giovedì, Dicembre 26, 2024

Economia, Italia, Politica

Il disastro dell’overtourism

Il sovraffolamento turistico che danneggia il turismo e i residenti

di Laura Sestini

L’overtourism – che in italiano si traduce semplicente in sovraffollamento turistico, è stato definito dalla World Tourism Organization come “l’impatto negativo che il turismo, all’interno di una destinazione o in parte di essa, ha sulla qualità di vita percepita dei residenti e/o sull’esperienza del visitatore”.

A supporto del significato di overtourism, vengono subito alla mente Roma, Firenze e Venezia, famose città d’arte che molti conoscono e che almeno una volta nella vita hanno visitato.

Chi non abita in queste città probabilmente non ha veramente presente del flusso di turisti che le invade. A Venezia, andando a piedi dalla stazione Santa Lucia fino a piazza San Marco, ci sono punti, magari a causa di un negozietto che vende vetri di Murano più attraenti, di una gondola che passa sotto ad un ponte, un caffè con club sandwich in offerta, o il globalizzante MacDonald, che le viuzze – pardon, le romantiche calli – diventano veri e propri ingorghi umani, ingolfate di gente che neanche sa dove mette i piedi, con gli occhi sempre per aria per scatti fotografici da turista di massa, esclusivamente ripresi con lo smartphone.

Tra Via Panzani, Piazza della Repubblica, Piazza della Signoria e Ponte Vecchio, a Firenze, le starde sono più larghe ma situazione è la medesima: se sei un povero cristo che lavora in centro città e devi arrivare a piedi in orario in ufficio, allora sono bestemmie, di cui toscani e veneti sono veri drammaturghi estemporanei. La stessa massa di turisti internazionali la troviamo intorno al Colosseo, la Fontana di Trevi ed altri famosi monumenti storici di Roma Caput mundi.

Il turismo “mordi e fuggi” affoga le città italiane e, in proporzione, ancor più i centri minori, i piccoli comuni, pubblicizzati da guide famose, se sono di interesse storico o naturalistico, o gli innumerevoli blog vacanzieri.

Da una ventina di anni, tra le altre, esiste anche la Guida dei Borghi più belli d’Italia.

Ci sono Comuni che amano apparire tra i Borghi più belli d’Italia, ed è legittimo, qualcuno se lo merita proprio di essere inserito nella lista dal punto di vista estetico e qualità della vita ma, a nostro avviso, ci sono molte lacune nella valutazione del punteggio e delle caratteristiche delle località, necessarie per far parte di questo ambìto marchio turistico, poiché sarà attraverso questo “riconoscimento” che un certo numero di turisti verrà attratto verso le piccole località inserite nella guida apposita e nel relativo magazine.

Sulla homepage del sito troviamo la mission dell’organizzazione, un’iniziativa di Anci: “Nel marzo del 2001 nasceva l’Associazione de I Borghi più belli d’Italia su impulso della Consulta del Turismo dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI). Questa iniziativa è sorta dall’esigenza di valorizzare il grande patrimonio di storia, arte, cultura, ambiente e tradizioni presente nei piccoli centri italiani che sono, per la grande parte, emarginati dai flussi dei visitatori e dei turisti. Sono infatti centinaia i piccoli “borghi d’Italia” che rischiano lo spopolamento ed il conseguente degrado a causa di una situazione di marginalità rispetto agli interessi economici che gravitano intorno al movimento turistico e commerciale. […] Per questo la nostra Associazione, che non è stata creata per effettuare una mera operazione di promozione turistica integrata, si prefigge di garantire – attraverso la tutela, il recupero e la valorizzazione – il mantenimento di un patrimonio di monumenti e di memorie che altrimenti andrebbe irrimediabilmente perduto. […] Non proponiamo dei “paradisi in Terra” ma vogliamo che le sempre più numerose persone che ritornano a vivere nei piccoli centri storici ed i visitatori che sono interessati a conoscerli possano trovare quelle atmosfere, quegli odori e quei sapori che fanno diventare “la tipicità” un modello di vita che vale la pena di “gustare” con tutti i sensi“.

Premettiamo che non è intenzione puntare il dito su questa Associazione, piuttosto sulle scelte di Comuni troppo ambiziosi e poco competenti in materia di turismo e di rapporti sociali tra differenti gruppi “etnici”, quello caratteristico, per obiettivi, del turista medio, senza alludere a nazionalità o ceto sociale, e quello del cittadino residente. Sinteticamente, il turista non ha un bel niente da fare, giustamente è in vacanza, e si vuole liberare dallo stress della vita quotidiana vagando alla ricerca di spiagge nascoste, paesini sperduti, boschi non ancora traditi dall’essere umano.

Tra i criteri di ammissione alla lista degli “eletti” è avere una popolazione che “nel Borgo antico o Centro Storico del Comune o nella Frazione indicata non superi i duemila abitanti. Nel Comune non si possono superare i 15.000 abitanti (+ il 10% su valutazione del Comitato Scientifico)”.

“Il Borgo deve avere una presenza di almeno il 70% di edifici storici anteriore al 1939”.

Intanto è utile chiedersi se una località di 15mila abitanti si possa chiamare borgo, vocabolo che per antonomasia ha sempre indicato la sola strada principale delle piccole e piccolissime località, che a lato di questo avevano, o hanno, poche altre diramazioni e viuzze.

Un’altra domanda è: ma i paesi che fine hanno fatto? Tutti i Comuni adesso aspirano a diventare borgo per attirare turisti; non residenti contro lo spopolamento, badate bene, turisti, quelli che vanno al ristorante e si portano a casa gadget e qualche bottiglia di vino in ricordo della vacanza.

Per fare un esempio sui numeri e la percezione delle località: Volterra, è un senz’altro un paese, nel senso stretto, ha circa 10mila abitanti. Eppure la percezione che se ne ha è quella di una vera e propria cittadina, una piccola città, con il Palazzo dei Priori sullo stile mediceo, nelle forme e nello stile di Palazzo Vecchio a Firenze. Vi consigliamo di visitare questa cittadina perchè ne vale davvero la pena. Come si potrebbe mai chiamarla borgo? Qualcosa sulla narrazione delle bellissime località italiane si sta allontanando dalla realtà dei fatti. Oltretutto, ormai l’appellativo borgo è divenuto (in maniera disequa) sinonimo di luogo turistico dove passare un fine settimana. Il Paese, dall’altro canto, sa invece di gente che ci abita, di una comunità che dialoga ed interagisce, di bambini che vanno a scuola, visto che siamo nel periodo giusto.

Adesso possiamo fare un passo indietro e continuare il discorso sul nostro turista medio che decide di andare in ferie in un borgo.

I numeri di questa categoria etnico-turistica, rapportati anche entro l’esiguo spazio fisico che hanno i piccoli paesi, e unitamente al resto della parte “turistica” più screanzata, tengono la voce troppo alta anche alle tre di notte, forse non ancora disintossicati dai decibel delle grandi città da dove arrivano; non osservano più il ritmo sonno-veglia di chi va al lavoro perché, è risaputo, le ferie liberano lo spirito; alle due di pomeriggio iniziano a stappare bottiglie di vino genius loci – spesso illusi – che a breve gli faranno dimenticare perché e cosa ci fanno lì, in quel piccolo paese-diventato-borgo, dove la maggior parte delle persone in estate lavora, molte indotte nell’accoglienza dei turisti, i bambini fanno il pisolino pomeridiano, così come i numerosi anziani residenti, quando tutti ambiscono a quel fantastico silenzio che induce alla serenità d’animo, a quel surrealismo tipico dei paesi piccoli. Il residente medio dei centri storici dei piccoli paesi spinti alla vocazione turistica di massa dalle amministrazioni comunali, a maggior ragione se inserito nella lista de I borghi più belli d’Italia, in estate dovrebbe avere garantita dal proprio ambizioso Ente pubblico un’alternativa abitativa, per continuare in santa pace la sua esistenza, fuori dal perimetro dell’assalto delle cavallette, spesso ridotto all’unica piazza del paese, che per grandezza si merita questo appellativo. Potremmo citarne molti di questi luoghi, tra i più conosciuti della Costa Etrusca troviamo Bolgheri, famosa prima per Giosuè Carducci e poi per il settore vinicolo. Bolgheri è, in senzo di spazio sociale, davvero un borgo, minuscolo. Da decadi è preda di turismo di massa, pare di essere a Disneyland, sulle montagne russe si va con i fumi del vino.

L’Italia ha il 70% di piccoli comuni sotto i 5mila abitanti. Potrebbero aspirare tutti a far parte della famosa guida?

L’overtourism fa male al turismo, lo afferma il WTO, e soprattutto ai residenti, di cui tanti lo hanno scelto proprio dei piccoli paesi, fuggendo dalle città, per una migliore qualità di vita. La moda del turismo massificato è però andare ad invadere per qualche mese all’anno, arrivano tutti insieme è noto, nei mesi tra primavera e fine agosto.

Chi ci guadagna in questo flusso di turismo? Sicuramente chi ha attività commerciali, dal panificio ai negozi di gadget turistici, passando per bar, ristoranti, enoteche, prodotti tipici. Sicuramente le organizzazioni delle guide turistiche. Per quella che abbiamo citato, l’iscrizione annua dei Comuni inseriti ammonta a 1.500 Euro, più la quota per le spese di selezione, una tantum, di 750 Euro.

Chi ci perde in questo movimento? Sicuramente almeno una parte dei residenti dei (cosiddetti) borghi, la cui vita viene infuenzata dal movimento vai-e-vieni dei turisti: parcheggi che non ricevono più il numero di auto e lunghe code al panificio per un pezzo di pane. Sicuramente ci perde il turista, almeno quella tipologia che ama un turismo e le località più sostenibili.

Non riusciamo a cogliere il senso della mission di Anci, per il ripopolamento dei piccoli paesi; quei pochi audaci che avevano già scelto di trasferirsici, rischiano di tornare sui loro passi. Nei piccoli paesi-diventati-borghi vediamo solo turismo legato soprattutto al consumo di cibo e bevande, neanche interessato a monumenti storici, che nella maggioranza dei casi i borghi non hanno affatto.

Siamo sicuri che ce la raccontino giusta sul turismo indirizzato?

https://borghipiubelliditalia.it/wp-content/uploads/2022/01/La-Carta-di-Qualita-2022_bis.pdf

Sabato, 16 settembre 2023 – n°37/2023

In copertina: Il naufragio della Costa Concordia all’isola del Giglio nel 2012 – Foto: Rvongher CC BY-SA 3.0

di Brian Merrill/Pixabay

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