La guerra dei coloni israeliani contro i bambini palestinesi
di Laura Sestini
Masafer Yatta è un’area della Cisgiordania, in Palestina, dove si trovano una decina di piccolissimi villaggi abitati prevalentemente da famiglie dedite alla pastorizia e all’agricoltura. Circa 2800 persone in totale. Questi villaggi risiedono in quel territorio fin da prima del 1967, secondo le linee di confine Green Zone concordate nel 1949 che rientravano nei territori palestinesi, dove sono passate numerose generazioni di famiglie.
Dal 1993, con gli Accordi di Oslo, un tentativo di riappacificazione tra Palestinesi e Israeliani, tutto è cambiato, e l’area di Masafer Yatta è finita sotto il controllo amministrativo e militare di Israele; ma molto prima il territorio era stato già occupato dai militari israeliani e divenuto una zona di addestramento e di tiro, dichiarandolo “Firing Zone 918”. Da quel momento, in barba alle leggi internazionali che proibiscono l’espulsione di una popolazione dalla propria terra e l’uso della stessa
per scopi di addestramento militare, gli Israeliani stanno cercando di sfrattare i villaggi qui insediati, con continue distruzioni dei semplici edifici in muratura dove le famiglie abitano.
Recentemente in Italia sono giunti in visita – invitati dall’associazione AssopacePalestina – il sindaco di Masafer Yatta, Nidal Younes, il dirigente scolastico Hitham Abu Subha e l’attivista-fotografo Eid Azelin, a raccontare al pubblico italiano cosa accade in quel lembo di terra palestinese, inglobato nello Stato di Israele, e dove loro, secondo quanto tenta e agisce la politica israelita, non avrebbero più diritto di abitare.
Zuhoor e Ibrahim sono marito e moglie, 79 e 73 anni, che abitano a Tuba, uno dei villaggi di Masafer Yatta; sfrattati nel 1999, da allora lottano per rimanere nella loro terra. Come i due coniugi, nonostante tutti gli abusi che vengono perpetrati sulle loro proprietà, e spesso anche sui corpi con armi da fuoco, gli abitanti di Masafer Yatta non desistono dal ricostruire ogni volta le loro abitazioni, e nonostante le difficilissime condizioni che vivono quotidianamente, sotto il pericolo di attacchi dei coloni israeliani, a cui il Governo permette di demolire, espropriare e maltrattare i palestinesi che qui hanno tutta la loro esistenza.
Israele ha deliberatamente istituito qui una zona militare, che non pare l’obiettivo principale, se non di acquisire nuovi territori per gli insediamenti dei coloni. Negli Anni ’90 ci fu l’espulsione di 700 residenti, ma molti di loro di appellarono alla Alta Corte di Giustizia e poterono tornare alle loro case per merito di un provvedimento temporaneo, che Israele ha sin da subito disatteso.
Alì ha 25 anni e non si ricorda di quando nel 1999 la sua famiglia fu espulsa dal giorno alla notte fuori dalla propria casa che subito venne distrutta. Lui aveva appena un anno, ma conosce ogni dettaglio delle sofferenze che hanno vissuto i suoi genitori in quei giorni e gli appartenenti al suo gruppo famigliare che contava circa 20 persone. Racconti che si tramandano in famiglia, per non dimenticare, per continuare a lottare al diritto di rimanere nella loro terra, per combattere il terrore che infliggono i coloni a cose, animali e persone in quel territorio. Oltre ai coloni ci sono anche i militari, che nella zona di poligono sparano e “casualmente” talvolta sbagliano in bersaglio.
Nel villaggio di Al-Mirkez, Hamoudi – 18 anni – è stato colpito da una granata israeliana mentre stava pascolando le sue pecore, ed ha perso la mano destra.
Tra le cose più orrende che accadono nei villaggi di Masafer Yatta ci sono le frequentissime demolizioni delle semplici costruzioni adibite per l’istruzione dei bambini e degli adolescenti. Come se non bastasse, poiché le scuole non sono in tutti i villaggi, i bambini che intraprendono il percorso a piedi per raggiungere la scuola più vicina, vengono spesso attaccati dai coloni, che nel frattempo, con l’appoggio ufficioso delle autorità israeliane stringono sempre di più il cerchio intorno ai villaggi e costruiscono i loro insediamenti. Tra gli altri “dispetti” abituali dei coloni ci sono le distruzioni delle strade, in modo che i palestinesi dei villaggi non possano più passare da percorsi costruiti durante i decenni e obbligare le persone a dover fare giri lunghissimi per arrivare nello stesso posto; magari la scuola più vicina, prima distante due chilometri, che i bambini percorrono in gruppo da soli a piedi, e dopo a 10 chilometri, costringendo i genitori a portare e riprendere i bambini con dispendio di tempo e di carburante, che qui è prezioso quanto l’acqua, che spesso arriva con i pickup dei residenti. L’acqua stessa è un altro bersaglio dei coloni: quando arrivano i bulldozer a distruggere le abitazioni, i container dell’acqua, in un zona praticamente desertica, fanno la stessa fine delle case.
In pratica alle famiglie palestinesi che qui risiedono viene ripetutamente negato l’accesso alla terra, alle strade, alle fonti d’acqua ed energetiche, alle scuole, ai servizi medici e agli ospedali, per tutti gli ostacoli e soprusi che attuano i coloni.
Dopo le innumerevoli proteste sugli attacchi e gli abusi sui bambini nei percorsi verso la scuola, il governo israeliano ha dato mandato ai militari di stanza al poligono di scortarli nel loro cammino.
I militari non sono troppo migliori dei coloni nel comportamento verso i bambini, ed inoltre sono una forma ufficializzata di maggior controllo dei loro movimenti, della loro libertà negata e pure della loro privacy, del diritto alla scuola e della loro vita di bambini in quanto tali.
https://savemasaferyatta.com/en/
Sabato, 6 maggio 2023 – n°18/2023
In copertina: abitazione a Khallet a-Dabe a rischio di distruzione israeliana – Foto: שי קנדלר