giovedì, Novembre 21, 2024

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Iran: esecuzioni e avvelenamenti

Non si fermano le violenze del regime degli Ayatollah

di Nancy Drew

Secondo Amnesty International e l’Abdorrahman Boroumand Center – organizzazione locale per i diritti umani – in Iran si sta attuando una raccapricciante serie di esecuzioni con un uso crescente della pena di morte contro le minoranze etniche, già ampiamente perseguitate anche prima delle rivolte popolari che vanno avanti da oltre cinque mesi.

“Le autorità iraniane hanno giustiziato almeno un arabo Ahwazi, 14 Curdi e 13 Beluci, a seguito di processi gravemente iniqui, e hanno condannato a morte almeno una dozzina di altri dall’inizio dell’anno, segnando un’agghiacciante escalation nell’uso della pena di morte come strumento di repressione contro le minoranze etniche”– riporta Amnesty International.

Rispetto a gennaio e febbraio del 2022, negli stessi mesi del 2023 le esecuzioni capitali, che seguono abusi sessuali, gravi torture e processi fasulli, sono notevolmente aumentate, 94 persone in totale.

Questa violenta e fervente attività giudiziaria da parte del regime degli Ayatollah, è una strategia per intimorire la popolazione e i manifestanti e tentare di sedare il dissenso popolare, che al contrario, coraggiosamente, non si placa

Il 20 febbraio, Hassan Abyat, un uomo arabo Ahwazi, è stato giustiziato nella prigione di Sepidar nella provincia di Khuzestan, mentre Arash (Sarkawt) Ahmadi, un uomo curdo, è stato giustiziato il 22 febbraio nella prigione di Dizel Abad nella provincia di Kermanshah. Amnesty International riferisce che, dopo il loro arresto, gli inquirenti hanno sottoposto entrambi gli uomini a torture e altri maltrattamenti, costringendoli a “confessare”. Le loro confessioni forzate sono state trasmesse dai media statali in violazione del diritto alla presunzione di innocenza e nel tentativo delle autorità di denigrarli e giustificare le loro esecuzioni. A loro è stato inoltre negato l’accesso alla rappresentanza legale e sono stati giustiziati in segreto, senza alcuna visita finale o preavviso alle loro famiglie.

Dei 28 membri di minoranze giustiziati nel 2023, 19 sono stati condannati per reati legati alla droga, sette per omicidio e due per accuse generiche e vagamente formulate di “diffusione della corruzione sulla terra” – Efsad-e fel arz – e/o “inimicizia contro Dio” – Moharebeh – che non soddisfano il principio di legalità della legge coranica.

«È straziante che le esecuzioni avvengano abitualmente in mezzo all’uso sistematico di ‘confessioni’ contaminate dalla tortura per condannare gli imputati in processi gravemente iniqui. Il mondo deve agire ora per fare pressione sulle autorità iraniane affinché stabiliscano una moratoria ufficiale sulle esecuzioni, annullino condanne ingiuste e condanne a morte e ritirino tutte le accuse relative alla partecipazione pacifica alle proteste» – ha affermato Diana Eltahawy, vicedirettore regionale di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa settentrionale.

Genitori fuori da una scuola di Teheran in attesa dei figli

Il deterrente del regime iraniano per convincere a fermare le proteste della parte femminile della società, che a capo scoperto sventolano i loro jihab contro le politiche islamiste, non è meno violento delle torture e dei processi farsa nei confronti dei cittadini maschi: anche le donne vengono arrestate, stuprate, torturate e condannate e detenute nei super carceri della Repubblica islamica.

Da qualche mese nelle scuole femminili iraniane, anche primarie, ci sono attacchi terroristici – organizzati in più scuole nello stesso giorno – con sostanze chimiche e gas velenosi. Quando scatta l’allarme sanitario per gli avvelenamenti, nelle scuole intervengono squadre di basij – la forza paramilitare che affianca le Guardie islamiche rivoluzionarie del regime e che da esse riceve ordini. Gli istituti scolastici vengono sigillati dall’interno e nessuno può uscire, né entrare; le studentesse e le bambine vengono costrette a rimanere al chiuso, mentre i genitori giunti in loco urlano fuori dai cancelli per avere notizie delle loro figlie e le ambulanze attendono di prestare il soccorso.

Le autorità parlano di azioni di fanatici islamisti, ma dall’esperienza dei mesi di rivolta popolare di truci violenze perpetrate dal regime sui manifestanti, le giustificazioni ufficiali sono davvero poco convincenti. Del resto, loro stessi sono fanatici della Shari’a.

Numerosi gli avvelenamenti che necessitano di ricovero ospedaliero, con alcune studentesse decedute.

«Il regime non vuole più che le ragazze siano istruite. Lo studio è la più grande minaccia contro la Repubblica islamica perché poi non possono più manipolarti» – sostiene la campionessa iraniana di arrampicata libera, Nasim Eshqi.

Sabato, 4 marzo 2023 – n°9/2023

In copertina: un murale ritrae l’Ayatollah Khamenei – Foto: Sonia Sevilla – CC BY-SA 3.0

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