore, poi smentito dalle telecamere di servizio.
In pratica mentre lei attendeva fuori lui veniva ucciso e fatto a pezzi, forse sciolto in bidoni di acido.
I resti del giornalista non sono attualmente mai stati ritrovati.
«Affinché una cosa del genere non si ripeta, affinché questa faccenda almeno raggiunga il miglior livello possibile in termini morali e legali, la Turchia non dovrebbe abbandonare questo caso» – ha affermato Cengiz. La donna, per seguire le udienze nel tribunale di Istanbul, dove sono sotto processo una ventina di imputati, risiede nella città fin dall’inizio della pandemia, mantenendo un basso profilo mediatico e dando sintetiche informazioni via Twitter, solo quando sono necessarie per l’opinione pubblica.
A novembre scorso la dottoranda turca aveva scritto una lettera aperta – pubblicata da The Post – chiedendo al cantante Justin Bieber di cancellare il suo concerto in Arabia Saudita.
L’assassinio di Khashoggi ha suscitato indignazione a livello internazionale e continua tuttora a risuonare. Nel 2021 è stato desecretato un fascicolo statunitense della Cia, dove si indica come mandante il sovrano de facto del regno saudita, il principe ereditario Mohammed Bin Salman.
Lo stesso Presidente turco Erdoğan, sin dalle prime investigazioni affermò che l’ordine di uccidere provenisse ‘dai più alti livelli’ del governo saudita, anche se non ha mai nominato direttamente il principe ereditario. Fu questa la causa del declino dei rapporti diplomatici con l’Arabia Saudita, che solo ultimamente hanno ripreso un percorso più cordiale.
Un fatto molto curioso, che da circa nove mesi qua e là viene ripreso anche dal britannico ‘The Indipendent’, narra una storia parallela su Khashoggi, di cui l’unico dettaglio che rimane al centro della trama è il suo omicidio. Si parlerebbe di lui però come soggetto ‘sovvenzionato’ per denigrare volutamente MBS da parte della Turchia, mentre Hatice Cengiz risulterebbe attualmente essere il nickname della agente segreta del servizio di intelligence nazionale turco MİT – Millî İstihbarat Teşkilatı – che risponderebbe al vero nome di Khadija Genghis.
Secondo questa nuova ricostruzione, la vera moglia di Khashoggi, una donna egiziana, si chiamerebbe Hanan El-Atr, spostata appena qualche mese prima dell’omicidio, di cui si possono trovare online più articoli.
La storia, che sembrava ad un passo dalla conclusione, invece si anima di nuovi elementi su cui indagare, anche come semplici lettori. Quindi, è legittimo chiedersi: chi sono veramente Jamal Khassoggi e Hatice Cengis, aka Khadija Genghis?
https://www.theblackcoffee.eu/regeni-khashoggi-un-unico-copione/
https://www.theblackcoffee.eu/sulle-orme-dellomicidio-khashoggi/
Sabato, 5 marzo 2022 – n° 10/2022
In copertina: Hatice Cengiz – fermo immagine da video