Conversazione immaginaria tra Enrico Letta e Jacques Séguéla
di Giorgio Scroffernecher
Dopo aver comunicato che non si ricandiderà alla segreteria del suo partito e dopo una lunga dormita, il mattino seguente in ora tarda davanti a un cappuccino con caffè dek e una brioche senza glutine, Enrico Letta ha scoperto su Repubblica un intervento dello scrittore Francesco Piccolo che l’ha sconvolto. Già il titolo non scherza: «Cara Sinistra per risorgere devi sorridere»; ma il passaggio che gli ha attorcigliato le budella è il seguente: «Basta vedere la dichiarazione di Debora Serracchiani dopo i primi risultati del voto, una imbarazzata e imbarazzante dichiarazione stile Democrazia Cristiana anni Ottanta, e diventa comprensibile quello che è successo. Chi ricorda come la Serracchiani è entrata nella direzione del partito, giovanissima, con un discorso aggressivo e impertinente, capisce qual è la caratteristica principale del Pd: spegnere e imbalsamare chiunque».
Lasciato il cappuccino e la brioche, Letta prende il telefono e chiama Parigi, trovando il suo interlocutore seduto di buon umore, con tutti i suoi 88 anni, a un tavolino di un bar del quartiere latino con un Pastis de Marseille già gustato per metà.
L’uomo col Pastis è Jacques Séguéla, ritenuto il mago dei maghi della comunicazione politica. A lui Enrico Letta, nel suo francese perfetto, si rivolge quasi balbettante.
Enrico Letta: “Maestro, cosa ho sbagliato? Io mi sono ispirato proprio a lei e il suo geniale slogan ‘La Force Tranquille’ che nel 1981 ha consolidato la gloria del presidente François Mitterrand. Ora mi dicono che non sappiamo sorridere, che siamo un obitorio… siamo antipatici a tutti, non ci votano”
Jacques Séguéla: “Le rispondo con una domanda: come è stato possibile che il primo Presidente del Consiglio donna arrivi da un partito macho in coalizione con quello celodurista e l’altro ancillare?”
E.L.: “Va bene, però siamo credibili, istituzionali, affidabili. Siamo davvero una forza tranquilla!”
J.S.: “E triste! Da sempre. Quando Forattini disegnò un cartoon con Berlinguer danzante come Travolta, lui si offese molto. Eppoi, a proposito di slogan, quando i giovani studenti gridavano in corteo «L’immaginazione al potere!» ridendo e sbeffeggiando tutto e tutti, il Pajetta si chiedeva «Cos’avranno tanto da ridere?».
E.L.: “Quello era il PCI”
J.S.: “Sì, e voi, come allora, continuate a nutrirvi di nemici che non cercate di comprendere in una realtà da interpretare per cambiare voi stessi. Vi ponete in superiorità, vi consumate nelle vostre beghe, coltivate il rancore: prima verso Berlusconi, poi verso il vostro stesso Renzi, ora contro la Meloni… ma voi cosa siete oltre che affidabili? Vi manca un’idea grande capace di illuminare voi stessi prima del vostro elettorato”
E.L.: “Però siamo i più competenti!”
J.S.: “Albert Einstein ha detto: L’immaginazione è più importante della conoscenza”
E.L.: “Io l’ho chiamata per avere un consiglio esperto sulla nostra comunicazione…”
J.S.: “Va bene, glielo do subito, anche perché il mio Pastis sta finendo: ho visto gli slogan della campagna elettorale italiana, le avete chiamate ‘parole chiave’ copiandovi tra voi. Salvini con CREDO, Meloni con PRONTI, lei con SCEGLI. Anche qui, i primi due affermano una determinazione, lei fa una richiesta, vabbè… Il mio consiglio e di fare una campagna in casa vostra, al vostro interno, con questo ‘nuovo’ slogan: L’immaginazione al potere! E poi immaginate che un altro mondo è possibile davvero. E lavorate appassionatamente per una nuova visione di voi stessi, quella sul mondo verrà naturalmente”.
Sabato, 1 ottobre 2022 – n° 4/2022
In copertina: foto di Juda/Pixabay