Come adattarsi al mare che avanza
di Giuseppe Gallelli
Enzo Pranzini, professore di Dinamica e difesa dei litorali all’Università di Firenze e autore di centinaia di pubblicazioni su questo tema, nel suo libro “La strategia di Noè. Come adattarsi al mare che avanza” ci offre chiare informazioni su quanto è stato costruito di dannoso sulle nostre coste e sulle nostre pianure e luoghi montani, non solo a livello ambientale ma anche a livello strategico, indicandoci le azioni da pianificare e mettere in atto per evitare la ripercussione dell’innalzamento del mare sulle spiagge e nell’entroterra, a causa del riscaldamento globale.
Ci invita, quindi, a conoscere la situazione e le soluzioni migliori, e a realizzare le azioni necessarie, perché “il problema dell’erosione costiera e dell’innalzamento del livello marino non tocca solo chi vive sul bordo dell’acqua, e sarebbero già quasi un miliardo di persone, ma coinvolge, in modo diretto o indiretto, tutti gli abitanti di questo pianeta”.
Chiarisce il significato scientifico di erosione costiera: “Prima che l’innalzamento del livello del mare diventasse una forzante dell’evoluzione del paesaggio costiero [….] quando si parlava di erosione dei litorali ci si riferiva all’arretramento della linea di riva dovuto a uno squilibrio fra quanta sabbia viene depositata dal mare su di una spiaggia e quanta invece non ne viene portata via. Era solo il rapporto fra queste due voci che pensavamo determinasse quell’avanzamento o quell’arretramento[….]. Un altro aspetto dell’erosione costiera riguarda l’arretramento delle falesie,[ cioè delle coste rocciose con pareti a picco, alte e contigue] causato dall’attacco del moto ondoso alla loro base”.
In Italia è stata posta attenzione al primo processo per la quantità di insediamenti presenti e perché le coste per lo più sono costituite da rocce che determinano un lento arretramento delle falesie.
L’autore si sofferma a descrivere il processo di erosione sulle coste basse del nostro paese, soggette a due “forzanti, le variazione del livello del mare e l’apporto dei sedimenti immessi dai fiumi nel sistema costiero.”[…] “In epoca storica – scrive – sono state le variazioni dell’apporto di sedimenti da parte dei fiumi, indotte dai cambiamenti di uso del suolo e quindi della sua erodibilità, nonché dagli interventi idraulici realizzati lungo il loro corso, che hanno influenzato maggiormente l’evoluzione dei litorali”.
Le spiagge sono per la maggior parte, il prodotto dei sedimenti dell’erosione del suolo, ma da tempo non arriva più sabbia al mare, a causa dell’abbandono dell’agricoltura, dell’estrazione di sabbia dagli alvei e dalle foci fluviali, per la costruzione di dighe, la costruzione di ferrovie direttamente sulla spiaggia con protezione di scogliere “che hanno innescato il processo erosivo”, e anche per la costruzione di vasche di espansione “finalizzate alla laminazione delle piene” che favoriscono il deposito dei sedimenti in questi bacini.
I pochi sedimenti che arrivano al mare, inoltre, non riescono a raggiungere le spiagge a causa dei porti e dei moli guardiani che interrompono il flusso sedimentario, perché queste strutture, per la maggior parte, sono privi di sistemi di refluimento che “prelevino la sabbia sul lato opposto sopraflutto e la facciano defluire sottoflusso”.
La presenza di dighe foranee, spesso utilizzate per frenare il mondo ondoso, crea difficoltà al deposito di sedimenti. Infatti, quando le onde incontrano l’estremità della diga foranea, subiscono “una rotazione che le porta ad entrare, seppur attenuate, nel tratto di mare protetto e assumono una direzione che spinge i sedimenti proprio dentro il porto, insabbiandolo; oppure si depositano a ridosso della diga di sottoflusso, se c’è, dove si forma una grande spiaggia, a spese ovviamente dei tratti di litorale adiacenti”.
L’autore si sofferma sulle opere costruite a difesa dei litorali: muri paraonde, pennelli, scogliere parallele e secche artificiali, progetti sperimentali e ripascimenti artificiali.
La trattazione di queste strutture, spesso non del tutto risolutive, è dettagliata e interessante ma Il capitolo più esplicativo e utile, per noi tutti, riguarda la previsione dell’evoluzione futura delle nostre coste, in tempi brevi, e indica strategie utili per una difesa attuabile.
“Circa 230milioni di persone – scrive – vivono a una quota inferiore a un metro, e un miliardo sotto a quella di 10 metri. Vi sono 630milioni persone nella fascia che alcuni modelli d’innalzamento del livello del mare indicano come potenzialmente inondabile entro il 2100; e anche limitando la risalita eustatica a soli 50 cm, questa interesserebbe 570 città costiere, colpendo in modo diretto o indiretto i loro 800milioni di abitanti (Kirezci et al.2020)”.
Negli ultimi trent’anni – secondo dati del satellite Topex-Poseidon 1992-2022 – “il livello del mare si è innalzato mediamente di 10,1 cm. Ossia quasi la metà dell’innalzamento avvenuto in 140 anni”.
E questo fenomeno sta accelerando, secondo i dati più aggiornati.
Questi dati, a parere dell’autore, “possono interessare tutte quelle infrastrutture che sono essenziali per un paese[…] Questo deve riguardare la gestione e l’adattamento degli scenari futuri di tutto ciò che è stato costruito nel passato, ma una simile valutazione del rischio interessa anche la realizzazione di nuove infrastrutture”.
Per difendere la costa sarà necessario spendere e dall’analisi costi-benefici sarà economicamente conveniente difendere, a suo parere, solo “un terzo delle coste del mondo[…] la scelta ricadrà sulle megalopoli costiere […] dove vive una quota significativa della popolazione mondiale”.
L’autore chiarisce i costi e le risorse enormi necessarie per la difesa ad oltranza dei territori costieri, compresa la manutenzione di quelle realizzate o che si costruiranno.
In tutte queste zone, a suo parere: “sarà più conveniente procedere con “arretramento strategico”, che, sul lungo periodo, costerà meno rispetto alla difesa, ma che certamente avrà costi economici, sociali e di conseguenza politici importanti e darà luogo a spostamenti delle popolazioni non facilmente gestibili. Questa parte dei rifugiati climatici costituisce – scrive – una bomba appena innescata a cui si presta poca attenzione”.
“In molti paesi – continua – si stanno delimitando le fasce di rispetto in cui non solo è vietato costruire, ma anche ricostruire edifici e strutture danneggiate, arrivando fino alla loro delocalizzazione preventiva”.
Ritiene utile e descrive “l’adattamento flessibile”, riportando esempi già in molti luoghi realizzati e sottolinea la necessità di coinvolgere i cittadini nell’ informazione, nella valutazione del rischio e nelle proposte di soluzione.
Si sofferma ad analizzare il problema delle località turistiche costiere che non possono rinunciare, per motivi turistici ed economici, alla spiaggia e porta l’esempio di Rimini dove è in fase di realizzazione il Parco del mare.
In quelle località si rende necessario un ripascimento periodico e si dovrebbero valutare quali possano essere le sorgenti di sabbia disponibili e il mercato degli aggregati – sabbia e ghiaia – il cui costo è caotico e in continua evoluzione. La maggior parte proviene dalle pianure alluvionali, dalle cave o dai fondali marini, le cui aree sono molto limitate.
Inoltre, scrive: “Accompagnare i ripascimenti artificiali con la costruzione di difese costiere, oltre che stravolgere il paesaggio […] il mare aggirerebbe le dighe, risalirebbe lungo le aste fluviali e i canali di bonifica, dovremmo rialzare ponti e tutto quanto si raccorda con essi, tutti gli scarichi a mare andrebbero adeguati a un livello più alto, il livello delle falde s’innalzerebbe sopra al piano di campagna, e sarebbe una falda di acqua di mare”.
In conclusione il problema a monte è il riscaldamento globale e l’incremento della tropicalizzazione del clima che “avrà impatti notevoli” non solo lungo le coste “in cui si è costruito in modo sbagliato ed eccessivo” ma anche lungo i corsi d’acqua, che con ritmo maggiore, esonderanno causando lo spostamento degli abitanti.
L’autore conclude invitando a considerare la gestione delle coste collegandola alla gestione dell’intero territorio, negli aspetti ambientali, sociali ed economici, perché: “Ogni ritardo nella decisione impedirà di adottare quelle strategie che già ora sappiamo essere quelle vincenti, sul lungo termine, ma per questo, scrive, sono necessari cittadini, non solo informati, ma anche formati e consapevoli. Se queste qualità sono richieste ai normali cittadini, ancor più lo sono per i decisori”.
Grafici, schede esplicative e una interessante e ricca bibliografia completano il saggio.
Per approfondire: https://www.theblackcoffee.eu/crisi-climatica/
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Sabato, 28 dicembre 2024 – Anno IV – n°52/2024
In copertina: l’erosione della costa cecinese (LI) – Foto di Giuseppe Gallelli