Il vissuto di un collega magistrato
di Jacques Ducry
Il 23 maggio di ogni anno ricordiamo il Magistrato Giovanni Falcone – assassinato con la moglie e la scorta quel giorno del 1992 – che è riuscito, con altri colleghi e con le forze dell’ordine, a tradurre in aula penale e fare condannare centinaia di mafiosi dopo una lunga e complessa istruttoria nazionale e internazionale.
Sul quotidiano “Domani” dei giorni scorsi si legge pure che “mesto e all’insegna dell’ovvio il trentaduesimo della strage di Capaci. Le solite passerelle e discorsi banali, con l’Antimafia che in mancanza d’altro punta sul marketing”.
Ho più volte contribuito, in questi ultimi tre decenni, a ricordare ai lettori l’operosa e intelligente attività investigativa di Giovanni Falcone, in questa occasione desidero farVi “rivivere” parte del mio “vissuto”con Lui.
Correva il 1985, fui eletto giudice istruttore in Canton Ticino; trovai sulla scrivania, ereditata dal collega Giordano Zeli, alcuni incarti rogatoriali riguardanti le inchieste di Falcone concernenti pure i legami fra la mafia siciliana e il territorio ticinese, precisamente di alcune banche dove depositavano e riciclavano il denaro provento, in particolare, dal traffico internazionale di stupefacenti – per l’inchiesta Pizza connection.
Il Giudice, nella seconda metà degli anni Ottanta, venne alcune volte nei nostri uffici di Lugano, sia per esaminare atti, sia per interrogare, sia per pianificare le attività istruttorie.
Mi colpì subito la sua intelligenza ossia la sua capacità di “leggere dentro” persone e fatti, di capire la realtà sociale dei territori dentro e fuori la sua amata Sicilia. Il suo modo di porgersi, di comunicare era sfaccettato, dalle frasi mai banali, agli sguardi e alle espressioni sempre molto eloquenti. Le sue letture dei fatti erano da Gran maestro della scacchiera, riusciva a illuminare un modesto giocatore, come chi Vi scrive, sulle mosse dei criminali e non solo.
Conscio del suo “destino”, riusciva ugualmente a vivere e condividere fuori dagli incarti ciò che poteva, con naturale gioia, con interessi culturali e non solo (penne stilografiche, paperette di legno…), con genuina passione. Le guardie del corpo si muovevano,a Lugano e dintorni, discretamente ma efficacemente, permettendoci “momenti”di vita ordinaria, dalla passeggiata sul quai del lago, al caffè in piazza, dal ristorante-grotto verace (adorava la polenta…) alle lunghe chiacchierate notturne in albergo o in qualche locale dove ci recavamo, senza guardie, con la mia vetusta “911”. Era una persona normalissima, sì conscio delle proprie responsabilità istituzionali ma mai tronfio, mai arrogante, mai disumano, guidato da un’alta nobiltà d’animo che ricorda quella del Principe di Salina.
Lui cinquantenne, io trentenne, due generazioni, il Maestro, un allievo, ma con il comune desiderio della ricerca della verità per dare o rendere a tutti gli onesti una realtà esistenziale pulita, positiva, rispettosa del prossimo, dello Stato.
Ci è riuscito, con altri suoi colleghi, fra gli altri Borsellino, Ayala, Grasso, Caselli, che ho avuto il privilegio di conoscere, con il sostegno della parte sana delle Istituzioni, mentre l’altra, invidiosa e preoccupata per le inchieste che la stavano raggiungendo, lo ha portato indirettamente alla morte, al suo assassinio del 23 maggio 1992.
Giovanni è vivo non solo nei nostri ricordi ma nell’essere e nell’agire di molti Cittadini, di molti giovani che desiderano, che chiedono due sole “cose”: Giustizia e Libertà, senza frontiere, nel rispetto e nell’applicazione dei principi costituzionali.
Resistere sempre verso le ingiustizie: è ciò che, ancora oggi, ho il privilegio di insegnare ai miei studenti, anche per onorare la memoria del Gran maestro Giovanni Falcone!
Jacques Ducry, già magistrato penale.
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Sabato, 25 maggio 2024 – Anno IV – n°21/2024
In copertina: il luogo dell’attentato, tra Capaci e Palermo