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I cileni hanno scelto le grandi riforme

L’estrema destra battuta al ballottaggio

di Ettore Vittorini

Il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Cile ha assegnato la vittoria all’Unione delle sinistre e al candidato Gabriel Boric, con uno scarto di 12 punti percentuali sulla destra. Non era una vittoria scontata perché al primo turno del 21 novembre i partiti progressisti avevano ottenuto il 25,8% contro il 28 degli avversari. Questa volta invece alle urne c’è stata un’affluenza maggiore soprattutto tra la comunità Mapuche – il popolo originario – tra gli incerti e i moderati, preoccupati che una vittoria di José Antonio Kast – leader della destra – avrebbe riportato il Paese indietro di quasi mezzo secolo, cioè all’epoca della dittatura del generale Pinochet.

Infatti Kast oltre a essere un nostalgico del generale che prese il potere nel 1973, è un grande ammiratore del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, di Donald Trump, di VOX, l’estrema destra falangista spagnola. Se poi aggiungiamo che la sua famiglia discende da nazisti fuggiti nel dopoguerra dalla Germania, il quadro è completo.

La notte dei risultati centinaia di migliaia di cileni si sono riversati nelle strade di Santiago e di altre città per festeggiare el gran cambio – la grande svolta – che dovrebbe rappresentare la fine della politica economica neoliberista e repressiva voluta dal presidente uscente Sebastián Piñera e dai suoi predecessori. È la svolta che ha promesso il vincitore Gabriel Boric – di appena 35 anni – ex leader del movimento studentesco eletto deputato nel 2013. Si insedierà nel palazzo presidenziale della Moneda soltanto l’11 marzo del 2022.

Il primo comizio della vittoria lo ha pronunciato in lingua mapuche. Al centro dei suoi progetti ci sono le riforme economiche e sociali, il rispetto dei diritti umani, la salvaguardia dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori, la parità di genere, le riforme della scuola, della sanità e delle pensioni, queste ultime due ancora in mano ai privati.

Nel frattempo sono in corso i lavori dell’Assemblea costituente i cui membri – in maggioranza di sinistra – erano stati eletti lo scorso dicembre. Il nuovo ordinamento cancellerà quello ancora in vigore lasciato in eredità da Pinochet. Il caso ha voluto che il 16 scorso sia morta a 99 anni la vedova del generale, Lucìa Hiriart, detta la dictatora. Durante gli anni bui del Cile aveva dichiarato pubblicamente: “Se io fossi capo del governo, sarei più dura di mio marito”.

La vittoria delle sinistre non ha cancellato completamente l’era di Pinochet: lo dimostrano i tanti voti presi dalla destra di Kast che esprimono l’esistenza di milioni di nostalgici. È un’opinione pubblica dietro la quale si nasconde un potere forte costituito dai padroni delle miniere, dagli industriali, dai proprietari terrieri e dalle forze armate che alla fine della dittatura, non sono mai state sottoposte a una vera epurazione. Pertanto il periodo di transizione tra la vecchia e nuova presidenza potrebbe essere poco tranquillo.

Ma contrariamente a quanto accadde durante il golpe contro il governo democratico di Salvador Allende dell’11 settembre del 1973, non incombe più sul Paese la pericolosa influenza degli Stati Uniti. Allora il presidente Richard Nixon – seguendo la scia dei suoi predecessori, Kennedy compreso – dette ordine di intervenire in Cile. Il segretario di Stato Henry Kissinger guidò l’operazione Condor studiata dalla Cia insieme a un gruppo di generali cileni. Il resto è ben noto: l’attacco alla Moneda con il bombardamento aereo, la morte di Allende – ufficialmente un suicidio – il rastrellamento dei membri delle sinistre, dei giornalisti, degli intellettuali e di tutti coloro sospettati di essere “comunisti”.

Furono relegati in 40mila nello Stadio Nazionale di Santiago e lì sottoposti a interrogatori, a sadiche torture. Fu anche torturato – gli tagliarono la lingua – e assassinato anche il cantautore Viktor Jara che non era un militante “comunista” ma un poeta che cantava per il popolo. I morti furono 30mila e molti i desaparecidos. In pochi hanno pagato per quelle stragi e se la sono sempre cavata con brevi periodi di detenzione o con l’amnistia, prevista dalla Costituzione di Pinochet ancora in corso. L’ufficiale che rapì Jara e suo aguzzino è stato processato 40 anni dopo, alla fine di una lunga battaglia giudiziaria voluta dalla vedova del cantante.

Ad una settimana dal golpe, Kissinger si recò nella capitale cilena per stringere la mano a Pinochet. Lo stesso anno il segretario di Stato aveva ricevuto il premio Nobel per la pace per gli accordi sulla fine della guerra in Vietnam.

Meno di tre anni dopo – nel marzo del ‘76 – l’operazione Condor scattò in Argentina dove la repressione fu ancora più violenta.

Sabato, 25 dicembre 2021 – n° 47/2021

In copertina: la festa dopo la vittoria elettorale di Gabriel Boric , con lo stemma del cane randagio ‘El negro Matapaco’ divenuto simbolo delle proteste giovanili già nel 2011 – Foto ‘frame’ da video

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