I 10 Mondi e il loro mutuo possesso, e le nove coscienze
di Elisa Ciulli
Secondo il buddismo gli stati vitali che possiamo sperimentare sono 10:
- L’inferno, che è la sofferenza più nera
- L’avidità, il desiderare e mai essere soddisfatti
- L’animalità, vivere come gli animali cioè in base all’istinto
- La collera che è l’arroganza, il sentirsi superiori agli altri e il desiderio intrinseco di schiacciarli, anche se si manifesta a volte con una falsa benevolenza
- La tranquillità o umanità, lo stato vitale di chi vive sulla base della ragione
- L’estasi, la felicità che si sperimenta quando si realizza un desiderio o si risolve un problema, e proprio per questo è temporanea
- Lo studio, lo stato vitale delle persone che studiano, quindi la soddisfazione della conoscenza
- L’illuminazione parziale che è la capacità di inventare o di creare qualcosa
- Bodhisattva che è lo stato vitale di chi si dedica agli altri, il sentirsi felici rendendo gli altri un pochino più felici
- La Buddità, la felicità assoluta, ovvero che non dipende dall’aver realizzato qualcosa che per noi è importante, ma come la gioia inerente alla vita indipendentemente dalla situazione che attraversiamo; si manifesta anch’esso come lo stato di bodhisattva ma in più è la percezione di sentirsi parte di un qualcosa di grande e di unico.
La cosa bella dei 10 mondi è che ognuno possiede gli altri nove quindi per “salire” alla Buddità non c’è bisogno di partire dal primo e scalare tutti i nove mondi. Anche dalla condizione più bassa dell’inferno si può arrivare a sperimentare lo stato vitale della Buddità che oltre ad essere uno stato vitale è anche una coscienza, la nona, la più profonda e la più pura, attivando la quale si può illuminare le altre 8 così composte:
Le prime cinque sono i cinque sensi: vista, udito, olfatto, gusto e tatto.
La sesta coscienza è quella che le collega e ci permette in base a ciò che si è visto, sentito, toccato eccetera, di elaborare un pensiero.
La settima coscienza è la sede del pensiero astratto, la capacità di capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; è comunque indipendente dagli stimoli sensoriali, ed è la capacità di riflettere e di percepirsi separati dagli altri.
L’ottava coscienza è detta anche coscienza magazzino o karma, e in essa risiedono tutte le azioni da noi compiute sia a livello mentale che verbale che fisico.
La moderna psicologia la chiamerebbe la sede dell’inconscio, e, mentre nella settima coscienza risiede la paura della morte, l’ottava coscienza è ciò che secondo il Buddismo rimane nel momento in cui moriamo.
Le esperienze di premorte sembra che risiedano proprio tra la settima e l’ottava coscienza.
Ecco, nel momento in cui, attraverso, o forse è proprio il caso di dire, grazie alla sofferenza dell’inferno, riusciamo a toccare, mediante la recitazione di Nam myoho renge kyo, il decimo stato vitale che è la Buddità, riusciamo ad illuminare tutto ciò che è l’apparato che ci separa dal mondo esterno per arrivare a capire che alla fine non c’è nessuna separazione, ma che siamo parte del tutto.
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Sabato, 7 dicembre 2024 – Anno IV – n°49/2024
In copertina: immagine di Arek Socha/Pixabay