Uno strumento per ricercare la verità
di Elisa Ciulli
Ci sono almeno due modi di dialogare, il primo è concentrarsi su quello che si ha da dire, l’altro è aprirsi all’ascolto dell’altro.
Facile intuire che il primo modo porti alla prevaricazione: io faccio di tutto per farmi capire, per convincere l’altro, per convincere gli ascoltatori ed avere da loro sostegno, perché parto dal presupposto che l’altra persona sbaglia e che la mia idea è quella giusta.
L’altro metodo è non partire da un’idea preconfezionata ma lasciare che il confronto sincero tra due persone possa portare ad un’idea migliore.
Nel primo metodo vogliamo prevaricare. Ma perché vogliamo farlo? Perché sembra che l’alternativa sia essere prevaricati.
Il dialogo non è più tale. Semmai è un dibattito dove ci sono vincitori e vinti.
Il secondo metodo, basato sull’ascolto, si avvicina all’arte socratica della maieutica ovvero l’arte dell’ostetrica: il dialogo concepito come il parto di un’idea valida per chi si sta confrontando.
Il peggior nemico del vero dialogo è ciò che il Buddismo chiama “collera”, che non ha niente a che vedere con la rabbia ma anzi si può manifestare con un atteggiamento falsamente benevolente.
In realtà nasconde una vera e propria forma di arroganza: ti ascolto perché sono superiore a te ma so intimamente che tu non vali niente e che la tua idea non avrebbe neanche il diritto di confrontarsi con la mia; ma siccome io sono evoluto e soprattutto superiore a te, ti ascolto nella mia grande benevolenza.
Quello che stimola un dialogo sincero può essere solo la fame di verità: io non ho paura di perdere la mia identità o le mie idee perché sono sinceramente interessato a conoscere la verità quindi mi apro al confronto con chiunque.
Sabato, 29 giugno 2024 – Anno IV – n°26/2024
In copertina: immagine di Christine Sponchia/Pixabay