I difetti dell’agricoltura industriale nell’esperienza occidentale
di Laura Sestini
L’EFSA – l’Autorità della sicurezza alimentare europea – indica l’influenza aviaria (AI) come una malattia virale altamente contagiosa che colpisce prevalentemente il pollame e i volatili acquatici selvatici.
I virus dell’influenza aviaria vengono classificati come virus ad alta o bassa patogenicità – rispettivamente HPAI e LPAI – a seconda delle loro caratteristiche molecolari e della capacità di provocare morbilità e mortalità nei polli. Il pollame infettato dal virus del tipo LPAI può essere asintomatico oppure presentare solo lievi sintomi. Le infezioni causate dal virus di tipo HPAI, invece, possono essere letali. Sia i virus HPAI che LPAI possono diffondersi rapidamente tramite stormi di volatili. Inoltre i virus LPAI possono mutare in ceppi altamente patogeni, motivo per cui è importante che i focolai infettivi vengano contenuti tempestivamente.
L’epidemia 2016-2017 di HPAI A (H5N8) è stata la più grave registrata nell’UE in termini di numero di focolai nel pollame, diffusione geografica e numero di uccelli selvatici morti.
L’influenza aviaria può essere trasmessa dagli animali all’uomo principalmente in due modi:
direttamente dagli uccelli o da ambienti contaminati; tramite un organismo intermedio che funge da ospite, ad esempio il maiale.
Non vi sono, invece, evidenze che l’influenza aviaria possa trasmettersi all’uomo tramite il consumo di prodotti contaminati derivati dal pollame. Precauzioni nel manipolare la carne cruda e altri ingredienti alimentari non cotti, un’accurata cottura e un’attenta igiene in cucina possono prevenire o ridurre i rischi connessi a cibi contaminati
La situazione epidemiologica in Europa è costantemente aggiornata con la conferma di nuove positività nei confronti dell’influenza aviaria ad alta patogenicità in volatili selvatici e nel pollame domestico in Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Svezia, Ucraina, Bosnia Erzegovina, Ungheria, Norvegia, Francia, Romania, Belgio, Bulgaria, Croazia, Slovacchia, Svizzera, Austria, Lussemburgo, Portogallo, Irlanda del Nord, Grecia, Slovenia, Spagna, Lettonia, Moldavia, Kosovo, Lituania, Macedonia del Nord, Albania e Islanda. Questi aggiornamenti non includono il Regno Unito (Brexit), per approfondimenti al riguardo si rimanda al sito Avian influenza (bird flu) – GOV.UK (www.gov.uk). Fonte IZSV – Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.
L’ondata epidemica del 2020/2021 è stata una delle più vaste e durature epidemie di HPAI che si siano mai verificate in Europa ed ha praticamente interessato la quasi totalità dei paesi europei inclusa l’Italia.
L’influenza aviaria interessa tutti i Paesi al mondo, ma in particolar modo le aree dove ci sono grandi allevamenti industriali, per la maggiore rapidità di contagio tra gli animali.
L’Istituto Superiore della Sanità ne riporta le caratteristiche principali: identificata per la prima volta in Italia più di un secolo fa, l’influenza aviaria è una malattia degli uccelli causata da un virus dell’influenza di tipo A, che può essere a bassa o ad alta patogenicità. Diffusa in tutto il mondo, l’influenza aviaria è in grado di contagiare pressoché tutte le specie di uccelli, anche se con manifestazioni molto diverse, da quelle più leggere fino alle forme altamente patogeniche e contagiose che generano epidemie acute. Se causata da una forma altamente patogenica, la malattia insorge in modo improvviso, seguita da una morte rapida quasi nel 100% dei casi. La paura di una nuova Pandemia, originata da un passaggio del virus aviario all’uomo, ha messo in moto una serie di misure straordinarie di prevenzione in tutto il mondo.
Gli Stati Uniti non sono esenti all’essere colpiti dall’influenza aviaria – essendo tra i maggiori Paesi detentori degli allevamenti industriali tantoché, sia per l’aumento del prezzo dei cereali che cibano il pollame, sia per i numerosi focolai del virus, hanno visto velocemente aumentare il prezzo delle uova del 44%. In Europa attualmente i prezzi sono saliti mediamente del 22%.
Un imprenditore agricolo dello Stato dell’Iowa racconta la sua esperienza: «La nostra piccola fattoria ha una numerosa batteria di galline che fornisce a noi e ai nostri clienti uova di qualità durante tutto l’anno. I volatili hanno accesso ad un largo spazio dove razzolare quando lo desiderano ed un ampio rifugio di protezione dalle intemperie e dai predatori notturni. Essi supportano inoltre il ciclo della vita in azienda consentendoci di utilizzare il loro letame come fertilizzante per la produzione di ortaggi e frutta. Alle nostre galline viene offerta l’opportunità per una vita sana, con la possibilità di essere felici nella maniera consona alla loro razza avicola. Ma nonostante ciò fanno parte di quel mondo animale, che le rende suscettibili all’influenza aviaria ad alta patogenicità, proprio come qualsiasi altro uccello».
L’infezione è più probabile si propaghi dove gli uccelli sono più a stretto contatto tra loro e, poiché gli uccelli migrano, il movimento della popolazione volatile può portare l’incidenza della malattia in nuove località. Durante le prime due settimane di maggio, negli Stati Uniti, sono state confermate morti di uccelli selvatici in 37 Stati federali. Quest’anno, il virus H5N1 – l’attuale ceppo di influenza aviaria – è altamente contagioso e molto probabilmente fatale per il pollame, se dovesse contrarlo.
Il virus del 2022 non ha ancora raggiunto i livelli dell’epidemia del 2015, quando oltre 30 milioni di polli morirono nel solo Stato dell’Iowa. Tuttavia, i dati aggiornati dell’USDA – il Dipartimento statunitense dell’agricoltura – indicano che, a livello nazionale, quasi 38 milioni di uccelli (in 179 allevamenti intensivi e 148 pollai da cortile) sono già stati infettati.
Una buona notizia è che la diffusione della malattia diminuisce con l’aumento delle temperature stagionali. Ma piuttosto che tirare un sospiro di sollievo collettivo, si dovrebbe fare il punto, ancora una volta, su come reagisce il modello industriale dell’agricoltura di fronte alle emergenze.
Ma il Governo dell’Iowa non è iper-vigile sull’influenza aviaria, poichè ha a che fare con gigantesche operazioni di confinamento – ritenute plausibili – su pollai intensivi di oltre 5 milioni di capi.
Il disastro colpirà più persone – agricoltori e consumatori – se un uccello su cinque milioni di capi viene infettato, perché tutti verranno completamente abbattuti: uno spreco immenso di animali anche non contagiati.
Questo potrebbe essere un buon momento per ripescare dal vecchio detto di “Non mettere tutte le uova nello stesso paniere”.
«La recente epidemia di HPAI – prosegue l’agricoltore – è solo uno dei motivi per cui continuo a sostenere l’idea che le persone, come me ed il cliente attento, dovrebbero continuare a procurarsi il cibo da coltivatori locali che allevano pollame e altri alimenti su scala ridotta, quando possibile. Questa è anche l’occasione per cui credo che dovremmo smettere di proteggere, sovvenzionare e incoraggiare il modello industriale per la produzione alimentare. Ci sono state almeno tre opportunità recenti per imparare la lezione di come i grandi modelli aziendali per la produzione alimentare gestiscono male le catastrofi – con la pandemia di COVID-19 e due focolai di influenza aviaria nell’ultimo decennio. Non so voi, ma non sento il bisogno di un’altra lezione del genere. Se mettessimo più persone sul territorio e promuovessimo e supportassimo operazioni diversificate su piccola scala, credo che ci sarebbero due risultati desiderabili: la stabilizzazione dei prezzi, unitamente all’approvvigionamento alimentare che risponderebbe in modo meno drammatico agli eventi catastrofici».
Non c’è alcun vantaggio se i prezzi vanno su e giù in risposta alla domanda e all’offerta percepite. Giocare con i prezzi non è né adeguato, né leale verso i consumatori. Eppure, questo è esattamente ciò che accade quando il profitto è l’obiettivo finale della produzione alimentare.
Quando i profitti monetari sono al centro dell’industria alimentare piuttosto che la produzione di cibo sano e di qualità, il nostro sistema alimentare è in equilibrio fallimentare quando si verificano tempi difficili. Quando gli interessi aziendali sono la forza trainante nella produzione alimentare piuttosto che il prezzo equo per i prodotti commestibili prodotti da persone che si prendono cura della terra e delle loro comunità, è più probabile che gli eventi estremi creino ancora più scompiglio di quanto non abbiano già fatto con l’epidemia di aviaria.
Insieme all’infuenza aviaria, in Europa da alcuni anni circola anche la peste africana suina, recentemente giunta anche in Italia. A trasmetterla ai suini domestici sono i cinghiali, ma non si trasmette all’essere umano. Come per il pollame, sono a rischio centinaia di migliaia di animali, che allo stesso modo dei polli, una volta infettato anche un solo capo di un allevamento, verranno tutti abbattuti.
Insieme all’influenza aviaria
Sabato, 21 maggio 2022 – n° 21/2022
In copertina: gallina bianca varietà statunitense Rhode Island – Foto: Steven Johnson CC BY 2.0