Le morti e le detenzioni politiche nelle prigioni turche
di Laura Sestini
Nei giorni scorsi si è celebrato l’anniversario di un anno dalla fine dello sciopero della fame a tempo indeterminato che, l’8 novembre 2018, fu avviato dalla parlamentare del partito pro-curdo Hdp Leyla Güven, arrestata a gennaio dello stesso anno per aver osato criticare l’operazione militare turca in Siria del Nord Olive Branch – ramoscello d’olivo (da considerare l’ossimoro del significante – olivo simbolo di pace – rispetto al significato) – che vide il cantone di Afrin soccombere alle violenze dei mercenari jihadisti alle casse della Turchia.
A un anno di detenzione – e il rilascio che ne seguì proprio grazie al digiuno di protesta (che non abbandonò neanche in stato di libertà) – e al grido di resistenza di Leyla Güven contro il terrorismo giustizialistico erdoganiano perpetrato in patria, oltre che alla richiesta di fine isolamento del leader del PKK Abdullah Öcalan, risposero oltre 7.000 detenuti politici curdi aderendo alla stessa modalità di sciopero. Öcalan, è importante ricordare, è incarcerato dal 1999, e prima del 2 maggio 2019 non aveva potuto ricevere visite dei suoi legali – o dei suoi familiari – dal 2011, poiché tutte le richieste formali, oltre 800, erano state fino ad allora rifiutate.
Il 26 maggio 2019 fu decretata la fine dello sciopero della fame attraverso un appello dello stesso Öcalan, ai suoi sostenitori dentro e fuori le carceri, all’interno delle quali, in breve tempo, a marzo, si erano tolti la vita, come strumento di protesta estrema, ben 7 giovani detenuti. L’appello aveva l’intento di fermare la perdita di ulteriori preziose vite.
Il primo a concludere la propria esistenza, dedicata alla lotta per i diritti del popolo curdo, detenuto dal 2012 con l’accusa di affiliazione al PKK, fu Zülküf Gezen, un ragazzone di 28 anni di Diyarbakir, il centro nevralgico del Kurdistan turco. Di lui avevamo incontrato la famiglia e scritto pochi giorni dopo la sua scomparsa, avvenuta il 17 marzo 2019.
In Turchia, la situazione degli arresti arbitrari e delle purghe, dal 2016 – anno del tentato golpe per cui sono stati accusati i sostenitori di Fethullah Gülen, considerato, quest’ultimo, tra le persone più influenti del mondo islamico – si è molto aggravata ed estesa notevolmente oltre la questione curda, per la quale Öcalan continua a richiedere al Presidente Erdoğan la ripresa dei colloqui di pace.
È proprio di poche ore fa (3 giugno), l’annuncio del Ministro della Difesa turco Hulusi Akar per una nuova depurazione di 4.562 militari dalle file dell’esercito, per sospetta collaborazione al tentato colpo di stato del 2016 e con l’organizzazione Hizmet di Gülen.
Ma il braccio violento della Turchia contro gli oppositori politici è molto lungo, e travalica i confini statali, tanto che si perseguono gli stessi fino in Svezia, dove la comunità curda è numerosa e votata anche in Parlamento, oppure si arrestano in Siria di Nord-Est, come per il caso di Dozgin Temo (Çiçek Kobanê), combattente curda delle YPJ, ferita e catturata durante l’attacco turco a ottobre 2019 nell’area della Confederazione Democratica Autonoma dalle milizie di Ahrar al-Sham/Battalion Darat Izza, che hanno partecipato a fianco della Turchia – membro Nato – all’invasione arbitraria del territorio nord-siriano. La donna è stata trasferita e detenuta, contro ogni forma di legalità, in attesa di giudizio nelle carceri turche di Urfa.
Riportiamo qui di seguito l’appello di Havva Gezen tradotto dal testo originale.
DİYARBAKIR – Havva Gezen, la madre di Zülküf Gezen, detenuto politico che ha posto fine alla sua vita per protestare contro l’isolamento del leader del PKK Abdullah Öcalan, ha dichiarato che dalla perdita del figlio sta lottando ancora di più per la libertà del popolo curdo.
Durante lo sciopero della fame, avviato dalla co-presidente del Congresso della Società Democratica Leyla Güven, attuato al fine di far cessare l’isolamento del leader del PKK Abdullah Öcalan e diffusosi in tutte le prigioni come un’ondata di resistenza, Zülküf Gezen ha concluso la sua vita il 17 marzo 2019 a Tekirdağ No. 2, Prigione di tipo F.
Dopo Zülküf Gezen, le proteste si sono allargate e altri detenuti hanno posto fine alle loro vite con lo stesso intento – tali Uğur Şakar, Ayten Beçet (24), Zehra Sağlamn (23), Medya Çınar (24), Yonca Akıcı, Siraç Yüksek e Mahsum Pamay (22).
Mentre lo sciopero della fame raggiunge lo scopo per cui è iniziato, conquistando il consenso ai legali per una visita a Öcalan – il 26 maggio 2019 – la madre Havva Gezen è stata intervistata mentre andava alla tomba di suo figlio Zülküf per dirgli: “Sono qui per darti la buona notizia. La richiesta della compagna Leyla e dei tuoi amici è stata accettata”.
Nell’anniversario di un anno dalla fine dello sciopero della fame, Havva Gezen ha ricordato l’azione di suo figlio sottolineando quanto Zülküf si dedicasse alla lotta, tanto che ha concluso la sua vita per il piacere di essa: “Abbiamo saputo che lui si era ammalato in prigione. Aveva una tale misericordia (sofferenza) nel cuore che voleva fare qualsiasi cosa per la lotta. Ammirava le madri di Kobanê e me le mostrava sempre come esempi”.
Madre Havva ha anche sottolineato che ha iniziato a sostenere la lotta con maggiore impegno dopo la perdita del figlio, terminando così il suo discorso: “Naturalmente, ne pagheremo il prezzo e chiederemo i nostri diritti. Non lasceremo mai andare la nostra lingua, la nostra cultura e la nostra lotta. Sono iniziati gli scioperi della fame per chiedere la fine dell’isolamento di Öcalan. Queste proteste sono state fatte per Öcalan e perché le persone abbiano un’esistenza libera. Tutti i Curdi provvisti di dignità dovrebbero capire perché abbiamo e stiamo lottando tanto. Per interrompere l’isolamento, noi Curdi, dovremmo essere uniti. Liberiamo la leadership, non abbandoniamo la causa dei martiri caduti sul campo, uniamo le forze. Non è un peccato per la gioventù? Facciamo qualunque cosa si debba fare per la liberazione di Öcalan. Abbracciamo i prigionieri e non dimentichiamo quelli che hanno perso la vita per il bene di questa causa. Il troppo è troppo”.
Testo originale:
http://mezopotamyaajansi22.com/en/search/content/view/98061?page=1&key=8ee744575e260b2a6ecb00c116fbf778
In copertina: Zülküf Gezen prima dell’arresto e la madre Havva Gezen.
Per approfondire:
https://ilmanifesto.it/zulkuf-e-gli-altri-morire-in-cella-per-non-essere-piu-isolati/
https://www.qcodemag.it/mondo/medio-oriente/la-voce-di-ocalan/
http://bianet.org/english/law/225222-abdullah-ocalan-s-attorney-we-made-962-applications-to-meet-him-only-5-accepted?bia_source=mailchimp&ct=t%28RSS_EMAIL_CAMPAIGN+-+Bianet+English+Daily%29