Molto ancora resta da fare
di Laura Sestini
Dopo la nostra visita a Lampedusa, da dove Pietro Bartolo – oggi Eurodeputato – si è preso una pausa dopo 30 anni di onorata attività come medico, sempre in prima fila per soccorso dei migranti in arrivo, ci è sembrato naturale porgli alcune domande sulla scelta di entrare in politica, ma soprattutto per capire che punto siamo in Europa a proposito di politiche migratorie. Il Trattato di Dublino – in tutte le sue versioni – non ha funzionato, e talvolta non ha trovato volontariamente applicazione. Da qualche tempo si sta lavorando al Patto Patto europeo sulle migrazioni e l’asilo. Ci vogliamo credere che l’Unione Europea possa fare molto di meglio?
Da Lampedusa alla politica europea: per quale motivo ha deciso di mettersi in gioco? Dalla cura di migliaia di migranti ad esponente politico, sembra un passo enorme.
Pietro Bartolo: -“Vede, io ho vissuto molti anni della mia vita professionale nell’isola in cui sono nato e dove ho deciso di svolgere il mio lavoro. Avrei potuto scegliere di andar via ma non l’ho fatto. Il mio è stato anche un atto d’amore per Lampedusa: fare il medico tra la mia gente. Lo considero anche un privilegio. E, così, mi son trovato ad affrontare un fenomeno che non ci aspettavamo: l’arrivo di migliaia di migranti. Di persone in fuga da guerre ma anche da violenze e miseria nera. Che fare? Chiudere gli occhi o aiutare e capire? Per anni la mia casa è stato il molo Favaloro dove ho visto passare tanti uomini, donne, bambini in cerca di una vita un poco più dignitosa. Ho fatto il mio dovere di medico e di soccorritore, come altri. Mi sono trovato a soccorrere gente scampata per puro caso alla morte ma ho visto centinaia di cadaveri, di persone annegate. Come quelle ultime tragiche vite perdute nel naufragio della scorsa settimana. Persone che si potevano salvare. Ci sono enormi responsabilità. Vanno individuate e punite. L’Ue non deve più mostrare indifferenza. Infatti, ad un certo punto mi son chiesto: tutto questo è sufficiente per alleviare il dolore di tanta gente oppure bisogna fare anche dell’altro per dar corpo alle speranze di tanti sventurati alla ricerca di un futuro di vita in Europa? Ho scritto libri (due) ho partecipato come attore in un film che ha pure vinto il Leone d’oro – Fuocammare – e un secondo – Nour – interpretato da Sergio Castellitto. Ho viaggiato avanti e indietro per paesi e città, per scuole e università con l’unico intento di sensibilizzare la nostra società rispetto al nuovo fenomeno dei migranti. Infine ho pensato che è la Politica, quella con la P maiuscola, che deve cambiare le cose. E così ho scelto di entrare in politica, a modo mio, con la mia narrazione, perché sono la politica e le istituzioni che devono cambiare le cose. E l’Ue, con il suo Parlamento e le altre istituzioni, può fare molto di fronte a questo dramma epocale. Ed eccomi qui al lavoro, in questi giorni, spinto anche dagli ultimi terribili avvenimenti del Mediterraneo.”
Dal “Decreto Minniti” 2017 (Governo Gentiloni) fino ad oggi, le procedure di accoglienza sono molto peggiorate nel nostro Paese. Se mettiamo da parte l’ultimo decreto legge in materia di migrazione (ottobre 2020) che la maggioranza delle organizzazioni umanitarie ha contestato, non sembra di essere troppo migliori della Croazia dove si attua un contrasto violento verso le persone che tentano di entrare in Europa. Lei, recentemente, ha potuto constatarlo con i propri occhi visitando i campi in Bosnia.
P.B.: -“La vicenda della “rotta balcanica”, un disperato tragitto di fuga per migliaia di migranti, in buona parte provenienti dal Medio Oriente e dall’Asia, ha messo alla prova la capacità di accoglienza dell’Unione europea e la sua carica di solidarietà. In questo caso il risultato è stato contraddittorio: alcuni governi sono stati più o meno solidali ma il più delle volte si sono registrati atti gravi e sconfortanti. La pressione migratoria è diventata intensa e molti governi, dell’Ue e fuori dell’Ue, hanno mostrato la faccia feroce. Basti volgere lo sguardo a cosa accade dalle parti della Bosnia Herzegovina e ai campi in cui sono ospitati migliaia di profughi, tra cui decine e decine di minori non accompagnati. La condizione in cui sono trattenuti è scandalosa, oltre i confini della vergogna; e se non ci fosse sul terreno l’attività di alcune organizzazioni non governative, composte da volontari instancabili, la situazione sarebbe ancora peggiore. Da questa drammatica realtà i migranti vogliono scappare. Giustamente, hanno in mente e nei loro cuori l’obiettivo di raggiungere l’Europa occidentale, spesso alla ricerca del ricongiungimento con familiari sparsi un po’ dovunque. Dal campo di Lipa (Bosnia) tentano la traversata che loro chiamano “The Game”: passare il confine con la Croazia, attraverso un fitto bosco, giungere poi in Slovenia e successivamente in Italia dalle parti di Trieste. Meta finale: Germania, Francia e altri Paesi del Nord. Il fatto è che questo cammino è segnato dalle violenze delle polizie dei vari stati dell’Ue che, illegalmente, respingono i migranti che avrebbero diritto a fare domanda d’asilo. L’accoglienza è un miraggio. Solo pochi ce la fanno. E il “Gioco” dura per mesi. Anche l’Italia, come ha anche dimostrato una sentenza, ha le sue colpe in questi respingimenti illegittimi, vietati da tutte le norme europee e internazionali.”
Nell’Unione è in vigore il famigerato Regolamento di Dublino che non si riesce a cambiare…
P.B.: – “Il Regolamento s’è cercato di cambiarlo nella scorsa legislatura ma è rimasto impantanato in seno al Consiglio dei ministri dove siedono i governi. Il Parlamento aveva fatto il suo dovere, i governi no. Il Regolamento carica della massima responsabilità quei paesi che sono più esposti sul fronte migratorio, specie nel Mediterraneo, ai quali è fatto obbligo di occuparsi dei migranti in quanto territorio di primo accesso. Come si è visto, questo non va bene perché poi altri Stati dell’Ue se ne lavano le mani e non vogliono sentirne di ricollocamento proporzionale dei migranti arrivati. Si tratta di un meccanismo ingiusto e che, purtroppo, è tuttora in vigore.”
L’Unione Europea sta elaborando un nuovo patto su asilo e migrazione, che superi il trattato di Dublino. A che punto siamo?
P.B.: – “Il nuovo “Patto europeo sulle migrazioni e l’asilo” della Commissione è stato annunciato come una riforma radicale del sistema vigente, addirittura come un “nuovo inizio”. Io nutro forti dubbi. Questo Patto, che adesso è sotto l’esame del parlamento europeo, nei fatti ha un impianto che si dimostra tutt’altro che ambizioso e innovativo. Rimane praticamente intatto l’ingiusto criterio del “primo paese di ingresso”, Ciò vuol dire che resta sull’Italia (e gli altri Paesi più esposti) l’onere più grande appesantito, peraltro, da una procedura di “screening” sui migranti basata su criteri che finiscono con il mettere a rischio il diritto dei richiedenti asilo. Vero è che si prevede un “meccanismo di solidarietà obbligatorio” ma questo non prevede un “ricollocamento obbligatorio”. In sostanza, la solidarietà tra Paesi è solo flessibile e scatta sulla base di alcune precise condizioni e lascia aperta la strada alla pratica dei “rimpatri” talvolta camuffata da accordi con i “Paesi Terzi” di provenienza dei migranti. In Parlamento, nella commissione “Libe”, mi sto battendo perché siano salvaguardati alcuni principi fondamentali: la politica di asilo deve basarsi sulla solidarietà e la condivisione delle responsabilità e deve avere al suo centro la persona ed i suoi diritti fondamentali.”
Troveremo la maniera di affrontare, come Unione, i temi posti da chi cerca una vita migliore scappando dal proprio Paese in guerra o disastrato economicamente? Qual è la sua ricetta?
P.B.: – “La globalizzazione ci ha messo di fronte a grandi potenzialità ma ci ha rivelato enormi diseguaglianze, in tema economico e dei diritti. Penso al Papa quando parla degli “scartati” dal mondo, cioè chi ha meno risorse e meno occasioni di una vita degna di essere vissuta. Non dobbiamo mai dimenticare che da noi arrivano i nipoti di quelli a cui l’Occidente ha rubato tutto. La storia delle colonizzazioni, specie in Africa, sta lì a perenne testimonianza. La Storia, adesso, ci presenta il conto ma facciamo finta di non ricordare il saccheggio delle risorse e la violenza che abbiamo praticato per decenni in quel continente. Io penso che l’Europa abbia una grande occasione che non deve lasciarsi scappare: il calo demografico in molti Paesi spinge, di fatto, ad accogliere le energie che ci arrivano da altri Paesi. Se vogliamo far sopravvivere le nostre comunità, a nascita zero, non c’è altra strada. I migranti sono un arricchimento. Bisogna prendere coscienza e spazzare ogni forma di resistenza e, sempre più spesso, di xenofobia.”
A Lampedusa, l’hot spot è sorvegliato dall’esercito (ho visto con i miei occhi tre settimane fa), con vedette armate appostate sulle alture che lo circondano, tanto quanto un carcere di massima sicurezza. Non si riscontrano tali misure in altre località d’Italia. Con quali motivazioni si può attuale tale pratica, che viola ogni diritto criterio sensato?
P.B.: – “Che ci sia l’esercito o ci siano forze di polizia purtroppo è una cosa normale e non sussistono violazioni di diritto. Peraltro, le forze di polizia sono impiegate spesso nelle operazioni di sbarco e fanno il loro dovere. Tuttavia capisco bene che una presenza così massiccia forze armate e dell’ordine possa suscitare impressioni negative. Ad essere onesto, anche a me talvolta fa impressione.”
Navi-quarantena: un modo ‘alternativo’ per la violazione dei diritti umani degli stranieri in arrivo dalla rotta libica. Cosa ne pensa?
P.B.: – “Io penso che la modalità delle navi quarantena, sarebbe dovuta essere solo una soluzione temporanea per affrontare il momento critico vissuto da Lampedusa e dall’Italia all’inizio della pandemia. Si tratta, infatti, di una pratica che ancora una volta viola il rispetto dei diritti umani di persone che hanno già affrontato viaggi pericolosi, a volte persino un naufragio, violenza e torture. Queste persone vengono rinchiuse in una nave che diventa una grande prigione, nonostante non ci sia nessun presupposto legale per il loro trattenimento. Purtroppo, questa soluzione da temporanea è diventata permanente. Non si è stati in grado di trovare soluzioni dignitose sulla terraferma, strutture nelle quali i migranti potessero effettuare la quarantena in totale sicurezza e con a disposizione tutti i servizi igienici e sanitari necessari. Inoltre, la soluzione delle navi non permette nemmeno di risparmiare risorse ma anzi risulta più costosa rispetto al reperimento e all’allestimento di centri sul territorio italiano.”
In che direzione sta andando l’Unione? Non solo in tema di migrazioni, ma per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani in senso generale.
P.B.: – “Il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto sono condizioni da cui non si può prescindere nello status di aderenti all’Unione. Quando si sottoscrivono i Trattati, questi diritti sono i primi a balzare agli occhi e di cui si pretende l’osservanza. Pensi che il Parlamento ogni anno elabora due Relazioni, che vengono messe ai voti nella seduta plenaria, sullo stato dei diritti umani dentro L’Ue e nel resto del mondo. Puntualmente si passano in rassegna le criticità presenti in ogni Stato membro e si sottolineano i campi di intervento al fine di eliminarle. Il Trattato dell’Ue che peraltro contiene anche la Carta dei Diritti Fondamentali, prevede una procedura di sanzione verso quei Paesi membri che dovessero violare le regole comuni. Per esempio, attualmente, su iniziativa sia del Parlamento che della Commissione, sono in corso due procedure nei riguardi di Ungheria e Polonia proprio per la violazione dello stato di diritto. Dunque, l’Ue possiede gli anticorpi per combattere deviazioni pericolose. Bisogna essere molti vigili perché ne va della condizione democratiche non solo dei cittadini di un singolo Paese ma dell’intera comunità dell’Unione.”
Sabato, 1 maggio 2021 – n°14/2021
In copertina: Pietro Bartolo durante una seduta del Parlamento Europeo – Immagine dal video della seduta/EU