Equilibrio precario post-elettorale e dissenso dei partiti perdenti
di Laura Sestini
La notte del 7 novembre tre droni esplosivi hanno preso di mira la residenza del neo-premier iracheno Mustafa al-Kadhimi, entro la Green Zone della capitale Baghdad. Secondo fonti governative, due degli armamenti a comando remoto sono stati abbattuti dal servizio di sicurezza, mentre un terzo sarebbe riuscito a giungere a destinazione senza centrare l’obiettivo principale, ma ferendo diversi agenti di sicurezza.
Nei giorni antecedenti all’attentato c’erano state grandi manifestazioni a Baghdad, con scontri armati tra reparti di sicurezza e alcuni gruppi sciiti dell’Alleanza al-Fatah legati all’Iran – il cui leader è Hadi al-Amiri – che hanno perduto consensi alle elezioni. Per i conflitti consumatisi nelle strade si contano oltre 120 feriti e quattro morti.
I movimenti politici sciiti iracheni hanno bracci armati costituitisi durante la guerra di difesa dall’Isis – le PMU, Popular mobilization units – di cui molti gruppi non hanno ancora deposto le armi e non vogliono cedere il potere acquisito dal 2014 – nonostante si tentino accordi per accorparli nell’esercito iracheno. Il tipo di droni utilizzato è al momento l’unico dettaglio che potrà condurre ai presunti ‘sicari’, le cui prime supposizioni convergono proprio verso questo tipo di milizie.
Al contrario il partito di corrente sciita di Moqtada al-Sadr, uscito vincitore alle elezioni – che ha visto aumentare i propri seggi da 54 a 73 – negli ultimi anni si è allontanato dall’Iran, Paese che ha grandi interessi in Iraq, e già accusato di essere troppo vicino all’Occidente.
Al-Kadhimi ha personalmente annunciato di non aver subito danni fisici, mentre gli Stati Uniti hanno condannato l’atto terroristico, e dall’Iran si sono dissociati dall’accaduto i vertici militari.
Cosa denota l’attacco terroristico contro il Premier al-Kadhimi? Di fatto che le elezioni non hanno soddisfatto le attese dei partiti storici, subito entrati in contrasto con il nuovo Governo anche al di fuori delle sedi parlamentari. Inoltre, dettaglio elettorale non da poco, è stata la bassa affluenza alle urne, ufficialmente solo del 36% con ampie convinzioni che la percentuale degli elettori sia stata anche inferiore, nonostante Stati Uniti ed Unione Europea abbiano sostenuto con finanziamenti, pubblicità pro-voto e numerosissimi osservatori internazionali l’andamento della tornata elettorale. Alla base delle contestazioni, i partiti di opposizione chiedono un nuovo conteggio dei voti. Il più basso numero di votanti nella storia della giovane democrazia irachena.
Durante tutta la campagna elettorale, la popolazione – soprattutto le centinaia di migliaia di giovani scesi nelle piazze di più città nella ‘Rivoluzione di ottobre’ del 2019 – aveva palesato propria disillusione e la scarsa credibilità nella politica irachena, la denuncia dell’ingente corruzione, ed annunciato il boicottaggio del voto, nonostante proprio le manifestazioni avessero ottenuto le dimissioni del Premier Adil Abdul-Mahdi, a maggio 2020, un veloce rimpasto di governo e le elezioni anticipate.
E se chi ha guadagnato maggiormente dalla scarsa affluenza al voto sono proprio i partiti maggiori, come nel caso del partito di maggioranza Moqtada al-Sadr, l’altra faccia della medaglia, assolutamente inaspettata, sono i numerosi seggi guadagnati dai movimenti di protesta giovanili delle manifestazioni popolari che hanno infiammato il Paese fin dal 2018.
Un esempio è Imtidad, un partito nato dall’occupazione delle piazze della città di Nassiriya, guidato dall’organizzatore della protesta Alaa al-Rikabi, che ha conquistato nove seggi, mentre personalmente Rikabi ha ricevuto il terzo maggior numero di voti come singolo candidato. Anche altri gruppi ispirati dalla protesta – nonostante non tutti abbiano confluito sulle stesse istanze in campagna elettorale – hanno ottenuto ottimi risultati, tale il Movimento ‘Nuova Generazione‘, nato a Sulaimaniyah dalle proteste nella Regione autonoma del Kurdistan, i quali giovani soffrono dello stesso malessere dei coetanei iracheni, con nove seggi, e sei per Ishraqat Qanoon.
Inoltre, molti attivisti hanno corso come indipendenti e nel Parlamento iracheno attuale ci sono numerosi partiti uni-seggio.
In totale i nuovi partiti alternativi generatisi entro la società civile irachena hanno ottenuto 40 seggi su 329, tra cui alcune giovanissime donne. Una svolta importante dal punto di vista di un possibile cambiamento della settaria politica del Paese, verso un’apertura più democratica ed inclusiva, che non avrà però strada facile, visti anche i presupposti di violenza che continuano a prendere di mira gli attivisti che hanno animato piazza Tahrir a Baghdad e le altre città nelle manifestazioni 2018/2019 – e non hanno lasciato da parte neanche al-Khadimi. Un movimento di protesta popolare non violento iniziato nel 2011, che ha unito insegnanti, intellettuali, sindacalisti, avvocati, studenti, gli ambientalisti, le donne dei movimenti femminili, che chiedono la fine della corruzione, servizi, lavoro, politiche di genere e diritti civili, oltre a contestare le ingerenze straniere di Iran e Stati Uniti.
Il Paese vive principalmente dei proventi del petrolio, di cui è ricco, ma non ha capacità di fornire energia elettrica continuativa a tutti i cittadini – considerando le temperature che si raggiungono nella lunga stagione calda del Paese mediorientale – né adeguate politiche giovanili per il lavoro o l’istruzione, per i due terzi della popolazione entro i 25 anni. Questo accade per le politiche settarie e le alleanze di convenienza che si spartiscono interessi di quartiere a danno dell’ intera società, le stesse che ancora reprimono, rapiscono, uccidono arbitrariamente chi ambisce ad una società irachena più libera ed egualitaria.
Le nuove forze politiche salite in Parlamento dalla società civile non perseguono omogeneamente gli stessi obiettivi, ciò diverrà il vero tallone di Achille se non riusciranno a trovare motivazioni per stringere alleanze tra loro e non farsi schiacciare da chi ha interesse a non cambiare direzione e clientelismi, o peggiore, scomparire politicamente entro i quattro anni di legislatura. La maggioranza degli eletti non ha esperienze politiche articolate, oltre alla poca esperienza di vita per età anagrafica. Saranno più forti gli ideali democratici dei giovani o la potenza politica – anche armata – di chi ha governato per quasi due decadi?
I giovani – oltre ad essere numericamente la maggior parte dei cittadini iracheni – hanno dimostrato di non avere paura, soprattutto in una società dove non si vede futuro si ha poco da perdere, a parte la propria vita. Dall’altra parte gli interessi in campo non sono solo dei partiti tradizionali di corrente religiosa – Sciiti e Sunniti – bensì l’Iraq è campo neutro di gioco per Stati Uniti ed Iran, ai cui territori del Nord si aggiunge la Turchia con velleità di espansionismo territoriale e conflitto anti-PKK. Forse il pericolo più grande per tutti – per la stabilità del Paese – è proprio l’interesse in loco degli attori stranieri, indifferenti alle condizioni in cui vivono Iracheni e Curdi.
Aggiornamento al 1/12/2021: a 45 giorni dalla data delle elezioni, dopo una lunga e controversa procedura di nuovo conteggio dei voti, per cui i partiti di opposizione filo-iraniani erano scesi violentemente in piazza per accuse di brogli, la Commissione elettorale irachena ha annunciato la vittoria definitiva del leader sciita Moqtada Sadr con 73 seggi su 329, con solo cinque seggi di scarto rispetto ai voti assegnatigli al primo spoglio delle schede.
Sull’argomento:
https://www.theblackcoffee.eu/liraq-al-voto-politico/
https://www.theblackcoffee.eu/in-kurdistan-iracheno-sinfiamma-la-protesta/
Sabato, 13 novembre 2021 – n° 42/2021
In copertina: una seduta del Parlamento iracheno – Tutte le foto pubblicate sono rilasciate dall’ufficio stampa del Governo al-Kadhimi