venerdì, Novembre 22, 2024

Notizie dal mondo

Il Rinascimento del cemento esportato dall’Occidente

Le false modernità del Terzo Mondo

di Ettore Vittorini

Nei giorni della Mostra del Cinema di Venezia, Angelina Jolie durante un’intervista in cui ha parlato anche dell’Afghanistan, ha dichiarato che “non si può trattare con chi calpesta i diritti della gente”. Non era una frase di circostanza: l’attrice americana è stata per molti anni “ambasciatrice di buona volontà” per conto dell’UNHCR – l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – e conosce la situazione afghana e le condizioni in cui vivono i rifugiati fuggiti dalle guerre e dalle dittature di tanti Paesi del vicino e lontano Oriente e dell’Africa, soffocati da feroci tirannie alimentate dalle Grandi Compagnie occidentali e adesso anche cinesi e russe.

Non ha voluto intromettersi nel mondo della politica e della diplomazia convenzionali, ma ha espresso il suo parere di persona che “ha visto”. Quella frase spinge a porsi un interrogativo: perché l’Occidente deve trattare sempre con un mondo completamente diverso, spesso fermo culturalmente e socialmente a usanze e leggi che risalgono ancora a tempi precedenti al nostro Medioevo?

Ovviamente la risposta più semplice riguarda i grandi intessi che gli Stati e le Compagnie occidentali mantengono nei Paesi di quel mondo, legati soprattutto al petrolio. E se l’Europa e Gli Stati Uniti non gli fornissero più armamenti, tecnici, ingegneri per le estrazioni del prezioso prodotto, architetti e imprese per costruire le loro infrastrutture e quegli orribili grattacieli che deturpano i paesaggi di 50 anni prima?

Il nostro ex premier Matteo Renzi aveva definito l’Arabia Saudita, “la culla del nuovo Rinascimento”, manifestando una scarsa cultura storica. Intorno a quello spettacolo di modernità regnano autarchie ricchissime che dominano popoli col terrore e con l’aiuto di una religione – per esempio quella islamica – ferma a regole immutabili e sostegno del potere assoluto dei governi. Sotto di loro vive un popolo costretto all’ignoranza, una società di beneficiati dagli avanzi dei ricchi padroni del petrolio e una massa di meno fortunati – spesso immigrati – che a migliaia provvedono ai lavori più umili.

Nelle metropoli degli Stati arabi lungo le strade che circondano i grattacieli e le  autostrade lambite dalla sabbia del deserto, corrono a migliaia le auto di lusso. Ma alla guida ci sono soltanto maschi perché alle donne è proibito condurre un veicolo. E non solo: per loro la scuola è limitata, l’Università è un miraggio – come è impossibile la libera scelta di un marito o di una vita indipendente.    

Se l’Occidente rinunciasse ad aver rapporti con quel mondo, verrebbe gravemente colpito nella sua economia, tanto più che la sua assenza sarebbe colmata dalla Cina e dalla Russia già pronte a intervenire. Il tentativo di “portare la democrazia da quelle parti”, anche se fatto in buona fede, non può che fallire.

La democrazia – tranne eccezioni – non è una merce che un popolo oppresso può importare, ma se la deve produrre in casa, come ha fatto l’Europa nel corso dei secoli, usando spesso l’arma delle rivoluzioni.  Quella francese del 1789 è stata il frutto del lungo periodo illuministico e, seppur cruenta, ha aperto il percorso verso una democrazia moderna. E’ vero che ci sono state tragiche parentesi come le guerre, il Fascismo, il Nazismo e il Bolscevismo sovietico, ma l’Europa ha sempre avuto gli anticorpi in grado di contrastare le svolte autoritarie e auto-criticarsi.

Il Vecchio Continente sin dai tempi di Federico II di Svevia è riuscito a creare lo Stato laico completamente distaccato dalla Chiesa. Nel mondo islamico questo non è avvenuto se non con la caduta dell’Impero Ottomano dopo la prima guerra mondiale, grazie a Kemal Ataturk padre della Turchia moderna. E’ stata forse l’unica vera rivoluzione della storia del mondo islamico perché Ataturk costrinse il Paese a cambiare totalmente, a occidentalizzarsi: impose la scrittura con i caratteri latini; obbligò le donne a eliminare il velo e concesse loro il diritto di voto; gli uomini a non coprirsi più la testa col fez; ad adottare leggi di tipo occidentale e a laicizzare lo Stato. Però oggi, col regime autoritario del presidente Recep Tayyip Erdoğan, la Turchia ha fatto molti passi indietro.

Erroneamente si definisce “rivoluzione” la Rivolta dei gelsomini del 2011 in Tunisia: fu in realtà la ribellione di un popolo contro la fame, l’ingiustizia e la corruzione. Infatti le successive elezioni democratiche portarono alla vittoria del partito musulmano, che voleva ricondurre il Paese verso l’oscurantismo, come introdurre il velo per le donne.

Fu simile la “rivolta del pane” del 1988 in Algeria – Paese ricchissimo di petrolio e gas naturale e corrotto – il cui potere era nelle mani degli “eroi” della guerra di indipendenza contro la Francia. Anche lì dopo la rivolta, alle elezioni democratiche vinse il partito religioso cui i militari impedirono di occupare il potere. Ad opera dei movimenti integralisti nacque una feroce guerriglia che durò per anni. I fanatici uccidevano donne vestite all’europea, cantanti, intellettuali, tutti coloro che pensavano e agivano in modo occidentale.

Questo fanatismo religioso portato all’estremo si è sviluppato con la vittoria della Rivoluzione di Khomeini in Iran del 1979 – non sarebbe stato meglio chiamarla involuzione? – che trasformò il Paese in uno Stato islamico che poi ha esportato all’estero i metodi criminali attuati all’interno contro gli oppositori e gli “infedeli”.

Questo tipo di criminalità – a parte il terrorismo dell’Olp che durava da anni – entrò in azione in Europa immediatamente dopo la stampa nel 1988 a Londra del romanzo “The Satanic Verses” – I Versi Satanici – di Salman Rushdie – cittadino britannico nato a Bombay. Khomeini lanciò contro di lui la fatwa, decretandone la condanna a morte per bestemmia. Lo scrittore per anni ebbe la scorta della polizia. A Milano venne pugnalato invece Ettore Capriolo, traduttore in italiano del libro. Fu ferito gravemente, ma se la cavò. Morì invece – sempre per un attentato – il traduttore giapponese Hitoshi Igarashi. Poi c’è stata l’escalation in America e in Europa delle stragi che hanno procurato una scia lunghissima di vittime innocenti.  

Su questo punto è importante la serie di podcast diffusa dal Corriere della Sera in questi giorni – intitolata “Tracce – 100 anni di terrorismo”, autore il giornalista Guido Olimpio con la collega Alessandra Coppola – che narra dei primordi del terrorismo, quando la minaccia islamista, Osama Bin Laden e il suo movimento Al Quaeda, ancora prima dell’attentato alle Torri di New York, erano sconosciuti all’ opinione pubblica; ignorati o sottovalutati dai vari governi.

Ma le polizie dell’Occidente già sapevano e indagavano, soprattutto la Digos italiana. Olimpio parla delle intercettazioni compiute da dirigenti e agenti, riporta i racconti di quei poliziotti, i pedinamenti, le indagini sulla Moschea di Milano che – oltre ad accogliere i normali fedeli – era diventata il centro del terrorismo islamico in Europa.

E l’Occidente continua a subire i ricatti e il terrore provenienti da quel mondo senza trovare soluzioni più certe rispetto ai bombardamenti e alla fallimentare esportazione della democrazia. 

Sabato, 11 settembre 2021 – n° 33/2021        

In copertina: una vista della moderna capitale Riyadh in Arabia Saudita

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