giovedì, Settembre 19, 2024

Italia, Politica

No al carcere per le donne in stato di gravidanza

I bambini hanno il diritto di nascere in libertà

Redazione TheBlackCoffee

Secondo il rapporto dell’Associazione Antigone “erano 2.392 le donne presenti negli istituti penitenziari italiani al 31 gennaio 2023, il 4% circa del totale della popolazione detenuta, di cui 15 madri con 17 figli al seguito.”

Il DdL Sicurezza n.1660, attualmente in discussione alla Camera, prevede, fra le varie misure repressive, la non obbligatorietà del rinvio della pena per le donne incinte e per le madri di bambini fino a un anno di età. Il rinvio non solo diventa facoltativo, con tutti i problemi inevitabilmente legati anche alle tempistiche per ottenerlo, ma può essere rifiutato laddove si ritenga che la donna possa commettere ulteriori reati.

Di fatto, con questa previsione, il Governo riesce a peggiorare persino il codice Rocco (del 1930), nonostante la
Costituzione si esprima in maniera estremamente chiara a favore della tutela della maternità e dell’infanzia
e nonostante i pronunciamenti nello stesso senso della Corte costituzionale e delle convenzioni internazionali.

Con questa norma, non solo si punisce la donna per la “doppia colpa” di aver tradito col reato la “missione” materna, sulla scia dello stereotipo patriarcale, ma si permette che lo stigma ricada pesantemente sul/sulla di lei figlio/figlia.

Abbiamo sempre affermato che nessun bambino e bambina dovrebbe stare in carcere, che il carcere non è
luogo dove la relazione madre-bambino possa essere serena, tantomeno può essere il luogo ove una donna
possa portare avanti in condizioni di sicurezza e dignità la propria gravidanza e, infine, partorire. E neppure
possono essere soluzioni congrue gli ICAM – istituti a custodia attenuata – che sono pur sempre strutture
carcerarie.

Né sarebbe sostenibile la soluzione di separare i neonati e le neonate dalle proprie madri, come
ricordato sia dal CPT- Comitato Prevenzione Tortura che dalla Corte Europea dei Diritti Umani che cita la
pertinente disposizione dell’OMS, secondo cui un neonato sano deve rimanere con la propria madre.

Piuttosto, le case- famiglia potrebbero rappresentare una alternativa accettabile per le detenute partorienti
e i loro bambini o bambine che non godono di un domicilio sicuro e dignitoso. Ma le case-famiglia, già
previste per legge e parzialmente finanziate solo per alcuni anni, non sono state costruite.

Rilanciamo quindi con forza i contenuti della campagna Madri Fuori, dallo stigma e dal carcere, insieme ai
loro bambini, che due anni fa ha visto una forte mobilitazione a difesa dei diritti delle donne e dei figli.

Dobbiamo contrastare le norme del ddl governativo, superare gli ICAM e costruire le case-famiglia.

Chiediamo alle organizzazioni della società civile di aderire a questo appello e di farlo conoscere,
condividendo le iniziative perché il Ddl sicurezza sia modificato.

Chiediamo a tutti coloro che pensano che questa misura sia insostenibile in un paese civile, di sottoscrivere
l’appello, inviando il proprio consenso a info@societadellaragione.it .

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Sabato, 14 settembre 2024 – Anno IV – n°37/2024

In copertina: immagine di Daniel Reche/Pixabay

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