Chi riconquisterà la Luna?
di Simona Podestà
Alla Triennale di Milano, prestigioso palazzo disegnato dall’architetto Giovanni Muzio negli Anni ’30 che ospita mostre sul tema Architettura e Design, è in corso la 23° Esposizione Internazionale, quella che avviene ogni tre anni e da cui ha preso il nome. L’edizione di quest’anno si intitola “Unknown/Unknows” letteralmente “quello che non sappiamo di non sapere”: una costellazione di mostre che ruotano intorno al mistero dell’ignoto con uno sguardo nuovo che esplora lo sconosciuto da tanti punti di vista, dall’evoluzione delle città agli oceani, dalla genetica all’astrofisica, per fornirci una chiave di comprensione e accettazione dell’ignoto come presenza costante della nostra vita.
La curatrice, Ersilia Vaudo, è astrofisica e Chief Diversity Officer dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Lo spazio interstellare occupa il padiglione che più mi ha colpito: nell’ottica del riuso e del riciclo, tutti gli allestimenti e gli oggetti esposti sono stati stampati in 3D da grandi stampanti e realizzati sul posto con materiali di origine naturale, in gran parte da sottoprodotti dell’industria agroalimentare. Immaginando i lunghi viaggi nello spazio, giovani designer e tecnici dell’ESA si sono cimentati con la creazione dei prototipi di piccoli oggetti che possano aiutare l’astronauta a non perdere il contatto sensoriale con il mondo da cui proviene e ad essere autosufficiente nella riparazione del suo stesso corpo.
A bocca aperta guardo microcapsule a rilascio prolungato che contengono l’odore di ricordi terrestri – come quello del mare o di un bosco – auricolari che permettono di parlare con i familiari a terra mentre riducono lo stress riproducendo suoni della natura terrestre; baccelli colorati che stimolano le papille gustative per contrastare la riduzione di percezioni sensoriali dovute alla mancanza di gravità, tra cui il gusto e l’olfatto, e di conseguenza la mancanza di appetito degli astronauti; packaging che prendono forma di frutta con aggiunta di acqua senza lasciare scarti; cellule di pelle umana biostampata usando il plasma sanguigno come bioinchiostro per preservare la salute degli astronauti nel loro lungo viaggio; campioni di osso umano artificiale da stampare in loco, utili per fornire un rapido accesso a “pezzi di ricambio” nella medicina d’urgenza nello spazio.
Ma perché l’uomo ha ancora bisogno di esplorare?
Forse perché è insito nella nostra natura, amiamo avventurarci verso l’ignoto, espandere i confini della nostra ricerca. E’ scritto nella nostra evoluzione, fin da quando i nostri antenati uscirono dall’Africa e attraversarono gli oceani. Il nostro pianeta ci sta stretto e la tecnologia ha raggiunto tali livelli da permetterci di esplorare altri mondi possibili.
La permanenza degli umani su altri pianeti sembra essere una realtà sempre più vicina: per raggiungere Marte i primi astronauti dovranno affrontare un viaggio di nove mesi e dovranno restare lì per un altro lungo periodo prima di poter affrontare il viaggio di ritorno, e la NASA spera di arrivarci entro una decina d’anni.
Per riuscire nella folle avventura la palestra ideale sarà la creazione di insediamenti stanziali sulla Luna, base perfetta per testare tecnologie, attrezzature, manutenzioni e riparazioni, oltre al fatto che esiste la possibilità di sfruttare le risorse minerarie lunari.
Ecco che la motivazione economica fa luce sul rinnovato interesse delle maggiori potenze – Stati Uniti, Russia, Cina – per il nostro satellite, oltre al ristretto gruppo di miliardari visionari che potrebbero avere in testa di privatizzare lo spazio.
E sì che per prevenire futuri soprusi e imperialismi spaziali, nel 1979 fu sancito il Trattato sulla Luna che dichiarava il satellite e le sue risorse naturali Patrimonio Comune dell’Umanità anche se non tutti i Paesi, compresi gli Stati Uniti, lo firmarono.
Le recenti manovre Cinesi sul lato oscuro della Luna, il polo Sud, particolarmente interessante per la presenza di ghiaccio e quindi di una fonte locale di acqua, hanno innescato una nuova corsa alla conquista dello spazio per cercare di espandere la nostra sfera vitale quando avremo esaurito tutte le risorse.
La materia è affascinante ma allo stesso tempo inquietante: immaginare di vivere dentro a una biosfera autosufficiente su un altro pianeta è al di là della mia portata mentale e credo della maggior parte di noi. Una consolazione, forse, ci dicono gli astrofisici, è che le persone che andranno a vivere sulla Luna avranno l’opzione di tornare a casa velocemente, se necessario: un countdown, si accendono i propulsori e in tre giorni si torna sulla Terra.
Ma la Luna non era dei Poeti?
“Che fai, tu, luna in ciel?
Dimmi, che fai
Silenziosa luna?” G. Leopardi
Sabato, 10 dicembre 2022 – n° 50/2022
In copertina: Immagine di Kira/Pixabay