Le controparti civili scendono in piazza in Europa
di Laura Sestini
A un mese dal loro inizio infuriano ancora gli scontri tra Azerbaijan e l’enclave armena del Nagorno Karabakh, con centinaia di perdite militari e civili a cui nulla è risparmiato delle violenze belliche.
Le due fazioni non si sono fermate neanche davanti al cessate il fuoco concordato con la supervisione russa, francese e statunitense di tre settimane fa, battibeccandosi su chi l’abbia violato per primo – come, d’altronde, era successo anche rispetto a chi avesse dato avvio al conflitto stesso.
Mentre sul campo si combatte, con la Turchia apertamente a sostegno dell’Azerbaijan – niente di nuovo rispetto al passato – e i mercenari jihadisti trasferiti direttamente dal nord della Siria e dalla Libia verso il piccolo Stato (riconosciuto solo da tre nazioni extra Onu), l’Europa tace, nonostante il violento conflitto racchiuda il potenziale per allargarsi maggiormente, tanto quanto le possibili infiltrazioni di mercenari verso la Russia di Putin.
Proprio per il timore di nuovi problemi causati da possibili flussi jihadisti, che rimandano velocemente alle guerre russe con la Cecenia, il Ministero degli Esteri russo ha affermato – con un comunicato emesso oggi, 31 ottobre – che assicurerà il proprio appoggio all’Armenia, qualora il conflitto dovesse superare i confini della piccola enclave – che conta meno di 150 mila abitanti – ed estendersi all’Armenia vera e propria, la cui popolazione non supera i 3 milioni.
Ricordiamo che l’Azerbaijan conta circa 10 milioni di abitanti, ha un esercito già di per sé superiore al ‘nemico’, a cui si affiancano uomini e armamenti pesanti della Turchia – compresi numerosi droni supertecnologici – che è, oggi, il secondo esercito per grandezza dei Paesi Nato.
Pare che Davide si debba scontrare nuovamente contro Golia.
Per l’aggravarsi del conflitto, durante il mese di ottobre, mentre i venti di guerra soffiavano forte sui due Paesi caucasici, gli Armeni che vivono in Europa sono più volte scesi in piazza a manifestare il loro dissenso verso l’attacco dell’Azerbaijan di settembre e chiedendo la fine del conflitto.
Nei fatti, in Italia, all’inizio di ottobre – oltre alle dimostrazioni tenutesi in Francia – qualche centinaio di persone della comunità armena milanese aveva manifestato davanti al Teatro alla Scala per sensibilizzare i concittadini verso questo conflitto decennale che non trova una via d’uscita e dal quale è la popolazione civile a essere la più danneggiata, violata nei propri diritti basilari.
A conferma di quanto scritto, in questi giorni sta girando in rete un video – giudicato autentico da più testate giornalistiche di respiro internazionale – su civili armeni catturati e freddati sul posto da militari azeri (o mercenari abbigliati con le stesse uniformi).
Tra l’altro, i mercenari assoldati dalla Turchia per le guerre che perseguono in tutto il Mediterraneo, riallocati in migliaia in Azerbaijan, è ormai accreditato che, oltre alle uniformi azere, ricevano uno stipendio intorno ai 1500 Euro, a mezzo dell’assunzione da parte di un’azienda di security turca (e verrebbe da chiedersi se, per questo, ricevano anche i contributi pensionistici). Inoltre, viene loro rilasciato il passaporto della Repubblica anatolica.
Tra le manifestazioni violente innescate dalla guerra azero-armena, va segnalato che, lo stesso giorno in cui a Nizza, in mattinata, si compiva l’attentato alla cattedrale di Notre-Dame, nella cittadina francese di Vienne e in un sobborgo di Lione gruppi di cittadini azeri e turchi appartenenti ai Lupi Grigi (movimento estremista ultranazionalista turco, a cui inneggia spesso anche il Presidente Erdoğan, traghettandone gruppi anche in Libia), hanno invaso le strade dove risiede la comunità armena, con l’intento – fortunatamente scongiurato per la massiccia presenza di forze dell’ordine – di stanare i ‘nemici’ armeni, al grido “Allahu Akbar” e minacciando uccisioni. I tafferugli che ne sono seguiti, hanno causato quattro feriti tra i cittadini armeni, tra i quali un uomo aggredito con un martello e ricoverato in ospedale.
Il fatto non ha, però, ottenuto il dovuto risalto da parte dei media, tutti focalizzati su quanto stava accadendo a Nizza. Al contrario, crediamo che lo stesso non sia da considerarsi un evento casuale, bensì un campanello d’allarme da non sottovalutare.
Nel clima di odio tra mondo islamico e Paesi occidentali, maturato tra l’omicidio di Samuel Paty e le ultime vignette della rivista satirica Charlie Hebdo, con la Francia in pole position – clima che, secondo la nostra opinione, è tra gli elementi che hanno generato anche l’attacco fondamentalista alla cattedrale di Nizza – il fare minaccioso delle manifestazioni di Lione è da catalogare come tassello di una lunga scia di azioni tese a fomentare l’odio tra le parti.
Non a caso l’Azerbaijan è un Paese a maggioranza musulmana, tanto quanto lo è la Turchia – nazione che sta dirigendosi sempre più verso una deriva islamista. E non va sottaciuto che i Lupi Grigi abbiano atteggiamenti xenofobi verso le minoranze religiose, nonché si rispecchino in atteggiamenti fascistoidi e militareschi.
Contemporaneamente, mentre il vortice islamico versus Occidente – ma anche viceversa – continua il suo imperterrito cammino, la Russia ha rinnovato la richiesta di cessate il fuoco per il conflitto in Nagorno Karabakh, che vede contrapporsi quattro diverse nazioni, divise anche tra i credi religiosi islamico e cristiano.
Per approfondire:
In copertina: la mappa del conflitto tra Azerbaijan e Nagorno Karabakh.