domenica, Dicembre 22, 2024

Italia, Politica

Lampedusa: non solo migranti

Cronache lampedusane – seconda parte

di Laura Sestini

Lampedusa, lo abbiamo già sottolineato, è un’isola molto bella appartenente all’Arcipelago delle Pelagie, il più a Sud d’Italia. L’isola è urbanizzata solo per meno di un terzo della sua superficie – equivalente a circa 20 km² totali – nell’area sud-orientale, dove si sviluppano l’unico centro abitato e il porto e, per entrambi, sia una parte più vecchia sia una recente.

Le isole Pelagie rientrano nella provincia di Agrigento, distante oltre 220 chilometri (da Lampedusa a Porto Empedocle); mentre – sempre per quanto riguarda Lampedusa – la stessa dista solo la metà del percorso, circa 113 km, dalle più vicine coste tunisine di Mahdia. I lampedusani sono circa 5.800 e si conoscono tutti, naturalmente. Questi, se non fosse per le migliaia di migranti che passano da qui da almeno dieci anni, vivono in una specie di ‘bolla’ che li tiene lontani sia dal caos e dallo smog delle città, ma anche da tutte quelle cronache mondane, o criminali, che caratterizzano mediamente i centri più grandi sulla terraferma. Un vero paradiso terreste, ma che non manca di avere la sua parte di purgatorio, peculiarità – pure questa – intrinseca agli esseri umani, e spesso a politiche poco attente o poco capaci.

Dopo aver risposto alle domande sui flussi migratori (https://www.theblackcoffee.eu/lampedusa-e-la-questione-migranti/), le stesse giovani lampedusane che ci avevano raccontato, la settimana scorsa, dei disagi che avevano influito sul cambiamento di un’esistenza fino allora ‘beata’, di loro spontanea volontà hanno deciso di raccontare anche altri aspetti della loro esistenza di cittadine italiane.

Evitando la forma di intervista, abbiamo riassunto i loro racconti per argomento, ripartendo dalle loro ultime parole: «[…] a Lampedusa ci sono situazioni disagianti per i cittadini, al di fuori del fenomeno dei migranti. Qui non si può partorire, per esempio, non esiste una struttura minima ospedaliera. Non sembra possibile, nel 2021, doversi recare a un’ora di aereo per una tale necessità».

Il Covid – Con la pandemia le distanze dal continente, se per un verso hanno ‘protetto’ dal virus i lampedusani, dall’altro li hanno allontanati ancora di più da una terraferma metaforica, dal suo sostegno psicologico. Il fatto di non avere sull’isola una minima struttura ospedaliera, per cui le urgenze sono sempre e comunque gestite dall’elisoccorso, non è rincuorante. A proposito, una delle giovani racconta che da oltre un anno non riesce più a vedere alcuni parenti stretti, che vivono sulla terraferma, perché sono anziani o hanno patologie che necessitano continue cure mediche e, quindi, non vuole la responsabilità di poterli contagiare; ma allo stesso tempo, se dovessero morire, per Covid o per altre cause, l’idea di non poterli vedere neanche da defunti, le sembra folle e disumana. Se è vero che anche molti altri italiani non hanno potuto più vedere i loro cari deceduti per il virus, almeno poteva loro rimanere l’illusione della vicinanza fisica e di poter toccare con mano l’ultimo giaciglio.

La sanità – Le giovani ritengono indegno che, nel 2021, i lampedusani con patologie croniche non abbiano altra scelta che trasferirsi in terraferma: «Abbiamo dei medici che arrivano qui tre giorni a settimana per visite specialistiche. Quindi, non usufruiamo di un servizio continuo; mentre, se ci sono urgenze si deve partire alla volta della Sicilia con l’elicottero». Tornando all’argomento gravidanza – e qui una tra le nostre interlocutrici confessa che non farà mai figli, in questa maniera – le donne incinte, che vivono a Lampedusa, sono costrette a partire per Agrigento o, comunque, a recarsi nelle vicinanze di un reparto maternità, almeno un mese prima. È chiaro che non si può sapere esattamente il giorno in cui il nascituro deciderà di affrontare il mondo e, quindi, per essere sempre pronti alle innumerevoli evenienze, si parte con molto anticipo, sperando di ottenere accoglienza da qualche parente e non doversi sobbarcare l’affitto di un alloggio mentre si attende la nascita. Ovviamente tutto ciò a proprie spese.

La scuola – A Lampedusa, dopo la scuola dell’obbligo, si poteva frequentare (almeno le nostre interlocutrici, le quali hanno già superato per età questo problema) solo il liceo scientifico che, al momento, è chiuso; mentre, da pochi anni, è stato inserito anche un corso per operatori turistici. Chi vuole formarsi in altri ambiti è costretto a trasferirsi in terraferma, sempre a proprie spese: cosa che la maggioranza degli isolani non può affrontare. Quindi, non è possibile a Lampedusa studiare qualcosa di confacente alle proprie attitudini.

L’aggregazione culturale – Chi sa disegnare o cantare come coltiva le proprie passioni? Qui si cresce – testimonianza specifica di una delle giovani donne – con la paura di esporsi, di parlare, perché non si riesce a sviluppare del tutto la propria personalità e neanche a confrontarsi con altri giovani. «Tanti anni fa», continua il racconto: «facevamo parte del Movimento Giovanile Lampedusa, che era stato fondato da un pugno di ragazzi. Gruppo che, alla fine, si è sciolto poiché, per organizzare ‘altro’ da ciò che ci viene offerto qui, ci vogliono fondi e ci si scontra con la realtà, la possibilità e forse le capacità che non possediamo. Quindi, ci si convince che non ci sia nulla da fare, che non cambierà mai nulla. Inoltre, da parte dell’amministrazione comunale non c’è la volontà di una visione diversa non solo nei confronti dei giovani, bensì neanche dei bambini. C’è un luogo a Lampedusa dove i bambini possano ritrovarsi? Sul lungomare abbiamo un minuscolo parco-giochi, con uno scivolo e poco altro, ma è ridotto ai minimi termini e non sembra neanche troppo sicuro. Da piccola, spesso, andavo a Palermo con i miei genitori, e se vedevo un parco-giochi, impazzivo dalla gioia. Questo è un ricordo bello che mi porto dall’infanzia ma che, da adulta, interpreto come una mancanza nella mia crescita personale. A Lampedusa molti giovani provano disagio. Come si può far passare il tempo? Passeggiando in via Roma (la strada principale, n.d.g.) e frequentando i bar. Abbiamo una piccola biblioteca, ma non abbiamo una libreria, e nemmeno un piccolo circolo culturale dove sedersi a leggere una rivista, mentre si sorsegga un thè – come nel resto del mondo. Neanche un cinema c’è a Lampedusa per passare l’inverno! Quando eravamo bambini era stata avviata la costruzione della piscina comunale ma adesso, dopo trent’anni, è un edificio fatiscente». (Il progetto della piscina era stato approvato nel settembre del 1987, i lavori erano iniziati nel 1991, e mai ultimati, con il Sindaco Giovanni Frangipane – amministrazione poi commissariata per quattro mesi nel 1993, fino alle elezioni di Totò Martello, attuale sindaco. A fine novembre 2020 è stato stanziato un nuovo finanziamento per il completamento della piscina comunale con un decreto dell’Assessorato regionale al Turismo, Sport e Spettacolo. La gara d’appalto è per un importo pari a 2 milioni 970 mila euro, n.d.g.).

La costruzione della piscina comunale ferma al1991. Foto ©Laura Sestini (tutti i diritti riservati).

I trasferimenti – Mentre per i traghetti di linea – Siremar – verso Porto Empedocle, gli abitanti hanno sconti consistenti a fronte di oltre 8 ore di navigazione e difficili collegamenti terrestri dal porto di arrivo verso i centri più grandi, i lampedusani non usufruiscono di sconti sui voli aerei da e per Palermo-Punta Raisi, in appalto all’unica Compagnia che vola sull’isola (almeno in bassa stagione) – una società danese. Il viaggio aereo a prezzo intero ammonta attualmente a € 74 a tratta. Naturalmente gli isolani non sono felici di questi accordi tra la Compagnia aerea e le autorità – ritenendoli ingiusti.

La politica locale – «Non cambia mai nulla», è la frase ricorrente nelle testimonianze delle interlocutrici. Perché allora, dopo tre differenti sindaci – Sebastiano Bruno Siracusa, Bernardino De Rubeis e Giusi Nicolini – si rielegge Totò Martello, già al suo terzo mandato? Il problema, secondo loro, rimane sempre il denaro a disposizione. Giusi Nicolini puntava molto sulla correttezza perché a Lampedusa vi sarebbe un problema di abusivismo edilizio. Inoltre, era al fianco delle associazioni umanitarie che si occupano di migranti. Però, secondo le nostre interlocutrici, quando in un luogo si è agito sempre in una certa maniera per decenni, è difficile che un sindaco che si comporta diversamente riesca a essere rieletto. La politica che portava avanti la Nicolini risultava giusta, ma la realtà locale, in pratica, è un’altra – ovvero diventa difficile intimare a una persona di lasciare la propria casa, se il luogo in cui sorge non era edificabile oppure vi erano irregolarità nelle normative edili. Lampedusa sarebbe un po’ ‘tutta abusiva’ – secondo la loro testimonianza – e si dovrebbe buttare giù tutto e ripartire da zero. L’antiabusivismo è un concetto giusto, legalmente, ma andrebbe a intaccare tante attività che danno lavoro ai lampedusani. La mentalità è questa, da generazioni, e va anche a creare dissapori tra gli stessi abitanti – tra coloro che avrebbero da risanare, ma nessuno glielo impone, e coloro che dovrebbero, da ora in poi, stare alle regole (un’altra particolarità è che tutti i sindaci sono dei locali e potrebbe, quindi, essere difficile per gli stessi scindere l’amicizia o la parentela dalle regole da seguire, n.d.g.). Le intervistate ribadiscono la correttezza della Nicolini, accusata solo di parlare troppo poco con i suoi concittadini. Secondo loro mancava il dialogo, il che la faceva apparire come un’amministratrice non interessata ai lampedusani bensì alla carriera politica personale: spesso presente ai telegiornali, dove poneva attenzione solo alla questione dei migranti, senza accennare agli altri problemi. Col senno di poi si è capito che non puntava alla carriera personale – visto che in ambito politico ha volontariamente interrotto il suo percorso. Ma allora l’impressione, secondo le giovani, era stata quella e, per questo, non è stata rieletta.

La cura ambientale – Lampedusa non è proprio pulita: lo abbiamo visto con i nostri occhi e l’argomento è spontaneamente portato alla nostra attenzione anche dalle testimonianze delle giovani donne. Sono consapevoli che i Lampedusani per primi debbano correggersi, considerando che l’errore principale inizi da loro stessi. Propongono come soluzione la videosorveglianza, per capire chi deturpa (ed eventualmente punire) piazze, o iniziative pubbliche appena inaugurate. Anche la pulizia municipale, secondo loro, ‘lascia a desiderare’. Infatti, sebbene qualcosa arrivi anche dal mare – ma loro ribadiscono che ci sia spazzatura anche nei valloni interni dell’isola – abbiamo riscontrato noi stessi la presenza di molte bottiglie di plastica nelle bellissime calette, anche per mancanza di cestini della spazzatura a disposizione dei turisti e degli isolani. Le ragazze raccontano anche di qualche sporadica iniziativa volontaria dei giovani per ripulire precise aree, ma rimangono soluzioni fini a se stesse. L’educazione ambientale dovrebbe partire dall’amministrazione comunale, invece lo stesso campetto di calcio, inaugurato da poco tempo è già – secondo loro – abbandonato e nessuno se ne prenda cura. Lo stesso Movimento Giovanile Lampedusa si occupava – ormai oltre un decennio fa – di organizzare giornate di pulizia del territorio finché all’associazione hanno aderito imprenditori locali, che si sentivano esclusi, e da quel momento sono iniziati i dissidi interni a causa degli interessi differenti: in pratica l’associazione si è sciolta per mancanza di obiettivi comuni. Le intervistate ricordano di una volta che l’associazione ha dichiarato sciopero occupando una sala comunale: stava arrivando Berlusconi e in quattro e quattr’otto l’isola era stata lucidata a nuovo. «Allora si può fare!», ci dicono in coro: «Perché non si fa anche per i Lampedusani? Nei nostri confronti non c’è volontà, sembrano tutti disinteressati» (era il 30 marzo 2011 e vi rimandiamo anche all’articolo del Corriere, perché non pare essere cambiato nulla in 10 anni, n.d.g.: https://www.corriere.it/politica/11_marzo_30/berlusconi-lampedusa_3b538c30-5ac8-11e0-9f1f-2edbd1a49bbb.shtml).

I migranti con gli occhi dei turisti – Un’altra cosa che proprio non sopportano – le nostre interlocutrici – sono le domande sui migranti di molti Italiani che arrivano sull’isola o, talvolta, di persone del nord incontrate in altri contesti. Molti pensano che l’isola sia ‘invasa’ tout-court da milioni, forse miliardi di migranti, ma questa, dicono loro, è colpa della politica che distorce – accompagnata dai mass media di parte, che non induce alla giusta percezione della situazione reale. Lampedusa vive in una ‘bolla’, protetta ma isolata, senz’altro fuori da ogni realtà che conosciamo noi di terraferma. «I giornalisti hanno un’arma potentissima in mano, come mai non la usano correttamente?», ci domandano. Oltre a parlare in maniera distorta dell’isola, omettendo quindi la verità, non sembrerebbero capire che ciò può influire negativamente anche sul turismo e, quindi, sulle entrate economiche dirette dei lavoratori del settore – la maggioranza degli isolani. Sono dispiaciute che si dicano delle bugie su Lampedusa: loro, nate e vissute sempre qui, dove si vive prevalentemente di sole e di mare, senza sapere cosa siano i lati brutti delle città, quali la povertà o i crimini. Con l’arrivo dei migranti, però, l’isola nel tempo si è militarizzata. Esercito a controllo dell’hotspot, Polizia di Stato, Carabinieri, Finanza. Sebbene l’obiettivo fosse denominato Operazione Strade Sicure, in realtà – affermano – «nessuno, le strade, le ha mai controllate». Adesso – con il Covid – c’è qualche controllo riguardo alle mascherine.

Il virus futuro – Durante la pandemia, fino a un certo punto i cittadini sono stati informati dei numeri dei positivi – e della situazione in generale – dai post nella pagina social del Sindaco Totò Martello. Ma da un po’ di tempo regna il silenzio: non sono a conoscenza se tra i Lampedusani ci siano persone contagiate. La convinzione è che con l’arrivo dell’estate – come nel 2020 – il virus scomparirà per incantesimo, per poi vederlo ricomparire in autunno, così che tutto riprenda come in questi mesi: «Ci mancava solo il virus, per completare il quadro, a Lampedusa», ironizzano: «Sembra di leggere l’Apocalisse sulla Bibbia!».

Sabato, 10 aprile 2021 – N° 11/2021

In copertina: la spiaggetta del Vecchio Porto al tramonto. Foto ©Laura Sestini (tutti i diritti riservati).

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