Una soluzione politica alla questione curda
Redazione TheBlackCoffee
Nell’ottobre 2023 fu lanciata la campagna globale “Libertà per Öcalan, una soluzione politica per la questione curda” con l’obiettivo di porre fine all’isolamento del presidente Abdullah Öcalan, consentendo ai suoi avvocati e alla sua famiglia di fargli visita e, infine, di garantirgli la libertà. Questa campagna mira a rendere possibile una soluzione politica giusta e democratica alla questione curda in Turchia.
Nel contesto di questa campagna, per il 2024 è stata lanciata una mobilitazione internazionale, dall’1 al 12 di ottobre, che coincide con il 26° anniversario del complotto internazionale che ha portato al rapimento di Abdullah Öcalan.
Riguardo alla questione curda, Edward Said e Abdullah Öcalan hanno mostrato che che la soluzione dei due Stati porta a violenza continuativa.
Su questo argomento, un incisivo articolo di Joost Jongerden, docente presso l’Università di Wageningen, pubblicato per la prima volta sulla piattaforma di discussione Joop del sito di informazione indipendente BNNVARA, parla delle critiche di Edward Said e Abdullah Öcalan alla soluzione dei due Stati. Jongerden indaga come questi due pensatori offrano percorsi alternativi verso la coesistenza, rendendo le loro idee più attuali che mai.
La violenza assume varie forme. A volte si manifesta attraverso droni, parapendii e mezzi pick-up, e il suo impatto risulta nell’annientamento di vite umane. Altre volte appare sotto forma di occupazione e colonizzazione, le cui conseguenze sono immediatamente visibili. L’impatto non è dato tanto dalla distruzione immediata di vite fisiche, ma piuttosto dal rendere invivibile la vita stessa. Molti hanno argomentato che le questioni palestinese e curda sono nate dalla convergenza di queste due forme di violenza. Due pensatori essi stessi originari dalla Regione, hanno anche fatto proposte chiare per una soluzione: Edward Said e Abdullah Öcalan.
Edward Said nasce nel 1935 a Gerusalemme, mentre Abdullah Öcalan nella città curdo-turca di Urfa nel 1947 e benché abbiano storie molto diverse, ma ritrovandosi in idee simili. Said diventò professore di letteratura inglese presso la rispettata Columbia University negli Stati Uniti, famoso per sua critica sull’Orientalismo; Öcalan dopo studi interrotti di Legge e poi di Scienze politiche, diventò il leader del PKK. Le sue idee politiche non sono maturate all’università, ma in carcere, dove si trova fin dal suo sequestro in Kenya nel 1999. Entrambi gli intellettuali vedono il cuore del problema della violenza ancorato nell’idea dello Stato-Nazione e delle sue politiche di identità escludenti. Entrambi vedono la soluzione nel rafforzamento del principio di cittadinanza, che è possibile solo insieme agli altri. Non separatismo, ma co-esistenza.
Nel suo articolo “La soluzione di uno Stato Unico” del 1999, l’intellettuale palestinese Edward Said afferma che la continuazione del colonialismo di insediamento israeliano e la resistenza palestinese che vi si oppone, peggiorano le prospettive di vera sicurezza per entrambe le parti. In questo contesto, Edward Said rigetta risolutamente l’idea di Stati separati per Ebrei e Palestinesi rappresentata dalla soluzione dei “due Stati” con gli Accordi di Oslo. Afferma che non c’è una giustificazione valida per perseguire l’omogeneità, un’idea che sta dietro alla soluzione dei due Stati, di cui la suddetta Legge dello Stato-Nazione ebraico è la logica conseguenza.
Said chiede un riorientamento politico radicale e ci ricorda che anche un selezionato gruppo di influenti pensatori ebrei – tra cui Judah Magnes, Martin Buber e Hannah Arendt – lo hanno sostenuto in precedenza. La chiave per il progresso – argomenta Said – sta nella pratica della cittadinanza, lo strumento primario di auto-realizzazione, per una vera autodeterminazione e coesistenza. Crede che questo possa essere raggiunto nel modo migliore in uno Stato laico condiviso, in cui ebrei e palestinesi sono uguali.
Il leader curdo Abdullah Öcalan segue un ragionamento simile. Ispirato dal filosofo politico Murray Bookchin, vede una soluzione in nuove forme di cittadinanza, ma 20 anni dopo Said, pone l’enfasi su una forma di cittadinanza oltre lo Stato. In carcere, preparandosi per i processi che si sono tenuti contro di lui, Öcalan ha sviluppato la critica dello Stato. Lo Stato-Nazione, afferma, è un centro di politiche identitarie ossessive e distrugge la pluralità che dovrebbe formare la base di una democrazia.
In accordo con Edward Said, Öcalan non chiede una soluzione di due Stati per turchi e curdi, ma una democratizzazione della Turchia in cui una definizione etnica di cittadinanza dovrebbe essere sostituita da una definizione civile. Mentre l’attuale definizione etnica di cittadinanza vede espressioni di identità diverse da quella turca come una minaccia esistenziale, una definizione civile accetta che cittadini della Turchia possano avere diverse identità, compresa quella curda. Inoltre, argomenta che la via all’autodeterminazione è rendere più profonda la democrazia attraverso l’auto-organizzazione. Vede la vera co-esistenza emergere in una democrazia partecipata basata sui principi di uguaglianza di genere.
Sia Said, sia Öcalan concludono che ci sono due opzioni: la continuazione dei conflitti che stanno diventando sempre più intensamente settari e in cui la sopravvivenza di un gruppo è data dalla distruzione dell’altro, o la ricerca attiva di percorsi di co-esistenza. Le prospettive sempre più minacciose di pulizia etnica rendono le loro proposte più rilevanti che mai, ma nella violenza retorica della realpolitik, sono anche meno percettibili di quanto dovrebbero essere.
Sabato, 7 settembre 2024 – Anno IV – n°36/2024
In copertina: manifestazione londinese per la liberazione di Abdullah Öcalan – CC BY-SA 3.0