Ragazzi che danzano in lunghi rave party, un fenomeno che merita attenzione non repressione
di Giorgio Scroffernecher
Troffea è una donna energica, magra ma con curve e rotondità femminili ben pronunciate, intensa nei pensieri e nelle sue espressioni. Il pomeriggio estivo è molto caldo, il corpo di Troffea è sudato. Il selciato di pietra scura al centro della città sembra conservare un fresco delizioso, confortante. La donna si libera dei suoi calzali e assaporando quella frescura alle piante dei piedi, chiude gli occhi. All’ascolto, i rumori tutt’intorno si affievoliscono fino a scomparire. In questo nuovo silenzio Troffea percepisce il suo cuore che offre un ritmo e ispira una, due, tre, infinite movenze al corpo, in ogni sua parte. La donna danzante si trasforma in danza: totale, infinita, senza limiti. È il tardo pomeriggio del 14 luglio 1518 quando Frau Troffea inizia a danzare per le strade di Strasburgo.
Così iniziò la “Piaga del ballo” definita a suo tempo come un’epidemia.
Alla danza della donna si unirono via via decine di persone. Tutti danzavano senza sosta e senza fine, per giorni e notte interi. Le cronache dell’epoca riferiscono che a fine agosto i danzatori erano oltre 400. Dapprima le autorità, consigliate dai dotti, facilitarono il fenomeno installando palchi per i musicisti che si aggiunsero a loro volta con ritmi, melodie, coreografie. Ma dopo parecchie settimane, sempre più allarmati anche dalle morti alle quali giungevano numerosi danzatori stremati ed estatici, i governatori della città posero fine al dilagare del fenomeno sospingendo le persone danzanti fino al Santuario di San Vito, patrono della danza, sulle colline di Saverne. Qui furono ridotti all’immobilità con dei rituali esorcistici e infine ricoverati nell’ospedale di Strasburgo. La “Piaga del ballo” finì, curata tra le mura invalicabili del sanatorio.
Ancora oggi si discute delle possibili cause dell’accaduto che pure riscontra precedenti altrove, pare almeno dieci casi, tra questi uno nel 1374 che coinvolse molte città dell’attuale Belgio, della Francia nordorientale e del Lussemburgo. Le ipotesi, tutte prive di senso scientifico diremmo oggi, spaziano dall’ingestione di segale cornuta infettata da una particolare muffa, all’isteria di massa dovuta a peculiari momenti sociali segnati da povertà e sofferenze.
La memoria dei fatti veri e misteriosi sopra riportati, vogliono controbilanciare le tante parole a vanvera e seriose prese di posizione di questi giorni circa il rave party di Modena. Non si sono sentite interviste approfondite fatte ai partecipanti all’evento; nessuno ha cercato commenti e osservazioni di sociologi, psicologi, educatori.
Il fenomeno dei mega ritrovi illegali è diffuso in tutto il mondo, giusto osservarlo con attenzione ben sapendo che al momento nessuno sa bene come affrontarlo o almeno come interpretarlo. Certo è misera cosa trasformarlo in occasione propagandistica da parte di chi governa e di chi si oppone.
E se la musica ripetitiva e inebriante, in un contesto collettivo di alta portata energetica in realtà rispondesse a un qualche bisogno che proprio in un luogo non normato trova un suo esito naturale? Davvero possiamo ridurre il tutto a cattivi comportamenti di una gioventù deviata e sballata? Azzardo ancora di più: e se in un comportamento diffuso tra migliaia di giovani si riscontrasse un bisogno di elevazione liberante, di spiritualità, di sacro non riconosciuto, di distanza da un mondo senza più speranze?
I ritmi incalzanti, come le armonie ripetitive, sono tipiche delle ritualità danzate in tutte le tradizioni sciamaniche. La danza sufi dei Dervisci Rotanti dell’Anatolia che girano all’infinito fino a perdere i pensieri per lasciare spazio all’essere puro, non assomiglia a qualcosa che si vede nei rave party magari anche con il sussidio di qualche sostanza psicotropa?
Osho Rajneesh, il maestro spirituale indiano che acquisì seguito internazionale grazie proprio alle sue tecniche di meditazione danzata esortò «A occhi chiusi, danza come se fossi posseduto. Lasciati guidare completamente dall’inconscio. Non controllare i movimenti e non cercare di restare un testimone di ciò che accade: lasciati dominare dalla danza. Esteriormente continui a danzare, ma pian piano sorgerà una danza interiore. A quel punto potrai danzare dentro di te e incamminarti così verso il tuo centro più intimo».
Non somiglia molto all’esperienza di Frau Troffea?
Non ci sono risposte repressive da imporre ai giovani che partecipano ai rave party, ma solo domande che dobbiamo porci, proprio noi che siamo la generazione che li ha messi in questo mondo scombinato, magari illuminandoci con un pensiero di Sant’Agostino:
«Lodo la danza perché libera l’uomo dalla pesantezza delle cose e lega l’individuo alla comunità. Lodo la danza che richiede tutto, che favorisce salute e chiarezza di spirito, che eleva l’anima».
Sabato, 5 novembre 2022 – n° 45/2022
In copertina: foto di Efes/Pixabay