giovedì, Novembre 21, 2024

Economia, Italia, Politica

Perché coltivare la canapa a THC controllato?

E legalizzare l’uso personale?

di Laura Sestini

Il dibattito politico e legale sulla canapa, la sua coltivazione e tutti gli argomenti ad essa collaterali, in Italia, sembra che vadano avanti un po’ a caso. Se si deve poi affrontare la discussione sulla legalizzazione ad uso personale, allora si apre una voragine che ha davvero ampi argini. Altri Paesi, in senso terapeutico, come la Svizzera, la utilizzano da diverse decadi, mentre sempre più numerosi Stati Usa aprono le porte a tutti tipi di utilizzo della pianta ‘magica’ – non perché psicotropa – per la enorme potenzialità in campi civili e sanitari.

Ne vogliamo sapere di più e meglio, per questo abbiamo posto delle domande a Beppe Croce, Presidente di Rete Etruscum – un insieme di imprese agricole – ma anche Presidente di Federcanapa, una delle Associazioni di coltivatori di canapa industriale.

Lei è un coltivatore di canapa industriale, ossia a THC (la sostanza psicotropa della canapa) ridotto. Intorno alla tematica ci sono molte polemiche e distorsioni di informazione: quali sono le motivazioni che l’hanno indirizzata alla coltura di questa pianta?

Beppe Croce: – “Tutti i ceppi di canapa autorizzati secondo le normative EU hanno contenuto di THC, tetraidrocannabinolo al di sotto dello 0,2%. La canapa ha delle caratteristiche ambientali e salutistiche di tutto rispetto. E non è efficace solo sul dolore ma su tante patologie, tipo psoriasi, glaucoma, ansia, distonie muscolari. E soprattutto oggi sono di capitale importanza il CBD e il CBG, due dei cannabinoidi presenti nel fiore che non hanno alcun effetto stupefacente, e i terpeni. Il CBD possiede anche un’attività antibiotica.”

A che punto sono le leggi italiane in materia, dopo tutti i tira e molla degli ultimi anni?

B.C.: – “Il problema della canapa è il THC, ossia il principio attivo stupefacente contenuto nel fiore, dal momento che il THC è regolato dalla legge degli stupefacenti – legge 309 del ’90. E tutte le problematiche sollevate dal legislatore sono legate ad una tutela super prudenziale su un pianta che è un veicolo di sostanza potenzialmente stupefacente. Detto questo, negli ultimi tempi, vuoi per una richiesta dei consumatori, vuoi per una maggior chiarezza sugli aspetti conoscitivi dei cannabinoidi il legislatore e ivi inclusi gli organismi internazionali – WHO, Corte di Giustizia Europea e istituzioni nazionali – la percezione di illiceità sta lentamente scemando. Il problema rimane quello dei coltivatori che producono, e commercializzano, piante non legali, con un contenuto di THC superiore al consentito. Inoltre per quanto riguarda la cannabis medica, soprattutto legata alle aspettative dei pazienti cronici di patologie a carico della sanità pubblica, la richiesta di cannabis medica è aumentata a dismisura indi il legislatore è continuamente bersagliato da richieste in tale senso. E qui viene fuori un’impreparazione tecnica e applicativa. Di fatto i consumatori “avveduti e attempati” preferiscono sostanze vegetali con attività farmacologica, quale quella antidolorifica, piuttosto che la solita molecola chimica che porta con sé effetti collaterali imponenti. Vi è anche una richiesta pressante da parte di parecchie organizzazioni, dalle Associazioni Agricole su una regolarizzazione delle produzioni e dalle Associazioni di Pazienti che premono liberalizzazioni della coltivazione della cannabis medica. Purtroppo il prodotto farmaceutico è rigidamente normato e, in Italia, la cannabis terapeutica è approvata solo per preparati provenienti dall’Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, che da qualche anno non riesce a soddisfare la domanda interna, ca 2.000 kg/anno. Di conseguenza il Ministero della Salute, attraverso il Ministero della Difesa, si deve approvvigionare all’estero, Olanda soprattutto. Di recente sono state concesse due licenze ad aziende farmaceutiche italiane per la produzione di CBD in grado farmaceutico da coltivazioni nazionali, ma è ancora troppo poco.”

Che tipo di canapa cresce nei suoi appezzamenti di terreno: a quali usi è destinata?

B.C.: – “Al momento coltiviamo canapa da seme da varietà certificate europee. La destineremo parte a usi alimentari e parte a biomassa da estrazione.”

La canapa farmacologica: già 40 anni fa si utilizzava in Svizzera per curare il glaucoma, una grave malattia degli occhi che può portare alla cecità. In Italia cosa succede invece? Quanto siamo in ritardo, per le cure alternative?

B.C.: – “La Svizzera non segue i regolamenti Eu quindi gioca su un vantaggio legislativo ad hoc creato dalle autorità per favorire lo sviluppo interno. Per il glaucoma vi sono dei prodotti medicamentosi, ossia farmaci, registrati per queste indicazioni. In Italia ed in EU siamo più lenti, anche se l’Italia è stato uno dei primi stati europei a riconoscere il valore terapeutico della cannabis. Ma poi non consente di coltivarne e produrne a sufficienza. Mentre vi sono in Olanda, in Germania ed in UK società farmaceutiche che hanno sviluppato, registrato e che vendono prodotti farmaceutici a base di canapa. In Italia tante sono le potenzialità di ricerca e produttive, purtroppo rallentate da alcuni vuoti legislativi, vedi il monopolio del polo Chimico Farmaceutico Militare di Firenze.”

Negli ultimi anni, molti Stati americani hanno legalizzato anche l’uso personale della cannabis. Primo sul podio fu il Colorado, dove è divenuto anche un business turistico. Lei sarebbe d’accordo per la liberazione dell’uso personale anche in Italia?

B.C.: – “Certamente. La liberalizzazione dell’utilizzo della canapa ad uso ludico avrebbe il grande vantaggio di rendere controllabile la filiera e di conseguenza limitare il mercato illegale. In USA i vari Stati hanno legislazioni diverse sia sull’utilizzo ludico, sia su quello medicale, e sempre di più tendono ad una ampia apertura, cosi in tanti altri Paesi del mondo.”

Quale è la sua opinione sulla opposizione politica italiana alla legalizzazione delle droghe leggere?

B.C.: – “Il legislatore pilatescamente preferisce navigare sulle incertezze della conoscenza della canapa, che è molto limitata, soprattutto a livello popolare. Pochi sono i politici illuminati che conoscono e sono consapevoli dell’importanza di una industria della canapa. Sia quella ludica che medicale. Buio totale invece sugli altri usi della canapa, il tessile, il materiale bioedilizia e olio e farine, derivati dai semi – questi ultimi prodotti di grande valore nutritivo. E non va dimenticato che la pianta della canapa disinquina i terreni asportando i metalli pesanti.”

Quali problemi ha avuto, se ce ne sono, con i suoi confinanti sulla coltivazione della canapa? Rimangono pregiudizi anche tra gli agricoltori?

B.C.: – “Chi è in regola, non ha problemi. Anzi da un paio d’anni non è più necessario informare le autorità della coltivazione della canapa. I problemi nascono quando i coltivatori utilizzano semi non ammessi dalla legislazione Europea.”

Come lo vede il futuro per l’utilizzo della canapa? Grigio o rosa?

B.C.: – “Il futuro è sicuramente roseo, almeno a livello mondiale ed europeo. Gli indicatori economici dicono che il mercato aumenterà in maniera esponenziale. Studi economico-statistici prevedono una spesa pro capite nell’UE (450 milioni di persone) di circa 21 € / anno per il 2020 per prodotti contenenti CBD – per un totale di circa 9 miliardi di euro. Le tendenze per la cannabis appaiono piuttosto sorprendenti, raggiungendo in cinque anni, al 2025, una cifra totale di 3,2 miliardi di Euro nella sola Europa, con una crescita annua di oltre il 60% (dati recentissimi di Prohibiton Partners). Ho più dubbi sulla capacità della politica nazionale di favorire un trend simile in Italia. Dobbiamo creare un forte movimento d’opinione per smuovere l’inerzia del legislatore e se non ci riusciamo sarà anche nostra responsabilità.

Sabato, 8 maggio 2021 -n°15/2021

In copertina: Piante di cannabis – Foto Rick Proctor/Unsplash

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