Quando prevale la demagogia della convenienza
di Laura Sestini
Un vecchio proverbio toscano cita: << Cencio dice male di straccio >>.
Questo detto, di cui si potrà comprendere la metafora lungo la lettura, calza perfettamente ai comportamenti di Stati Uniti e Cina a proposito di libertà di stampa.
Certo, ben conoscendone la differente tipologia politica e governativa non si può mettere i due Stati sul piatto della bilancia tout-court, ma altrettanto non si può affermare quando si tratta di questioni cruciali entro i due Paesi e casi precisi contro la libertà di stampa.
Questi i fatti riguardanti la Cina: allo scoppio della pandemia, a gennaio 2020, il capoluogo dell’Hubei – la città di Wuhan – diviene l’epicentro della propagazione del virus che in breve tempo scaturisce centinaia di migliaia di positivi e numerosi decessi.
Ancor prima dell’allarme mondiale e il relativo lockdown del 23 gennaio 2020 decretato dalla Cina, ovvero durante le primissime settimane di sviluppo del virus, quando ancora non era ben chiaro cosa stesse succedendo, alcuni giornalisti cinesi e persone improvvisatesi tali denunciarono la drammatica situazione per le strade e negli ospedali colmi di persone contagiate, oltre alle violenze a cui erano sottoposte le famiglie dei pazienti affetti da Covid-19.
Tra le persone che girarono video, divulgandoli attraverso Youtube ed altri social media, l’ex avvocatessa Zhang Zhan si espose ripetutamente con i suoi reportage di citizen journalism ed infine, dopo aver subìto molte intimidazioni dalle autorità per farla desistere dai suoi intenti, fu arrestata a maggio 2020, processata a dicembre e condannata a quattro anni di detenzione per ‘instigazione di litigi, confusione, divulgazione di notizie false’ – accuse frequenti nei tribunali cinesi contro giornalisti, avvocati e dissidenti – nonché aver rilasciato interviste in malafede alla stampa straniera.
Alla vigilia dell’assegnazione dei Premi giornalistici di RSF – Reporters sans frontieres – Zhang Zhan è stata nominata al prestigioso riconoscimento per la libertà di stampa, per il suo coraggio ed il suo lavoro di reportage da Wuhan nelle prime settimane della pandemia.
Zhang Zhan non è la sola ad essere detenuta per aver divulgato ‘situazioni disdicevoli’ della sanità e delle autorità cinesi; come lei le altri giornalisti sono stati arrestati e stanno scontando le loro pene per essere stati le principali fonti di informazione indipendente sulla situazione sanitaria a Wuhan di quel momento.
Da molti mesi la donna porta avanti uno sciopero della fame nella prigione di Shangai: 38 anni, alta 1,77cm, ormai ridotta a 40 chili di peso, la famiglia ne richiede urgentemente il rilascio, ritenendola vicina alla morte. Dietro le sbarre la detenuta è stata più volte incatenata ed alimentata forzatamente – azione pericolosissima – mentre ci sono preoccupazioni che subisca ulteriori torture.
Alla luce delle critiche condizioni sanitarie di Zhang Zhan, il Dipartimento di Stato statunitense ha invitato il governo cinese a rilasciare immediatamente la donna, unitamente ad altre organizzazioni per i diritti umani. Il portavoce Ned Price riporta di aver più volte espresso la preoccupazione degli Stati Uniti per la natura arbitraria della detenzione e dei maltrattamenti nei confronti della detenuta.
Dall’altra parte del globo, a migliaia di chilometri dalla Cina, esattamente nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh a Londra, il detenuto Julian Assange è arbitrariamente detenuto dal 2019 dalle autorità britanniche, a seguito della richiesta di estradizione negli Stati Uniti – di cui si è svolta l’udienza d’appello il 27 ottobre e si è in attesa della sentenza dell’Alta Corte di Giustizia Britannica, prevista dai due giudici d’appello – Lord Ian Burnett e Lord Timothy Holroyde – tra 6/8 settimane.
Julian Assange, ormai 50enne, è un giornalista australiano – caso su cui il Paese natale fa scena muta – fondatore di Wiki Leaks, organizzazione che nel 2010 divulgò documenti statunitensi secretati riguardo i crimini compiuti sui civili nelle guerre in Afghanistan ed Iraq dalle forze anglo-statunitensi, ricevuti dalla ex militare statunitense Chelsea Manning. In sintesi gli Stati Uniti sono dieci anni che inseguono Assange per poterlo giudicare nei propri tribunali per la divulgazione del materiale sensibile che li riguarda molto da vicino, che ha scoperto disdicevoli verità sulla più grande democrazia al mondo.
Accolto con asilo politico nell’ambasciata equadoregna londinese nel 2012, Assange è rimasto ‘confinato’ nel perimetro dell’edificio fino al 2019, quando al cambio presidenziale in Equador si diede il consenso alle autorità britanniche di entrare straordinariamente nell’ambasciata per trarlo in arresto. Se estradato negli Usa e condannato, il giornalista rischia 175 anni di detenzione, in base all’Espionage Act.
La comparazione delle vicende dei due giornalisti – in Cina e nella persecuzione degli Stati Uniti nei confronti di Assange hanno già svelato la metafora iniziale “ Cencio dice male di straccio”.
Qualora non fosse totalmente comprensibile, a causa dei toscanissimi vocaboli, non vi lasceremo senza svelarne il significato. Nel dizionario toscano ‘cencio’ e ‘straccio’ sono sinonimi dello stesso oggetto, ovvero un panno di cotone più o meno consistente usato per lavare i pavimenti, o più genericamente per fare pulizie.
“Cencio dice male di straccio” si cita quando qualcuno parla male di un’altra persona, o situazione, ma farebbe meglio a pensare ai propri difetti – alle proprie azioni – identici a quelli di chi viene criticato.
Sull’argomento:
https://www.theblackcoffee.eu/julian-assange-rimane-detenuto-alla-belmarsh-prison-di-londra/
https://www.theblackcoffee.eu/il-giornalismo-si-e-dimenticato-di-julian-assange/
Sabato, 13 novembre 2021 – n° 42/2021
In copertina: Zhang Zhan – Foto da Youtube