domenica, Dicembre 22, 2024

Cultura, Teatro & Spettacolo

L’opera buffa di Giovanni Battista Pergolesi

Dalla nascita dell’operetta al genere musical

di Cafe Arte/Ognyan Stamboliev

L’anno di nascita dell’operetta è il 1858, il luogo è Parigi.

Il 21 ottobre, al teatro “Bouffe Parisienne”, ha visto accendersi le luci “Orfeo all’inferno” – un’opera buffa o più precisamente un’operetta – di Jacob Ebert di Colonia, detto Jacques Offenbach (1819 -1880) sul palcoscenico.

Ma il periodo “prenatale” di questo nuovo genere nella musica di scena durò più di un secolo. Bisogna cercarlo nelle famose fiere dei quartieri di Saint Laurent e Saint Germain… quando nel XVII secolo, il secolo del Classicismo e dell’Illuminismo, di Pierre Corneille, Jean Racine, Voltaire e Moliere, fiorisce il teatro nazionale francese in questi quartieri parigini.

Ritratto di Giambattista Pergolesi di fine 1800 o inizi 1900, attribuito a Domenico Antonio Vaccaro

Nello stesso periodo, in Italia, nel 1733, Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736) creò come composizione per l’intervallo dell’opera seria “Il fiero prigioniero”, il bellissimo intermezzo teatrale “La serva padrona”, basato sul testo del poeta Gennaro Federico. E senza sospettarlo, questo segna l’inizio di un nuovo genere musicale scenico: l’opera comica o “opera buffa”. Il successo fu strepitoso e portò a decine di imitazioni in Italia, Francia e Germania da parte di autori come Hasse, Paisiello, Telemann, Chiarini.

Nel 1752, Jean-Jacques Rousseau creò la prima opera comica francese con dialoghi parlati, “Il mago del villaggio”. L’opera buffa porta in scena le tradizioni dell’antica commedia di costume di Aristofane e Menandro, Plauto e Terenzio, le commedie-balletti francesi di Lully e Moliere, la commedia popolare italiana della Commedia dell’arte e i mezzi espressivi della teatro popolare e di piazza. Questa è un’arte per la gente del “Terzo stato”, che ha già iniziato la guerra contro la “gente dei palazzi”. Un certo numero di compositori francesi: André Philidor, Pierre Monsini, André Gretry, e più tardi, François-Adrien Boieldieu e Daniel Aubert crearono veri e propri capolavori nel genere dell’opera buffa come “Il Califfo di Baghdad” e “Fra Diavolo”. Nel frattempo stanno preparando l’apparizione della nuova “invenzione” francese: l’operetta. Alcuni la definiscono una “piccola opera” – ma le opinioni sono diverse.

L’operetta eredita alcune delle caratteristiche più importanti dell’opera buffa. Il suo contesto politico è il Secondo Impero francese, al tempo di Luigi Napoleone, chiamato dal poeta Victor Hugo “il piccolo”.

Il pungente e spiritoso Jacques Offenbach, dotato di un enorme talento musicale e teatrale, con un’inesauribile immaginazione e un incredibile senso della scena, noto anche come il “Mozart francese” o “Mozart degli Champs Elysees”, divenne il cantore di quest’epoca – un tempo di affari politici e bancari, di scandali politici e secolari, di morale malata. Il 5 luglio 1855 aprì a Parigi il suo famoso teatro Bouffe Parisienne, che divenne la prima casa dell’operetta.

Il suo notevole talento lo conferma come il “padre” e il “primo classico” dell’operetta francese, che sarà un modello per le scuole nazionali di tutta Europa. Offenbach creò 89 operette, la maggior parte delle quali chiamò “opere comiche”. Veri capolavori del genere sono: “La bella Elena”, “Pericola”, “Vita parigina”, “Orfeo all’inferno”, “La granduchessa Gérolstein”.

A Jacques Offenbach verrà attribuito il merito di aver stabilito e chiarito il linguaggio dell’operetta. Creerà anche il distico, la forma vocale-scenografica tipicamente francese, che, insieme all’aria, al duetto e all’insieme ampio ed espanso, costruirà il dramma dello spettacolo. Il suo grande successore, il padre dell’operetta viennese, l’autore de “Il pipistrello”, Johann Strauss, portò il genere a grandi livelli.
Nel XX secolo l’operetta raggiunse il suo apice con l’opera di Franz Lehár, autore de “La vedova allegra” e Emmerich Kálmán, che divenne famoso soprattutto con “La regina della Ciarda”, ma dopo di loro l’operetta declinò gradualmente e il arrivò il momento del nuovo genere leggero, il musical.

Il 1929 fu un anno di svolta per il “genere leggero”. Poi le anteprime degli ultimi capolavori di Lehár e Kálmán: “La terra dei sorrisi” e “La viola del pensiero di Montmartre”. Un anno e mezzo prima era apparso il miracolo: il “cinema sonoro” con “The Jazz Singer” di Al Johnson.

E’ da ricordare che nella storia di questi due fenomeni artistici – l’operetta e il cinema – ci sono parecchie coincidenze. I primi maldestri tentativi di “spostare le fotografie” risalgono alla metà del XIX secolo. E negli anni in cui le operette di Offenbach e Hervé trionfavano sui palcoscenici musicali, il francese Jules Marais e l’americano Muybridge arrivavano ai principi tecnici che portarono all’invenzione del cinema da parte dei Fratelli Lumière. Per più di tre decenni la settima arte è rimasta silenziosa. Con l’avvento del “film sonoro”, l’operetta e la commedia musicale conobbero un vero e proprio rinascimento, ma… sullo schermo.

Nasce il nuovo genere: il Musical.
Negli anni Quaranta e Cinquanta era già il nuovo maestro della scena musicale. Non esiste ancora una definizione esatta del musical. Secondo alcuni autori si tratta di: un’opera musical-scenica, una variante dell’operetta; secondo altri: un nuovo tipo di forma musical-teatrale. E’ ovvio che entrambi abbiano qualche diritto. La nota “Rosemary” di Rudolph Friml (1879-1972) è una versione americana dell’operetta viennese, mentre in “West Side Story” di Leonard Bernstein difficilmente se ne trova la minima traccia.

Nel musical la caratterizzazione principale dei personaggi avviene attraverso il dialogo parlato, l’uso di distici e altri tipi di forme di canzone, e anche attraverso la danza, ma non come diversivi o numeri musicali inseriti, qui hanno un ruolo più importante dell’azione che nell’opera classica. A differenza dell’opera e dell’operetta classica, la drammaturgia musicale nel musical è completamente subordinata alla scena, e il discorso si sviluppa in modo del tutto naturale e spontaneo, o piuttosto trabocca nel canto.

In effetti, le caratteristiche del musical non sono così tante. Ultimo ma non meno importante, si nota il gusto dei loro autori/ librettisti e compositori per gli esempi della grande letteratura: “La bisbetica domata” di Shakespeare; “Don Chisciotte” di Cervantese “L’uomo della Mancia” di Mitch Lee; “Candide” basato sul racconto di Voltaire; “Oliver Twist” di Dickens e “Oliver” di Lionel Barthes; “Il matrimonio di Krechinski” basato sulla commedia di Sukhovo-Kobilin; “Bel Ami” basato sul romanzo di Maupassant, “I Miserabili” e “Nostra Signora di Parigi” di Victor Hugo…

In questi libretti c’è spesso una forte drammaticità e anche un po’ di psicologia, che non si trova nella tipica operetta viennese o parigina. Uno dei motivi del fallimento degli esempi classici dell’operetta viennese e della Nuova Viennese negli Stati Uniti, è dovuto alla loro irrealtà e sentimentalismo, estranei al pragmatico pubblico americano
Il tema principale del musical americano è il famigerato “sogno americano”, che sarà anche uno dei temi principali del cinema…

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Versione in lingua bulgara: https://cafearte.bg/the-birth-of-the-operetta-the-place-paris/

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Sabato, 30 dicembre 2023 – n°52/2023

In copertina: una scena de Il Fantasma dell’Opera – musical di Andrew Lloyd Webber basato sul romanzo di Gaston Leroux e messo in scena da Plamen Kartalov.

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