domenica, Dicembre 22, 2024

Italia, Politica

Il rave party, grande nemico del nuovo Governo

Un pretesto per limitare le manifestazioni di protesta

di Ettore Vittorini

I politici hanno una loro etica. Tutta loro. E si trova una tacca più sotto di quella dei maniaci sessuali.“ La battuta, di Woody Allen, appare troppo severa, ma esprime il malessere verso la politica che sentono molti americani.

Per quanto riguarda l’Italia, è meglio lasciar perdere l’ironia per sostituirla con la parola “preoccupazione” molto più efficace da quando Giorgia Meloni è diventata Presidente del Consiglio. A lei possiamo aggiungere il termine “bifronte” perché da un lato i suoi interventi sono – a parole – rassicuranti e dall’altro i provvedimenti dei suoi ministri varati in pochi giorni, hanno mostrato il vero volto del potere di questa destra. Lo si è notato già nei suoi discorsi di insediamento pronunciati al Senato e alla Camera dei deputati: il primo, moderato e il secondo aggressivo.

La Meloni nelle prime ore della sua ufficialità, quando si recava al Quirinale per il giuramento e dopo, quando entrava a Palazzo Chigi, faceva quasi tenerezza per la sua semplicità e il suo apparente timore nel percorrere i cortili e i corridoi dei due principali simboli della Repubblica. Era la prima donna del nostro Paese che riceveva l’incarico di Dux femina facti – parole che Virgilio usò per indicare il potere di Didone – ma che di quella frase del poeta sembra aver recepito soltanto la parola Dux e respinto femina, come scrive Domenico Starnone sull’ “Internazionale”.

Prima di partire per Bruxelles dove ha incontrato i massimi rappresentanti dell’Europa, la nostra premier ha dichiarato: “Questa volta voglio presentare una Nazione”. Una delle solite frasi ridondanti ma vuote? Oppure voleva alludere che nei precedenti governi l’Italia non lo era, dimenticando i 250 miliardi ottenuti dal governo Conte bis e l’ultimo guidato da Draghi che aveva riportato il Paese tra i più influenti all’interno dell’UE, malgrado il Salvini scalpitante nella maggioranza?

La “Nazione” della Meloni si presenta con un governo poco autorevole che svolge una politica da “Bar Sport”, come dice Carlo Calenda. Basta scorrere i nomi che ne sono ai vertici. In parte sono personaggi ben noti da anni come Ignazio La Russa e Silvio Berlusconi, il primo per i suoi antichi legami col fascismo, il secondo per i suoi trascorsi con la giustizia.

Gli altri, più o meno noti, sono “ominicchi”, citando Leonardo Sciascia. Purtroppo lo scrittore siciliano non ha coniato un termine simile da attribuire anche a certe signore del nuovo potere. Insomma la destra italiana è priva di una vera classe dirigente conservatrice in grado di gestire i propri ideali con una politica corretta. In pochi giorni dai palazzi del potere sono usciti decreti legge pieni di strafalcioni, incompleti e contradditori, che hanno un solo scopo: quello di limitare le libertà individuali. Le ambigue misure sui rave party; quelle sul Covid che premiano gli elettori no vax; l’ergastolo ostativo; il blocco delle navi cariche di migranti che da giorni attendono di attraccare in un porto italiano.

Dietro le nuove misure ci sono il solito Matteo Salvini che da ministro delle Infrastrutture, si comporta come se lo fosse degli Interni. Quello vero, Marco Piantedosi – un suo protetto – è noto soltanto come prefetto di Roma nel giorno in cui ci fu l’assalto squadrista alla sede della Cgil con le forze dell’ordine che arrivarono in ritardo. La sinistra protestò? Macché!

Il decreto sui rave party – che prevede una condanna a sei anni come per l’associazione a delinquere – puzza molto di codice Rocco, cioè di una legge fascista del 1926 che vietava il diritto di manifestare. Su questo provvedimento Il Corriere della Sera – già adeguatosi al nuovo potere – titola in prima pagina che verrà corretto. Ma non era necessario che la legge venisse proposta perché ne esisteva già una da anni sull’occupazione della proprietà privata.

Ai ministri fa da cornice il lungo elenco di sottosegretari sconosciuti, tranne qualcuno che in passato si era messo in mostra per le sue nostalgie verso il fascismo. Uno di questi è Claudio Durigon – nominato al ministero del Lavoro – che l’anno scorso durante un comizio a Latina dichiarò che avrebbe voluto intitolare il parco della città – già dedicato a Falcone e Borsellino – ad Arnaldo Mussolini, fratello di Benito, che raccattava le tangenti destinate al duce e al partito fascista. Un altro, sottosegretario ai trasporti, si era fatto fotografare con la divisa di nazista.

Quello che preoccupa di più di questi personaggi non sono tanto le nostalgie per un terribile passato da cancellare, ma la mancanza di quella serietà e autorevolezza necessarie per occupare le più importanti cariche dello Stato. Costoro screditano il prestigio che la nostra “Nazione” dovrebbe avere. All’estero provocano sorrisi ironici, come accadde anni fa quando alla Cancelliera tedesca Merkel e al presidente francese Sarkozy venne fatto il nome di Berlusconi durante una conferenza stampa.

E poi c’è la manifestazione svoltasi a Predappio per il centenario della marcia su Roma cui hanno partecipato 4000 nostalgici con famiglie e bambini vestiti da balilla e da militi della “decima mas”, la famigerata milizia repubblichina. Su quel rave il governo ha taciuto, ma è intervenuta la magistratura con alcune denunce per apologia al fascismo.

Il governo vuole “riportare l’ordine” ma ha taciuto anche sulla curva di San Siro svuotata per imposizione degli ultras interisti che volevano ricordare l’assassinio del loro capo, l’ultra pregiudicato Vittorio Boiocchi colpito dalla criminalità organizzata. Per i “padroni” degli stadi che ricattano da anni le squadre di calcio minacciando di creare disordini, il Consiglio dei ministri non è intervenuto.

Purtroppo verso reati di questo tipo e sull’apologia del fascismo i governi precedenti sono stati sempre assenti. Il PD che ne ha fatto parte per anni, non è mai intervenuto con la richiesta di misure drastiche per far rispettare la legge. Ha sorvolato su quanto accade da anni a Predappio; su tutti gli interventi neofascisti di sindaci e vari politici di destra ha quasi sempre taciuto.

Il mausoleo al generale repubblichino Rodolfo Graziani eretto ad Affile, non è stato abbattuto e il sindaco della cittadina denunciato dall’Anpi per apologia del fascismo, è stato assolto dalla Cassazione.

Documentario su Woodstock 1969

Sabato, 5 novembre 2022 – n° 45/2022

In copertina: un’immagine dal festival di Woodstock 1969 – immagine di pubblico dominio

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