Il mondo ha fame di nuove visioni e di coraggio antico
di Giorgio Scroffernecher
Sappiamo bene che i problemi complessi non hanno soluzioni semplici, nonostante le promesse del populismo e le minacce del sovranismo. Tuttavia, qui, per gioco, vorrei tentare una semplificazione estrema. Potrebbe essere quella concepita dal pensiero di un ragazzino, ipotizziamo Marco, meglio ancora di una ragazzina, facciamo Federica, di quarta elementare, semplicemente informati sugli attuali mali del mondo, con richiesta di proposta a rimedio.
Immagino che Marco e Federica alla fine direbbero così:
1 – Vietare la guerra
2 – Smettere immediatamente di produrre gas serra
3 – Dividere con equità la ricchezza disponibile
4 – Rispettare e difendere la natura.
Li vedete i nostri competitor in lizza per il prossimo Parlamento, al cospetto di questi quattro inoppugnabili punti di salvezza del mondo? Probabilmente pronuncerebbero con aria credibile queste parole: «Che bravo questo ragazzino, e che bella questa bimba. Hanno proprio ragione, ma… ora lasciateci lavorare che dobbiamo offrire le soluzioni ‘concrete’ ai problemi delle famiglie italiane: aiuti dello Stato per pagare le bollette; diminuzione delle tasse; aumento delle pensioni e, già che ci siamo: dentiere gratis per tutti gli anziani!»
Già, una cosa è immaginare un altro mondo, un’altra è rendere possibile il suo miglioramento. Come a dire, c’è l’utopia, poi c’è la realtà. Tutti diremmo così… e se ci stessimo sbagliando, tragicamente, scambiando il senso di utopia con quello di realtà?
Proviamo a continuare il gioco, riscontrando:
1 – Quale guerra nella storia del mondo ha portato una soluzione al problema che l’ha originata?
2 – Il cambiamento climatico che stiamo affrontando con soluzioni timide e tardive, ci porterà alla fine a un disastro che stiamo già vedendo chiaro nei TG sul mondo e nei nostri territori
3 – Il sistema economico/finanziario non più fondato sulla produzione ma sulla scommessa speculativa, ha già estremizzando la ricchezza (di pochi) e la povertà (di molti), e alterna boom di sviluppo con esplosioni fallimentari di bolle che accentuano ulteriormente le disparità arricchendo solo chi scommette: su sviluppo o fallimento (senza sentimento)
4 – Peschiamo più pesci di quanto il mare può produrne, deforestiamo, abbiamo una agricoltura nociva, ci cibiamo di animali che sono loro stessi, nelle loro condizioni abominevoli, bombe virali sempre pronte a esplodere oltre che essere loro malgrado moltiplicatori di inquinamento, riscaldamento climatico e malattie.
Il vocabolario, alla voce ‘Utopia’ definisce: “Sostantivo femminile. Quanto costituisce l’oggetto di un’aspirazione ideale non suscettibile di realizzazione pratica”. Ma se è così, chi lo spiega a Marco e Federica che la soluzione vera – “la realizzazione pratica” – agli attuali problemi enormi e indilazionabili, sono le dentiere gratis?
Negli anni delle rivolte studentesche e giovanili, più di cinquant’anni fa, un importante riferimento è stato Herbert Marcuse con la sua visione “utopistica” si dirà poi. Marcuse (1898-1979) era un filosofo, sociologo, politologo ed accademico tedesco naturalizzato statunitense. I suoi studi e le sue ricerche lo portarono a elaborare una profonda critica alla società neocapitalistica, così americana quanto sovietica (oggi ci sarebbe anche quella cinese), ritenute totalitarie quanto e più delle società totalitarie del passato, in quanto lo sviluppo di una società consumistica comporta anche lo sviluppo dell’alienazione sociale e individuale.
Poi con la Russia è andata come è andata e guarda come sta andando, con la parte occidentale del mondo lo vediamo tutti i giorni, alle prese col nostro quotidiano complicato.
Forse avremmo dovuto dare più ascolto agli utopisti di ieri. Lo stesso ascolto che oggi dovremmo dare a Marco e Federica.
Sabato, 3 settembre 2022 – n° 36/2022
In copertina: foto di Billy Cedeno/Pixabay