…. cosa c’è sotto il poker di larve?
di Samanta Giannini
Orbene, poiché in molti mi stavano chiedendo maggiori lumi su questa faccenducola degli insetti a tavola, poiché come al solito il mio cervello viaggia su binari tutti suoi, con orari tutti suoi e con destinazioni tutte sue un po’ come le ferrovie in Italia…… una serie di strani pensieri mi hanno pervaso per giorni; chi meglio di un ottimo e stimatissimo psichiatra avrebbe mai potuto aiutarmi ?
Mi ritengo una donna molto fortunata, alcuni mesi fa Mario, accademicamente conosciuto come “IL” Dottor Mario Betti, mi regalò il suo ultimo libro: “Entomia – Anime animali e trasformazione del Sé” (Ed. Alpes); 400 pagine di cultura medico psichiatrica da un lato e di una cultura generale, arguzia, conoscenza profonda e rara, (rarissima) intelligenza, dall’altro.
Durante una casuale (il caso esiste?) passeggiata, tra i monti dietro casa, che mi ero trovata a fare con lui, già gli avevo accennato qualcosa sulle mie folli elucubrazioni mentali; odio scarpinare su per i poggi, ma che dire? Potevo non farlo in compagnia di Mario? No, e così l’ho fatto.
Beh, quale era il mio cruccio, il mio dubbio amletico ?
Perché questa nostra ipercomunicativa società si ostinava e si ostina e forse si ostinerà ancora di più, a propinarci le cavallette come cibo alternativo, quando invece la Comunité Européenne di fatto ha dato, oramai mesi fa, il via libera alle danze culinarie a base di larve e ci fa ben sperare anche per l’utilizzo dei simpatici, “scarrafoni” che solo a Napoli “sono bell’ ‘a mamma soja“?
Alla fine del mezzo giro dei colli termali mi dice: «E’ interessante. Chiamami che ne parliamo meglio».
Ci incontriamo nel suo studio, un sabato mattina di questo bel “Maggembre” 2023, ci sediamo ed esordisce con: «Dimmi, ora cosa ti è venuto in mente?»
Dottore caro mi spieghi perché c’è questa ritrosia nel pubblicizzare – come invece il “sistema” dovrebbe fare – l’altra faccia più o meno bronzea di questa entomofagia? Perché non si parla anche delle dolci larvette e degli scarafaggi?
Mario Betti (psichiatra): – Eh, cara mia, devi sapere che nell’inconscio collettivo, gli insetti come le larve, ma anche gli scarafaggi sia chiaro, risultano decisamente più repulsivi delle cavallette, delle quali possiamo parlare in un altro momento. Per questi due esserini – che nascono e vivono facendosi molto gli affari loro senza curarsi molto del giudizio dei bipedi – si attivano quei meccanismi del sistema nervoso legati all’emozione del disgusto, del ribrezzo e del disprezzo ad essi correlato. Le larve in particolare di qualsiasi genere siano, essendo associate di fatto alle larve di mosca, sono legate all’immagine dello sporco ed evocano un senso di sfaldamento e putrefazione.
Interessante! Si lega in qualche modo alla sensazione di morte? Ad un corpo in putrefazione?
M.B.: – Lorenzo Calvi, uno tra i più importanti esponenti della psichiatria fenomenologica ci spiega che, quando si pensa alla nostra corporeità dobbiamo distinguere tre aspetti. Il primo, il corpo inteso come oggetto materiale e fisico, qualcosa da cui mentalmente tendiamo a distaccarci; il secondo, il corpo come presenza vivente, ovvero il corpo che sentiamo, che viviamo, soggettivamente, personalmente con il quale siamo un tutt’uno. Il “Noi corpo” , il “Noi vita” quello che i tedeschi chiamano “Leib”; il terzo, quello che Calvi chiama corpo “Carne”, quella carne che noi soggettivamente, sentiamo “palpitare”, ma che è anche quella che vediamo disfarsi nel corpo oggettivo una volta perduta la sua vita. Un aspetto, questo, che fa da ponte tra i due estremi della corporeità, tra la vita e la morte, decisamente inconscio, ma esistente e che ci crea disagio, un disagio che non vogliamo sentire (ovviamente) e dal quale tendiamo a prendere le distanze. Mah, cara mia, è in verità un distanziarsi da noi.
Ah, perbacco Mario !
M.B.: – Eh, sì. Ecco, da questa sensazione si genera quell’aspetto affettivo che noi chiamiamo disgusto.
Interessante….
M.B.: – Sì, molto perché, parlandone specificatamente, nella larva è presente una forte contraddizione. Se da un lato ci riporta all’idea di sporco, di richiamo alla morte, come ti spiegavo prima, dall’altra parte, in verità, è vita chi si sta generando. La sua morbidezza repellente è al contempo il suo contrario, quindi molto attraente. La morbidezza degli stati larvali è attraente nella sua più classica delle ambivalenze, quella sessuale, che ondeggia tra attrazione e repulsione, rifiuto e desiderio. In questo caso specifico il desiderio fa paura perché evoca la morte”
E mentre lui parla io penso: “se è per questo il desiderio fa paura anche in amore, nevvero?” Ma di questo ne parleremo alla prossima puntata altrimenti lo mando fuori tema!
Mario avevo letto, nel tuo libro, il capitolo sul “disgusto” ed ora riesco a vederci molto più chiaro. Ma la piccola blatterina? Non è affatto morbida, ha il suo, seppur sottile, carapace e richiama tutto fuorché la morbidezza. Cosa di lei o in lei, fa scatenare il disgusto?
M.B.: – Anche la blatta evoca l’immagine dello sporco, ma più di questo evoca l’immagine terrifica della “contaminazione”.
Wow, fantastico ! Contaminazione era la parola che desideravo tanto.“Bingo” ! Quindi si può parlare di richiamo alla paura di morire?
M.B.: – Esatto! Non solo, mentre la larva è “morbidosa”, la blatta ha il carapace, ha la sua, seppur fine, corazza e scatena un altro sentimento ancora: la rabbia. Con il suo nascondersi negli anfratti, lontana dalla luce, con il suo apparire e scomparire anche frettolosamente, ci evidenzia un comportamento che agli esseri umani suscita disprezzo; un disprezzo che, bene o male, a tratti nella vita, tutti hanno provato come, ad esempio, per non essere stati accettati, per non essere stati ammirati, per non essere stati giudicati all’altezza, per essere stati rifiutati dall’altro da noi, dagli “attori sociali”, anche da quelli molto lontani dalle sfere strettamente affettive. Il più forte e dirompente: non essere stati AMATI.
Un bel effetto specchio, eh!!
M.B.: – Vedi, il non essere amati è la cosa che più di tutte genera profonda sofferenza.
A qualsiasi longitudine e latitudine della Terra ed a prescindere da ceto sociale, cultura, formazione, età o condizione psichiatrica. Vero?
M.B.: – Vero. Gli esseri umani rimuovono questa sensazione e per reazione tendono a scaricarla fuori dal proprio sé. Nel caso specifico della blatta questa cosa è molto evidente e difficilmente mascherabile; quando ne incrociamo una gli attribuiamo quel disprezzo e di conseguenza quella rabbia di cui abbiamo già parlato.
A cui spesso è associato l’atto violento di sopprimerla?
M.B.: – Sì. Ma non è la blatta in sé per sé a farci scattare il binomio rabbia-violenza, ma è la blatta che è dentro di noi, quella che consciamente né vogliamo sentire, né vogliamo vedere. In sintesi, rimuoviamo, riversando disagio, disgusto, disprezzo e rabbia verso questi poveri esserini. Ricordiamo Kafka e la sua “Metamorfosi”?
Ma perché Mario, ascoltandoti, sento così forte un legame tra ciò di cui mi stai parlando e questi ultimi tre anni? Perché per me è stato così istintivo collegare la fissazione dei media per questa nuova frontiera del cibo e ciò che è accaduto dal 2020 ad oggi?
M.B.: – L’idea di nutrirsi di alimenti provenienti dalle larve e dagli scarafaggi – per i quali si prospetta l’utilizzo al fine di ottenerne un latte alternativo – evoca come abbiamo pocanzi detto, sensazioni di fastidio, di repulsione, di fobia, di contaminazione e proprio quest’ultima è stata protagonista, è stata all’ordine del giorno in questi ultimi tre anni. Esacerbata, oserei dire, suscitando di conseguenza sensazioni di chiusura e di passività. La paura del contagio/contatto aumenta di fatto la possibilità di rendere più controllabili le persone. E’ un meccanismo chiaro, chiarissimo e molto conosciuto in psichiatria. Ti aggiungo che osservando con occhio clinico, si è proprio visto un appiattimento della particolarità soggettiva in virtù della regola oggettiva. La fobia del contagio stimola le persone a cercare regole e a consolidarle, per percepire meno la paura (della morte), per esorcizzarla.
Quindi a mettere in atto comportamenti ossessivo compulsivi?
M.B.: – Esattamente. Un paio di esempi su tutti: la rupofobia, ovvero la paura dello sporco, che genera un comportamento, appunto ossessivo compulsivo e che spesso sviluppa una vera e propria patologia e la ablutomania, o meglio la pulsione a lavarsi o lavare, in modo coatto, ripetitivo e continuativo.
Ricordiamo ancora (taluno/a anche con mal celata nostalgia) la Barbarella nazionale (D’Urso) e le sue “Lezioni di mano”! Ma, battute a parte, l’ablutomania si ritrova spesso come patologia collaterale nelle vittime di violenza, di stupro o mi sbaglio?
M.B.: – Non ti sbagli.
Riflettendo ad alta voce, mi sento di dire che la violenza subita ha molte facce e spesso, troppo spesso ha facce note, conosciute e di cui ci fidiamo o verso le quali siamo stati spinti a fidarci. E’ sulla scia che una nave lascia che si formano onde artificiali; se ci passi sopra con un gommone a tutta velocità non solo “t’enfracichi” tutto/a, ma il contraccolpo che prende il tuo adorato culetto è molto forte; più è grossa la nave, più veloce va…. più il colpo è duro e potenzialmente pericoloso, per la tua “spina dorsale”! Ma su questi aspetti magari approfondiremo un’altra volta. Chissà magari apriamo una rubrica: “Con me dallo psichiatra!”
M.B.: – L’argomento della violenza richiede maggior approfondimento ed oggi ci siamo ripromessi di analizzare gli insetti.
Si ma non ti sbagliare eh! Oggi parliamo solo di quelli “preferiti” dalla Comunità europea! Ed il perché siano così preferiti forse lo stiamo pure delineando bene! Ce ne sono molti altri che analizzi, valuti e riabiliti nel tuo libro. Avremo modo di parlare anche di quelli, in una chiave particolare, una di quelle che piacciono a me.
Dopo una fragorosa ma composta risata il mio caro Betti si congeda e mi saluta.
M.B.: – L’idea della rubrica potrebbe essere interessante ! Parliamone
Ed io qui mi illumino di immenso, sento i miei occhi uscire dalle orbite e brillare come Vega. Emozione, pura emozione. Mi sento onorata.
Mario non me lo dire due volte che poi lo sai, lo faccio eh! Organizziamoci.
M.B.: – Ci organizziamo.
Dottore, tornando al nostro argomento primario, mi viene da farti questa domanda. Non è che questa “strambata” sulle cavallette (e non sulle larve o sugli scarafaggi ) è stata fatta di proposito?
Qui Mario mi interrompe per chiedermi qualcosa.
M.B.: – Strambata? Cosa intendi?
Si “strambata” in senso stretto; in gergo velistico sarebbe la “manovra per cambiare la direzione della tavola rispetto al vento”…..e se ti dico questo, tu comprendi. Ecco questa “manovra” potrebbe avere una sua motivazione?
M.B.: – Ce la potrebbe avere, sì! Tu apri la rubrica che ne riparliamo.
Mario Betti è medico psichiatra, responsabile dell’Unità Funzionale Salute Mentale Adulti della Valle del Serchio, nell’Azienda USL Toscana Nord Ovest.
Sabato, 20 maggio 2023 – n°20/2023
In copertina: foto di Erwin/Pixabay