lunedì, Novembre 25, 2024

Italia

Le verità di Angelo Del Boca

Lo storico che fece luce sui crimini italiani

di Ettore Vittorini

Giornalista e inviato speciale, grande studioso di Storia e autore di libri d’inchiesta sul passato coloniale italiano, Angelo Del Boca – morto a Torino all’età di 96 anni – lascia un’impronta incancellabile su un tema ignorato per molto tempo dagli storici professionisti e dalle Istituzioni statali – scuole e Università comprese.

Uno dei suoi saggi – ‘Italiani brava gente?’ – ripercorre la Storia nazionale dall’Unità ai nostri giorni divenendo un “libro nero” che denuncia i gravi episodi delle nostre  vicende militari poco note – o volutamente rimosse dalle fonti ufficiali. Il titolo del libro riporta con un ironico interrogativo quelle tre parole che dopo l’ultima guerra intendevano porre in buona luce il comportamento delle truppe e le amministrazioni italiane nelle colonie e nei territori occupati durante il conflitto in Europa, come la Jugoslavia e la Grecia.

Tra i meriti di Del Boca risalta il lavoro meticoloso negli archivi ufficiali da cui ha tratto una estesa documentazione inoppugnabile da parte di coloro che in buona o cattiva fede criticavano i suoi scritti. Ne sono venite fuori verità drammatiche e inimmaginabili. Un esempio: la strage nel villaggio di Domenikon – nella Tessaglia – compiuto dalle truppe italiane dopo che i partigiani greci avevano assalito una colonna militare a 50 chilometri di distanza. Vennero uccise più di 200 persone – maschi e femmine – dell’età dai 14 agli 80 anni. Tutto è stato documentato come anche un telegramma inviato agli alti ufficiali dall’allora Capo di Stato maggiore generale Mario Roatta, nel quale diceva: “Non si uccide mai abbastanza troppo”. 

Ha anche rivelato l’esistenza di campi di concentramento in Italia e nelle isole dalmate, nei quali venivano tenuti prigionieri migliaia di civili jugoslavi: pochi erano gli oppositori, ma molti gli intellettuali, i professionisti, gli operai, tutta gente che dava fastidio al Fascismo e alle sue truppe. Erano rinchiusi, con poco cibo, senza assistenza medica e soggetti a pesanti punizioni. Ne morirono almeno la metà. Questi sono soltanto due episodi del lungo elenco di un comportamento che non aveva niente da invidiare a quello dell’alleato tedesco.

Ma almeno la Germania ha subìto una Norimberga, mentre l’Italia non ha mai avuto  processi internazionali di quel tipo. Non aveva a suo carico le colpe della Shoah ma – a partire dall’invasione della Jugoslavia e della Grecia – si era macchiata di tantissime altre colpe.  Il motivo della clemenza dei vincitori?  Nel dopoguerra il nostro Paese, che nel 1949 sarebbe entrato nella Nato, si trovava in una posizione geopolitica strategica di fronte ai Paesi del blocco comunista sovietico. Faceva quindi comodo agli Alleati mantenerlo dalla loro parte. Hanno influito anche l’uscita dal ‘Patto d’acciaio’ con la Germania, la lotta partigiana e quel milione di militari catturati dai nazisti dopo l‘8 settembre del ’43, che si rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò.

Qualche processo contro i generali colpevoli di eccidi fu fatto dalle autorità italiane, ma grazie alla amnistia proclamata nel 1946 dal ministro della Giustizia Palmiro Togliatti e alla indulgenza dei magistrati, la maggior parte degli accusati se la cavò. Non bisogna dimenticare che alla guida dello Stato democratico nascente era rimasta l’alta burocrazia fascista.

Il generale Roatta condannato a morte, pochi giorni dopo poté fuggire indisturbato nella Spagna di Franco. Rientrato in Italia nel 1964 fu lasciato tranquillo come un libero cittadino. Anche il generale Rodolfo Graziani, colpevole degli eccidi commessi dai repubblichini di Salò – e di stragi durante il governatorato in Etiopia – fu condannato a morte ma amnistiato dopo pochi mesi di prigione.

Nel 1965 Del Boca scrisse un libro inchiesta – ‘La Guerra d’Etiopia‘ – che ebbe grande successo per le verità che smentivano le false e comunemente accettate notizie sul buon comportamento delle truppe italiane guidate dal generale Pietro Badoglio e sulla gestione del successivo governatorato affidata a Graziani.

Fu il primo studioso italiano a denunciare – documenti alla mano – le atrocità italiane con i bombardamenti terroristici su villaggi indifesi, usando spesso gas tossici come iprite e fosgene anche sulle popolazioni civili – lo vietava la Convenzione di Ginevra, approvata anche dall’Italia – compiendo azioni di rappresaglia e creando campi di concentramento, dove i prigionieri venivano lasciati morire di fame.

Denunciò anche il comportamento di Graziani come governatore che dopo un attentato nel quale era rimasto ferito, autorizzò ai civili italiani e ai militari di compiere per tre giorni azioni indiscriminate contro la popolazione etiope. Ci furono 30mila morti, interi villaggi incendiati, la città di Adis Abeba messa a ferro e fuoco. Seguì l’eccidio di 2000 religiosi avvenuto nel monastero copto di Debrà Libanòs.

La Società delle Nazioni di Ginevra aveva decretato le sanzioni contro l’Italia, ma furono molto blande, manifestando la debolezza delle nazioni democratiche verso l’arroganza fascista e nazista che più tardi portò alla seconda Guerra mondiale. Il Negus etiope – Hailé Selassié – ormai in esilio, intervenuto all’Assemblea di Ginevra, venne fischiato e coperto di insulti dai giornalisti dell’Italia fascista e molti di costoro li abbiamo rivisti nell’Italia democratica come inviati speciali o direttori dei più importanti giornali. 

Per le sue verità e il successo delle sue opere, Del Boca – che aveva scritto altri libri sul colonialismo – venne duramente attaccato dalle associazioni italiane dei reduci delle guerre in Africa e dai tanti nostalgici del passato regime. Anche Indro Montanelli, seppur in maniera molto civile, polemizzò nel 1995 con Del Boca sulla guerra d’Etiopia. “Io a quei tempi mi trovavo sul quel fronte”, dichiarò negando l’esistenza di armi chimiche. L’autore gli rispose con una documentazione nella quale risultava che Montanelli nel periodo del ‘terrore’ italiano era stato ricoverato a lungo in un ospedale di Adis Abeba e poi rimpatriato in Italia. L’anno dopo, con un articolo sul Corriere della Sera, Montanelli fece ammenda e chiese scusa al suo ‘rivale’ riconoscendo le verità sul comportamento degli Italiani. Da vero e grande giornalista, dette prova di correttezza e di onestà intellettuale.

Dalla metà degli Anni ottanta in poi il lungo lavoro di Del Boca determinò un cambiamento degli studi sulla recente Storia d’Italia e il colonialismo. Le nuove generazioni di storici affrontarono e approfondirono quei temi fino ad allora considerati dei tabù. E’ importante ricordare il contributo dato in precedenza dallo storico inglese Denis Mac Smith che con la sua ‘Storia d’Italia dal 1861 al 1961‘ contribuì a introdurre tante verità negli studi sul nostro passato recente.

Sabato, 10 luglio 2021 – n°24/2021

In copertina: immagine pubblica di archivio della guerra italiana in Etiopia – Impiccagioni eseguite dalle truppe italiane in Etiopia

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