Trattato globale sulla protezione degli Oceani
Redazione di TheBlackCoffee
Dopo 20 anni di discussione, finalmente gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno raggiunto un accordo sulla protezione dell’Alto mare, ovvero dell’area di mare al di là della Zona Economica Esclusiva (ZEE) nazionale – oltre le 200 miglia dalla costa – che occupa circa due terzi dell’oceano, la metà della Terra.
Questa ampia area ospita una innumerevole varietà di specie marine che svolgono un ruolo essenziale nel sostenere la biodiversità dell’ecosistema marino, dove finora tutti avevano diritto di pescare, navigare e fare ricerca, senza preoccuparsi dei potenziali danni ecologici inflitti.
L’accordo raggiunto dalla Conferenza intergovernativa sulla biodiversità marina stabilisce un meccanismo di condivisione dei benefici delle scoperte scientifiche, e soprattutto impone valutazioni di impatto ambientale per nuove attività umane in acque internazionali e consente di creare aree protette in oceano aperto. E’ il più grande accordo di conservazione ecologica nella storia dell’umanità.
La discussione ha avuto un percorso faticoso tra negoziati e mobilitazioni politiche, che nell’arco dei decenni ha visto contrapporsi il settore della pesca, l’industria mondiale ed altri attori economici e di interesse. Il nodo cruciale dei negoziati era la questione su come condividere i benefici delle risorse genetiche marine o qualsiasi nuovo farmaco, cibo, tessuto o altre innovazioni derivate da forme di vita scoperte nelle acque internazionali. I paesi del Sud del mondo erano giustamente preoccupati che le ricche società e i paesi del Nord del mondo sarebbero stati gli unici a trarre profitto da tali scoperte.
La soluzione, se si manterranno i principio etici, è giunta proprio dal Nord del mondo che ha offerto denaro in anticipo da qualsiasi potenziale scoperta per finanziare l’attuazione del trattato, aiutare le Nazioni più povere a stabilire santuari marini e pagare i loro delegati per partecipare a riunioni future.
L’Accordo prevede un obiettivo importante, proteggere il 30% dell’Alto mare entro il 2030, che necessita di un percorso determinato e spedito a cominciare da una celere ratifica degli Stati per mettere in pratica quanto approvato.
Tra le nazioni meno convinte ad aderire alla solidarietà per gli Oceani, oltre a molti Paesi del Sud del mondo, c’erano anche gli Stati Uniti, che dalla presidenza di Barack Obama a Donald Trump avevano rifiutato la discussione per la salute dei mari e del Pianeta.
L’Accordo sulla salvaguardia degli Oceani è stato approvato il 4 marzo, mentre gli Stati Uniti nei giorni appena precedenti e dopo l’intesa hanno annunciato impegni per 6 miliardi e 800 milioni di dollari contro le minacce agli Oceani.
Nonostante i tempi così dilatati di accordo, sembra che la questione abbia un lieto fine.
Crediamoci e facciamo la nostra parte anche come singoli cittadini.
https://ouroceanpanama2023.gob.pa
Sabato, 11 marzo 2023 – n° 10/2023
In copertina: installazione visiva nel quartier generale Greenpeace di NY – Foto: ©POW/Greenpeace