In mostra a Palazzo Blu di Pisa la collezione giapponese di Kazuo Nakamura
di Laura Sestini
Il registro espressivo di Keith Haring – classe 1958 – è semplice nelle forme e molto colorato nei toni. Le opere dell’artista statunitense vertono principalmente su questi primi due macro dettagli. Seppur i vivacissimi colori diano un senso di allegria, altrettanto detengono significati intrinseci, anche se Haring non accetterà mai questa limitazione. Allora anche il nero, o il non-colore bianco, andranno ad imprimere dei riferimenti precisi – per iconografie – evidenti nelle sue opere. Un esempio lampante ne è la collezione The Blueprint Drawings, un lavoro giovanile, 17 disegni in nero su fondo chiaro, che espongono la tragedia della guerra, la violenza, le dittature, l’idolatria politica.
Immaginare il giovane artista vagare da un treno all’altro della metropolitana newyorchese degli Anni ’70 per trovare spazi adatti a vivacizzare, incuriosire, ‘arredare’ la città sotterranea, è puro diletto per chi ama il Graffitismo, arte pregnante nelle grandi città del mondo, a tutte le latitudini.
Sono gli anni delle bande di quartiere, ritratti nel film ‘I guerrieri della notte’ – uscito nel 1979 – quando le notti newyorchesi si animano di personaggi antitetici ai lavoratori ed agli studenti che affollano i vagoni della metropolitana durante le ore diurne. Un mondo a sé rispetto alla ‘consuetudine’ – che si muove nei locali degli omosessuali, comunità a cui Haring appartiene con coming out in giovane età, o frequentati da musicisti, e nei rioni più a rischio sociale; tutti ambienti ricchi di fermenti e di ispirazioni artistiche.
La ‘carriera’ di Haring è rapida, tantoché nel 1982 tutti ne riconoscono già il tratto iconico – tra cani, bambini, fiori ed i famosissimi ‘omini’ – il Codice Haring. A soli 24 anni tiene la sua prima grande esposizione, al cui vernissage partecipano curiosi osservatori come l’artista Andy Warhol, padre della Pop Art, e altri famosi esponenti della pittura dell’epoca – quali Roy Lichtenstein, Robert Raushengerg e Sol LeWitt. Nello stesso anno la sua fama ha oltrepassato già i confini statunitensi e l’artista viene invitato in Giappone. L’esposizione di Palazzo Blu a Pisa -che comprende 170 opere – giunge in terra toscana grazie alla collaborazione con la Nakamura Keith Haring Collection, patrimonio personale del pittore nippo-canadese Kazuo Nakamura, che dimorano abitualmente nel museo dedicato all’artista, nella città di Hokuto in Giappone, ad un paio d’ore di auto dalla capitale Tokyo.
Le opere di Keith Haring, giovane definito ‘problematico’ per il suo atteggiamento fuori dai canoni della mentalità middle-class statunitense, uso a droghe ed ispirato da musiche psichedeliche care alla cultura Hippy, sono principalmente ‘Senza titolo’, mentre in contrapposizione le principali figure ricorrenti sono facilmente intelligibili nei messaggi da recepire. Egli giustifica da sé le opere – tracce pittoriche lasciate su spazi urbani casuali – come un’arte di cui tutti possono usufruire, che non ha confini né spiegazioni: «Definire la mia arte significa distruggerne lo scopo. L’unica definizione legittima è “definizione individuale”, l’interpretazione del singolo, una risposta unica e personale che può avere solo il valore di un’opinione. Nessuno sa quale sia il significato supremo del mio lavoro, perché non ve n’è alcuno. Non c’è idea. Non c’è definizione. Non significa niente. Esiste per essere compreso come risposta individuale.Questi contesti non sono solo per le persone che ‘capiscono’ l’arte: tutti, ovunque, possono farne esperienza. Sono universali e in grado di raggiungere ogni livello della vita. Ciascun organismo vivente risponde al proprio ambiente. L’arte è per tutti». (KH Diario, dicembre 1978)
Il Graffitismo è una ‘tecnica’ artistica estensione più contemporanea della Pop Art, quest’ultima espressione del boom economico degli Anni ’60 che porta nelle esposizioni gli oggetti di tutti i giorni, del neo-nato consumismo, come le comuni zuppe in scatola Campbell’s per cui Andy Warhol diviene famoso, replicate a grandi numeri in parallelo alle catene di montaggio.
Ma mentre la Pop Art di Warhol e di altri esponenti a lui contemporanei mistificano la società dei consumi trasferita nelle gallerie d’arte, ecco che ciò contrasta totalmente con il messaggio-non messaggio di Keith Haring – e della maggioranza dei writers odierni, in virtù della fruizione gratuita dell’arte per tutti – che fa bella mostra di sé attraverso grandi murales sulle facciate dei palazzi, lungo i binari della ferrovia underground o terrestre, colora i ponti dei viadotti.
Considerate dalla critica come opere ‘politiche’, ma trattandosi essenzialmente di questioni globali – seppur sia asserzione di Haring che ognuno possa interpretarle individualmente – la visione è eventualmente di matrice più socialista piuttosto che liberista; o di intuitiva previsione sul futuro, come il grande ‘Tuttomondo’ sulla parete laterale del Convento di Sant’Antonio a Pisa – un gigantesco intreccio di ‘omini’ tutti collegati tra loro.
Tra i writers attualmente più celebri possiamo senz’altro citare il britannico Banksy, genio di sensibilità pittorica, ed estremamente efficace nel messaggio di denuncia politica sulle questioni globali contemporanee.
Keith Haring perirà nel 1990, a soli 31 anni, a causa del virus dell’Aids – mostro ancora poco conosciuto quando lui negli anni ’80 lo contrae – di cui divenne paladino per una adeguata informazione, aderendo all’organizzazione AIDS Coalition to Unleash Power(ACT UP), per richiamare l’attenzione sulle vite dei malati.
«I didn’t stop having sex, but had safe sex or what was considered and understood to be safe sex at that point. But by 1985, AIDS had changed New York.- Trad. Non smisi di fare sesso, ma stavolta lo praticavo in maniera sicura o, perlomeno, in una maniera considerata sicura a quel tempo. Ciò malgrado, nel 1985 l’AIDS aveva cambiato New York».
La malattia si ripercuoterà sulla sua espressione pittorica, portando Haring a sperimentare anche un differente registro di stile, come nella serie Apocalypse del 1988, in collaborazione con lo scrittore-pittore beat William Burroughs.
Keith Haring lascia ai posteri un grande patrimonio artistico, con numerosi murales – opere pubbliche commissionate da enti locali e centri d’arte in molte città del mondo – a disposizione di tutti coloro che ne vogliono gratuitamente ed individualmente beneficiare nel messaggio.
La mostra è in corso a Palazzo Blu – Palazzo d’arte e cultura Fondazione Palazzo Blu – Lungarno Gambacorti, 9 – Pisa.
Fino al 17 aprile 2022
KEITH HARING
Curatrice: Kaoru Yanase
Con il patrocinio del Ministero della Cultura; Regione Toscana; Comune di Pisa
Organizzazione: Fondazione Pisa; MondoMostre
Con la collaborazione di Nakamura Keith Haring Collection
www.mondomostre.it www.palazzoblu.it/mostraharing
Sabato, 18 dicembre 2021 – n°46/2021
In copertina: Ignorance=Fear, Silence=Death (1989) . Per tutte le immagini: Courtesy of Nakamura Keith Haring Collection © Keith Haring Foundation