lunedì, Dicembre 23, 2024

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La repressione in Nicaragua

Ortega dalla rivoluzione alla dittatura 

di Elio Sgandurra

Il Nicaragua, la piccola Repubblica dell’America centrale – circa 7 milioni di abitanti – si è ormai avviato verso un regime dittatoriale. Sono forse ritornati i Somoza, la famiglia che tenne il potere dal 1936 al ’79 con l’aiuto degli Stati Uniti? Per niente: adesso comanda Daniel Ortega, il capo del Fronte rivoluzionario sandinista, che dopo una sanguinosa guerriglia, cacciò i Somoza e riportò la democrazia nel Paese.

Oggi Ortega è il presidente, la moglie Rosaria Murillo la vice, il capo della polizia è il cognato Francisco Diaz, mentre altri parenti occupano i posti chiave del Paese – dalle stazioni televisive alle società commerciali e finanziarie. A novembre ci saranno le elezioni e l’intera famiglia si è già premunita per ottenere la vittoria. Sono già agli arresti i leader dell’opposizione di destra e di sinistra con l’accusa di aver complottato contro la sovranità del Nicaragua. In carcere anche Maria Tellez, compagna di lotta ai tempi della rivoluzione e oggi leader del Partito di Unione Democratica che si batte contro il regime. La repressione è rivolta anche contro le manifestazioni di protesta per i bassi salari, le pensioni ridotte, la corruzione. La polizia interviene sempre con estrema durezza e già nel 2018 sparò sulla folla uccidendo un centinaio di persone.

Sono passate decine di anni da quando la rivoluzione sandinista veniva sostenuta all’estero, anche in Italia, dalle sinistre e soprattutto dai giovani. Era giovane anche Ortega quando – appena compiuti gli studi presso i Gesuiti di Managua – fondò con altri ex studenti il movimento sandinista che prese il nome da Cesar Sandino, l’eroe nazionale distintosi nella lotta contro gli americani che occupavano il Paese e ucciso nel 1936 su ordine di Anastasio Somoza Garcia.  Il giovane rivoluzionario si dette alla macchia dopo che sotto il potere dell’erede di quel dittatore – Anastasio Somoza Debayle – vennero arrestati i genitori e ucciso il fratello. Riuscì a raggiungere la Cuba di Fidel Castro dove poté seguire corsi di guerriglia. Rientrato in Nicaragua guidò la  rivoluzione con l’appoggio di gran parte dei nicaraguegni.

Al potere nel ’79, Ortega avviò veramente il Paese verso la democrazia, nonostante i grandi problemi economici lasciati dai Somoza, le immediate sanzioni degli Stati Uniti, la guerriglia dei contras sovvenzionata e armata dalla CIA.  Con la fine vittoriosa della lotta armata, nel 1984 vinse le elezioni presidenziali svoltesi regolarmente e lanciò un piano di riforme nell’agricoltura e nella ricostruzione del Paese. Inoltre proclamò l’amnistia verso gli ex-somozisti e i contras imprigionati.

Non seguì quindi gli sviluppi antidemocratici del regime cubano dal quale era stato aiutato. Alle elezioni successive vinse il partito di destra e il passaggio dei poteri avvenne senza traumi. Fu rieletto presidente nel 2007, ma da allora è rimasto al potere e se l’è tenuto ben stretto con i sistemi ben noti. Se non fosse per la drammaticità della situazione, verrebbe voglia di fare un paragone col film di Woody Allen – del 1971- ‘Il dittatore dello Stato libero di Bananas’.

Sabato, 19 giugno 2021 – n°21/2021

In copertina: manifestazioni popolari contro il carovita e la corruzione – Foto da account Twitter nicaraguegno

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