giovedì, Dicembre 26, 2024

Economia, Italia, Politica

I nuovi OGM

Made in Italy naturale o modificato?

di Laura Sestini

A giugno, il Governo Meloni, con un emendamento di due pagine incluso nel Decreto Siccità, e approvato all’unanimità dalle Commissioni Agricoltura e Ambiente del Senato, ha dato il via libera alla sperimentazione in campo di organismi derivanti da Tecnologie di evoluzione assistita, i cosiddetti nuovi OGM, ovvero delle nuove varietà vegetali biotech, che la Corte di Giustizia Ue ha equiparato ai “vecchi” OGM. Tranne pochi deputati, tutte le opposizioni hanno taciuto alla richiesta, sollevata dalle Associazioni della Coalizione Italia Libera da OGM, di rispetto delle normative vigenti in tema di valutazione del rischio, tracciabilità, etichettatura, divieto di sperimentazione in campo a protezione della biodiversità agricola e naturale che costituisce il nostro capitale naturale, un patrimonio inestimabile per il nostro Paese.

Il nuovo decreto, inoltre, abolisce tutti i controlli necessari ad evitare eventuali effetti negativi su ambiente e salute. L’Italia abbandona, così, la sua ventennale linea di una agricoltura rigorosamente libera da OGM, posizione necessaria, data l’impossibilità e considerando le caratteristiche del nostro territorio, di evitare le contaminazioni con le coltivazioni biologiche e convenzionali. L’Italia era stata fra i primi in Europa a dire di no agli OGM, altri 16 Paesi e quattro regioni hanno poi seguito il nostro esempio: oggi rompiamo quel fronte, spalancando così le dispense degli italiani al cibo geneticamente modificato.

La motivazione all’adozione dei nuovi OGM in Italia, non regge il confronto con quanto riporta sul suo sito il genetista Salvatore Ceccarelli: “Qualsiasi meccanismo di protezione contro un parassita delle colture, sia essa genetica o chimica, può essere descritto come instabile o stabile e gli OGM appartengono alla categoria di soluzioni instabili al problema della protezione contro i parassiti ed è per questo che, nella migliore delle ipotesi, forniscono soltanto una soluzione temporanea, che a sua volta, come descritto sopra, crea un nuovo problema (una razza resistente del parassita), che richiede una soluzione diversa (un nuovo OGM). Pertanto, l’introduzione di OGM in agricoltura avvia una reazione a catena che beneficia solo l’azienda produttrice di OGM.

Ipocrisia e contraddizioni di Governo sono evidenti: da una parte si dice di voler difendere l’agricoltura nazionale e il “Made in Italy” e dall’altra si liberalizza la sperimentazione in campo di colture create artificialmente in laboratorio. Tutto questo solo per tutelare particolari interessi economici che attraverso i nuovi OGM vogliono rafforzare il loro controllo e potere sulle filiere agroalimentari del nostro Paese, la produttività, ignorando il grave danno economico che questo provvedimento porterebbe alle filiere biologiche, a quelle convenzionali e all’industria sementiera stessa. Il neoliberismo che persegue il Governo Meloni, non è mai stato promotore di buone cause.

Foto: Vedrana Filipović/Unsplash

Intanto, il 5 luglio 2023, la Commissione europea ha presentato una proposta per escludere dalle norme vigenti in materia di OGM gran parte degli organismi geneticamente modificati attraverso le nuove tecniche di editing genetico. Le norme vigenti sugli OGM richiedono la tracciabilità, l’etichettatura e un procedimento di valutazione del rischio per tutti prodotti derivanti dall’ingegneria genetica.

Le causali europee per l’adozione dei nuovi OGM si indirizzano ad ottenere “sistemi alimentari più resilienti con le nuove tecniche genomiche“.

Gli agricoltori e gli allevatori hanno bisogno di accedere all’innovazione più all’avanguardia. Le nuove tecnologie possono contribuire ad aumentare la resilienza sia dell’agricoltura che dei terreni forestali e proteggere i raccolti dagli effetti del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e del degrado ambientale. Le Nuove Tecniche Genomiche (NGT) sono strumenti innovativi che aiutano ad aumentare la sostenibilità e la resilienza del nostro sistema alimentare. Consentono di sviluppare varietà vegetali migliorate che siano resilienti al clima, resistenti ai parassiti, che richiedano meno fertilizzanti e pesticidi e possano garantire rese più elevate, contribuendo a dimezzare l’uso e il rischio dei pesticidi chimici e riducendo la dipendenza dell’UE dalle importazioni agricole. Nella maggior parte dei casi, queste nuove tecniche portano a cambiamenti più mirati, precisi e più rapidi rispetto alle tecniche convenzionali, coltivando allo stesso tempo un raccolto identico a quello che si sarebbe potuto ottenere con tecniche classiche come la selezione dei semi e l’incrocio.”

Qual’è la vera posta in gioco? Perché le industrie dell’agroalimentare investono miliardi in questo settore e esercitano pressioni sui politici europei? I “nuovi OGM” sono davvero “nuovi” e sono così sicuri come sostiene l’industria? O si dovrebbe invece svolgere uno studio indipendente sulla base del principio di precauzione europeo? Cosa accadrà al mercato del biologico in crescita e alla nostra biodiversità dopo una scelta così irreversibile? Anche la nostra sovranità alimentare e sulle sementi è in pericolo?

In un nuovo rapporto di Navdanya International – organizzazione fondata dalla scienziata indiana Vandana Shiva – intitolato “Nothing New in New GMOs” , si denunciano molti punti della attuale politica agroalimentare europea.

Le cosiddette tecnologie genetiche non sono altro che OGM di seconda generazione. Decisori politici e aziende usano termini come “la politica della scienza” e “decisioni tecniche su base scientifica”, nel tentativo di dare rilievo scientifico e morale a tecnologie rischiose, elevandole al di sopra della natura, delle funzioni degli ecosistemi e delle competenze degli agricoltori. L’avvento di queste nuove tecnologie sta consentendo alle aziende di ampliare il materiale brevettabile. I più entusiasti sostenitori della Biotecnologia vedono questo nuovo settore economico come la panacea per
risolvere tutte le crisi del nostro tempo: da quella ecologica, a quella climatica ed economica. Grazie alla tecnologia di gene editing, ora essi possono sfruttare un ambito della natura finora inaccessibile, sbloccando così nuove possibilità di profitto.
Si sceglie che i dati di laboratorio, filtrati e controllati, costituiscano la prova del successo e dell’innovazione, e che vengano poi proposti come soluzioni alle minacce globali. Stabilire un pregiudizio, secondo il quale tutte le conoscenze, tranne quelle scientifiche finanziate dall’industria, siano irrilevanti per la promozione dell’agricoltura sostenibile, permette all’industria di controllare la narrazione su quale sia la soluzione “giusta e appropriata”.

I gruppi lobbistici agroalimetari hanno anche iniziato a muoversi per far modificare le norme complessive sull’etichettatura degli OGM a favore di indicazioni come “sano” o “sostenibile”. Dal momento che in diversi Paesi è in vigore una legislazione che prevede l’etichettatura della presenza di ingredienti OGM negli alimenti; le lobby stanno cercando di aggirare o modificare le etichette in modo da commercializzare meglio i prodotti biotecnologici.

In Italia esiste un Premio Sostenibilità Made in Italy, sponsorizzato anche da Enti istituzionali.

Il comparto alimentare italiano viene così descritto nel sito attinente: “Il settore alimentare porta l’Italia a vantare un primato legato alla propria terra. Le coltivazioni e le produzioni agroalimentari italiane rendono i suoi prodotti molto ambiti: non solo vini, spumanti, olio e formaggi, anche le produzioni biologiche hanno reso famosa l’Italia in tutto il mondo. L’export di questi prodotti ha avuto una crescita esponenziale nel 2020 (+1,9%) che continua nonostante il calo generale dovuto all’emergenza sanitaria. Il Sud è principale dispensatore di questi prodotti, come registrato dalla Coldiretti dopo l’analisi dei dati Istat relativi alla produzione e all’esportazione delle singole Regioni, prime tra tutte il Molise, la Basilicata e la Campania. Oltre il 55% della produzione si è diretta verso l’Unione Europea, mentre il resto dei prodotti ha visto come meta privilegiata gli Stati Uniti.”

Come farà la giuria, nelle future edizioni del Premio, a riconoscere il vero Made in Italy da quello modificato?

Sabato, 2 settembre 2023 – n°35/2023

In copertina: foto di Akshay Chauhan/Unsplash

Condividi su: