venerdì, Novembre 22, 2024

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Le elezioni in Portogallo e la politica dei galantuomini

Maggioranza assoluta per i socialisti

di Elio Sgandurra

La vittoria del partito socialista alle elezioni politiche in Portogallo, che segue quella dei socialdemocratici di qualche mese fa in Germania, ha dato un altro colpo di freno all’ avanzata del populismo nell’Unione Europea. Il premier António Costa, ritorna alla guida del governo per la terza volta e con la maggioranza assoluta, battendo il partito di centro destra che – stranamente si chiama Socialdemocrazia – ha ottenuto il 27 per cento di voti molti dei quali sono passati all’estrema populista Chega – significa “basta” – che ha preso il 7,2%.

Quelle di domenica scorsa sono state elezioni anticipate volute dallo stesso capo del governo mentre l’estrema sinistra della coalizione minacciava di metterlo in minoranza. Si era creato un clima simile a quello in Italia del governo Prodi – nell’ottobre del ’97 – che cadde per il ritiro dalla coalizione di Fausto Bertinotti, leader di Rifondazione comunista.

Gli elettori portoghesi lo hanno premiato e lui nel suo primo discorso ha chiarito che “una maggioranza assoluta non equivale al potere assoluto”. Il leader dell’opposizione, Rui Rio, ha riconosciuto la sconfitta complimentandosi col vincitore con un atteggiamento cavalleresco che aveva già espresso nel 2020, all’inizio della pandemia, quando in Parlamento rivolgendosi al premier Costa disse: “Signor primo ministro conti sul nostro aiuto perché la sua fortuna è la nostra fortuna”.

Il rispetto per l’avversario caratterizza la politica lusitana sin da quando il colpo di Stato dei militari del 25 aprile del 1974, pose fine alla dittatura di Salazar. Allora quel golpe prese il nome di “rivoluzione dei garofani” grazie a una venditrice di fiori del mercato di Lisbona che infilò un garofano nelle canne dei fucili dei soldati di pattuglia. Nel ’76 alle prime elezioni libere vinse il Partito socialista e i militari rientrarono nelle caserme.

Antonio Costa, premier dal 2015, è riuscito a rimettere in piedi un Paese vicino alla bancarotta. Non ha seguito una politica rivoluzionaria, ma razionale basata su mediazione e riforme graduali che, per esempio, hanno fatto calare il tasso della disoccupazione dal 18 per cento al 6 di oggi. Non aveva ceduto all’Unione Europea che voleva imporre al Paese in crisi le stesse restrizioni applicate alla Grecia, tra le quali la privatizzazione del sistema pensionistico e sanitario.

Lui invece non solo aveva aumentato le pensioni e gli investimenti per la Sanità ma aveva anche applicato il reddito di cittadinanza. A queste riforme si aggiungevano le agevolazioni per il capitale straniero e l’esenzione delle tasse per i cittadini dell’UE – soprattutto pensionati – che chiedevano la residenza in Portogallo. Nel 2019 le finanze della nazione sono tornate in attivo.

Ha anche affrontato con saggezza – e con l’appoggio dell’opposizione – l’estendersi della pandemia al punto che oggi il Paese viene definito il più vaccinato dell’Europa. Con gli ultimi risultati elettorali la popolazione lo ha ricompensato con maggior fiducia tenendosi alla larga da quella rabbia che in altri Paesi – come l’Italia – offre molto spazio ai populismi.

Sabato, 5 febbraio 2022 – n° 6/2022

In copertina: António Costa. Foto: Partido Socialista (PS)

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