venerdì, Novembre 22, 2024

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La Bulgaria in mezzo al conflitto Ucraina – Russia

La guerra delle narrazioni

di Katya Libyahovska

Dall’inizio della sua storia moderna la Bulgaria si è sempre trovata a bilanciare tra l’Est e l’Ovest. Il paese è diventato membro della Nato nel 2004 e aderisce all’Unione Europea dal 2007, ma nonostante abbia cercato di integrare le politiche occidentali, non ha mai tagliato i fili che lo legano alla Russia. E mentre l’invasione russa sul territorio dell’Ucraina il 24 febbraio sembra aver unito l’Europa, lo stesso conflitto in Bulgaria ha risollevato polemiche sul corso della politica del Paese, dividendo il popolo in due frazioni storiche – “Filorussi” e “Russofobi”.

Le elezioni di dicembre sono state vinte da un partito liberalista e filoccidentale. Solo tre mesi dopo la sua entrata in carica, il nuovo Premier – Kiril Petkov si è trovato a prendere decisioni sulla questione Russia-Ucraina in un contesto politico molto complicato. Con l’inizio della guerra sono emerse delle forti tensioni all’interno del Governo.

Un giorno dopo l’attacco russo, il Premier ha chiesto le dimissioni del ministro della Difesa – Stefan Yanev, per aver definito il conflitto “operazione militare” (l’espressione utilizzata dal Governo russo). Inoltre, Yanev ha espresso la convinzione che la Bulgaria dovrebbe rimanere neutrale e non inviare armi all’Ucraina, altrimenti rischia di essere trascinata nel conflitto. La stessa posizione è sostenuta dal Presidente, Rumen Radev ed il Partito socialista, storicamente simpatizzante per Mosca, che si sono fermamente opposti all’assistenza militare.

Le idee del Primo Ministro si sono scontrate con quelle del Partito Socialista anche su un’altra fronte. Dall’inizio il BSP- Partito Socialista Bulgaro – assieme ad un piccolo partito di estrema destra – Vazrazhdane – Risorgimento – hanno deciso di non sostenere la dichiarazione parlamentare di condanna dell’invasione dell’Ucraina. Nonostante tale opposizione la maggioranza del Governo ha condannato l’aggressione russa, aderendo alle prime sanzioni adottate dai Paesi europei.

La Bulgaria però si trova in una situazione di forte dipendenza energetica. Nonostante i tentativi di diversificare, al giorno d’oggi la fornitura del gas è affidata quasi completamente alla Russia e inoltre, più della metà del petrolio utilizzato nel Paese è proprietà della compagnia russa Lukoil. Non avendo alternative di fornimento, per il Paese diventa impossibile partecipare alle sanzioni sul settore energetico. «Sosteniamo in pieno le sanzioni, ma non possiamo permetterci di fermare l’importazione di gas e petrolio» – ha spiegato Petkov in una delle conferenze stampa.

Dopo la visita del Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, a Sofia, ci sono state proteste da parte dei cittadini che si sono dichiarati contro l’assistenza militare da parte della Bulgaria. La manifestazione più significativa si è tenuta il 6 aprile sotto il nome: “Marcia nazionale per la pace e la neutralità”. Organizzata dal partito nazionalista Vazrazhdane la protesta intendeva occupare la piazza ogni giorno fino al 20 aprile. Secondo il leader di “Vazrazhdane” – Kostadin Kostadinov, i cittadini presenti alle proteste non erano solo i simpatizzanti del suo partito, tanti si sono uniti pur avendo diverso orientamento politico. In effetti, un sondaggio di Market Links ha rivelato che gli elettori contro l’assistenza militare sono il 67%.

Per il momento il Premier, Kiril Petkov ha dichiarato che non ha intenzione di inviare aiuti militari.

Con la guerra che è scoppiata non lontano dal territorio bulgaro, dentro il Paese c’è una specie di “guerra delle narrazioni”. L’Ucraina è senza dubbi vista come vittima di un’aggressione esterna, l’opinione pubblica però è divisa per quanto riguarda chi è il “vero aggressore”. Molti sostengono che gli atti di Putin sono stati provocati dall’espansione della Nato verso i Paesi confinanti alla Russia e che l’aggressore di cui non parla nessuno sono gli USA che hanno disposto le proprie basi militari (segreti e non) troppo vicino al territorio russo. Dopo aver attaccato un Paese che ospita circa 200 mila bulgari, Putin ha ancora l’approvazione da parte di 32% degli elettori in Bulgaria, secondo Alpha Research.

Intanto, i profughi ucraini entrati sul territorio bulgaro superano i 100 mila, di cui secondo gli ultimi dati più di 55 mila hanno deciso di rimanere con lo statuto di migranti. Il governo prevede 40 Lv (c.a. 20 EUR) per ogni ucraino ospitato nelle apposite strutture alberghiere – decisione vista ancora con disapprovazione da parte di una minoranza del popolo. I fondi vanno distribuiti ai gestori delle strutture.

Nonostante i conflitti interni si respira un’atmosfera di solidarietà verso un popolo fraterno che continua a farsi rispettare per la sua determinazione e patriottismo. Inoltre, molti datori di lavoro hanno già contattato i migranti, offrendogli un posto nella loro azienda. Grazie a questa collaborazione circa 1000 ucraini hanno firmato un contratto e già lavorano. Secondo il Governo i migranti inseriti nel mondo del lavoro sono delle risorse vitali che potrebbero essere di grande aiuto per il settore produttivo. Il Primo ministro conferma che ci sarebbe spazio per almeno 200 mila lavoratori. Si presenta, dunque, un’opportunità di salvare l’economia decadente del Paese.

Sabato, 23 aprile 2022 – n° 17/2022

In copertina: il Parlamento bulgaro – Foto: Anna Grachanlieva (tutti i diritti riservati)

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