domenica, Dicembre 22, 2024

Cultura, Teatro & Spettacolo

Kilowatt Festival, 24 luglio 2020

Grano, polvere e scotch

di Simona Maria Frigerio

La felicità è una fiaba, l’infelicità un romanzo“, ha scritto Haruki Murakami. E difatti è improbabile che una narrazione possa scorrere oltre l’happy ending

A tentare la difficile impresa, il Teatro delle Ariette – ospite a Kilowatt Festival – che, con Trent’anni di grano, racconta una stagione di lavori agricoli, piccole avventure, sogni e ricordi, ove è centrale l’esperienza nel suo compiersi ma anche la ripetizione di quel gesto (dallo sgranare una spiga al preparare la conserva) che è appartenuto a una madre o a una nonna, ma affonda le sue radici nell’humus di un’umanità alla quale tutti apparteniamo. È difficile in questi tempi di massificazione dei bisogni, di omologazione dei desideri, di tempi dettati da una produzione e un consumo imposti più che necessari, comprendere e ricomprendere i tempi della natura, legati alle stagioni e ai loro lavori, al tempo atmosferico e alle sue bizze. Ci sarà chi taccerà di retorico un discorso piccolo come quello di Paola Berselli e Stefano Pasquini (coadiuvati da Maurizio Ferraresi), forse per invidia o forse perché se non si cavalca l’onda veemente del capitalismo – abbracciandone tempi, modi e valori – non si è più nessuno. Chi sceglie il grano, invece del denaro (come ricorda ironicamente Stefano, anche quello ‘grano’), l’onestà con se stessi e un proprio percorso di vita e lavoro, pare fuori dal tempo. Eppure, come tanti anni fa m’insegnò un’amica, Nadia, a un certo punto dell’esistenza la chance migliore che possiamo avere è il poter scegliere tra tempo e denaro. Perché il primo, rispetto al secondo, non si possiede né si può recuperare. L’attimo fuggente che le Ariette hanno rubato ai diktat di questa nostra deriva verso l’oblio è un dono prezioso – per loro e per noi. 

A seguire Polvere – firmato da Collettivo Superstite – una performance giocata sulla gestualità e l’interazione tra i due protagonisti. La polvere come segno che permette un certo numero di scambi fisici, azioni, forse il dispiegarsi di una narrazione non verbale. La polvere che, lentamente, copre e soffoca la vita – polvere come passare del tempo, inaridirsi dei sensi, disaffezione alla vita, ma anche desertificazione in atto verrebbe da pensare. Un discorso che dall’individuale può farsi collettivo. Finale interessante, ma ancora da affinare nel suo svolgersi – dove non sempre il gesto e l’interazione hanno quella pregnanza e consequenzialità che danno senso e valore a una narrazione non verbale. 

In chiusura di serata, Eve #2, di e con Filippo Michelangelo Ceredi (allestimento scenico di Adriana Renna, allestimento sonoro di Maurizio Pini) – spettacolo ideato per la Biennale Teatro Atto IV Nascondi(no). Lui stacca lo scotch da terra, corre in quadrato (non in cerchio perché, forse, troppo abusato), spazza con cura, mangia una banana, lava il palco col mocio, pulisce la parete di fondo (quest’ultima, il personaggio più significativo della performance, come avrebbe predetto E. G. Craig), si erge dietro alla stessa, dorme, cammina, gioca a basket con un cesto e una palla immaginari, scoccia il pavimento e ricomincia daccapo. Ora, a prescindere dall’unico segno che, grazie soprattutto all’uso dell’illuminazione della parete di fondo, oltre che al disegno sonoro, rimanda a un significato (il duce, o il dittatore di turno, al balcone), per il resto sorge spontaneo domandarsi perché. In tempi talmente difficili, se l’arte non sa andare oltre la propria autoreferenzialità, ci si domanda davvero a cosa serva. Laddove il teatro borghese assopisce la mente, questo teatro sembra rinnegarne addirittura il valore – sprofondandoci in una sensazione di vuoto. 

Gli spettacoli sono andati in scena a Kilowatt Festival 2020:
Sansepolcro, varie location

venerdì 24 luglio, ore 19.30
Cortile delle Laudi
Teatro delle Ariette presenta:
Trent’anni di grano
ore 22.10
Chiostro di San Francesco
Collettivo Superstite presenta:
Polvere
ore 22.45
Chiostro di Santa Chiara 
Eve #2
di e con Filippo Michelangelo Ceredi

In copertina: Sansepolcro, la statua di Piero della Francesca. Foto di Simona Maria Frigerio.

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