domenica, Dicembre 22, 2024

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Primo piano su…. il Libano

Da ‘Svizzera del Medio Oriente’ al caos odierno

di Ettore Vittorini

La fine dell’estate porta grandi novità alla redazione di TheBlackCoffee, che si arricchisce della penna e dell’esperienza di Ettore Vittorini.

Onorati di avere tra noi questa nuova energia – da cui non possiamo altro che attingere professionalmentelo presentiamo brevemente: giornalista professionista, ha lavorato per 30 anni al Corriere della Sera occupandosi di politica estera, prima come redattore e poi come vice caporedattore; corrispondente da Bonn quando era la capitale della Germania Ovest; nel ’95 lascia gli ‘esteri’ per andare a Firenze come corrispondente per la Toscana. Dal 2003, ha diretto per due anni il master di giornalismo della Toscana. Dal 2007 viene chiamato dall’Università di Firenze per insegnare – al polo di Prato – comunicazione e giornalismo. La Storia è la sua grande passione.

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 La spaventosa esplosione che il 4 di agosto ha distrutto gran parte del porto e  del centro di Beirut, capitale del Libano,  provocando più di 200 vittime e migliaia di feriti, ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica questa piccola nazione  di poco più di 10mila chilometri quadrati, bagnata dal  Mediterraneo Orientale, già nota nel secolo scorso per essere stata la “Svizzera del Medio Oriente”; poi per una disastrosa guerra civile durata 15 anni, dal 1975 al 1990, seguita da una veloce ricostruzione e un parziale benessere cancellato dalla crisi economica degli ultimi due anni; infine dalla tragedia dello scorso agosto.  

Non è un Paese fortunato. La sua posizione geografica che lo costringe tra Israele e Siria, lo ha reso vittima della lunga crisi mediorientale. Eppure i libanesi non hanno perso la loro identità che li distingue dal mondo arabo-musulmano nel quale hanno vissuto nei secoli di dominazione islamica e turca.  In epoca preromana la loro terra, una lunga striscia di 224 chilometri stretta tra il mare e i “monti del Libano” era la patria dei Fenici, popolo di mercanti e navigatori che colonizzò ancor prima dei greci la Sardegna, le coste italiane e quelle della Francia del Sud. Ma la sua notorietà e ricchezza venne presto cancellata dalla Storia in seguito allo sviluppo della Grecia, di Cartagine e infine di Roma che assorbì quel piccolo territorio nel suo impero.

Con l’estensione dell’Islam e la caduta di Bisanzio, il Libano scomparve come entità geografico-politica nel grande impero Ottomano, per ricomparire nel ventesimo secolo alla fine della prima guerra mondiale. L’impero Ottomano, alleato della Germania, venne smembrato col trattato di Sèvres del 1920 dalle potenze vincitrici: la Francia occupò il Libano e la Siria; la Gran Bretagna ottenne la Palestina, la Transgiordania e l’Iraq. All’Italia spettarono le isole egee del Dodecaneso, già conquistate con la guerra di Libia.

Sotto l’amministrazione mandataria francese, il Libano riacquistò una parziale indipendenza amministrativa distinguendosi dalle altre nazioni arabo-musulmane: la popolazione era in maggioranza cristiano-maronita; seguivano in percentuale i musulmani sciiti e sunniti; poi i drusi, kurdi, armeni, ebrei fuggiti dalla Spagna dell’inquisizione. Nonostante questo miscuglio di etnie e religioni, il Paese si avviò pacificamente verso l’indipendenza che ottenne nel 1943 con una costituzione democratica molto particolare, nata in nome della tolleranza. Il potere veniva distribuito nel rispetto della supremazia in percentuale delle religioni. Pertanto ai cristiani spettava la presidenza della Repubblica; ai musulmani sciiti la presidenza del consiglio; ai sunniti la presidenza del Parlamento.  La pace del Paese si basava sull’equilibrio politico tra le etnie. Già nell’estate del 1958 scoppiò la prima crisi che rasentò una guerra civile. Influirono i cambiamenti politici dell’Egitto con il colpo di Stato dei militari contro il re Faruk che crearono la Repubblica guidata dal generale Nasser. Ancor prima, nel 1948, la Palestina era stata divisa tra il nuovo Stato d’Israele e il regno di Giordania. Anche la Siria era diventata una Repubblica sempre in mano ai militari guidati da Assad, padre dell’attuale presidente.  In questa atmosfera il Libano era diventato molto vulnerabile e soggetto alle pressioni politico-militari dei suoi vicini. Tanto più che Egitto e Siria erano passati sotto l’influenza sovietica. Nel frattempo nel Paese era notevolmente aumentata la popolazione palestinese fuggita dai territori che l’ONU nel ’48 aveva assegnato a Israele e da quelli che lo Stato ebraico aveva occupato con la guerra del 1967.

Già nel ’58 l’equilibrio politico del Libano era entrato in crisi. La popolazione musulmana appoggiata da Egitto e Siria chiedeva più potere, mente i cristiani tenevano a conservare la loro vocazione filo-occidentale. Il presidente Chamun chiese aiuto agli Stati Uniti che intervennero inviando un contingente di marines. La crisi fu evitata e il Paese si riavviò verso quello sviluppo economico-finanziario per il quale gli venne attribuita la fama di ‘Svizzera del Medio Oriente’. Beirut era diventata un crocevia tra la finanza mediorientale e quella occidentale. Nella città dominavano grandi grattacieli, alberghi, casinò. La ricchezza veniva suddivisa maggiormente tra la popolazione cristiana, molto più aperta verso i costumi e la cultura occidentali.  La popolazione era salita nel frattempo a circa sei milioni di abitanti con quattro milioni di residenti e due di rifugiati palestinesi sparsi nei campi profughi posti alla periferia di Beirut o di altre località del Paese. La sede dell’Olp (Organizzazione per   la liberazione della Palestina) e la residenza del leader Arafat si trovavano nei pressi della capitale. Il governo si rifiutava di indire un nuovo censimento i cui risultati avrebbero accertato una maggioranza musulmana e quindi più potere all’Olp.

La situazione era divenuta incandescente e nel ’75, dopo i primi scontri, scoppiò la guerra civile. Il piccolo esercito nazionale si dissolse e ingrossarono le milizie private cristiane, da una parte, quelle musulmane e l’Olp, dall’altra. Il Paese era spaccato in due settori: i cristiani presidiavano Beirut e la zona a Est della capitale; gli avversari la valle della Bekaa e la parte Ovest sino al confine con Israele. Seguirono anni di stragi, di occupazioni militari straniere con brevi periodi di pace   imposta dall’ONU con scarsi risultati. La prima a intervenire per conto delle Nazioni Unite fu la Siria e proprio sotto il controllo delle sue truppe avvenne nel gennaio del ’76 la strage di Damur, compiuta dall ‘Olp contro la popolazione cristiana. La rappresaglia delle milizie cristiane fu attuata sette mesi dopo a Tall el Zaatar, un campo profughi palestinesi: vennero massacrati migliaia di civili senza che i siriani intervenissero in loro difesa. Nel 1982 le truppe israeliane con l’intento di salvaguardare i propri confini, entrarono in Libano ed arrivarono fino a Beirut dove rimasero per alcuni mesi. Il 18 settembre sotto i loro occhi le forze cristiane attaccarono il campo profughi di Sabra e Chatila compiendo un altro massacro. Ci fu un immediato intervento dell’ONU che inviò truppe di Paesi neutrali tra le quali un contingente italiano comandato dal generale Angioni che operò in modo eccezionale tanto da meritarsi la stima dei libanesi e l’elogio della stampa internazionale. Seguirono anni di scontri e di brevi tregue.

Nel 1990, quando Beirut e tutto il Libano erano ridotti in un cumulo di macerie, arrivò finalmente la pace nonostante le intromissioni continue della Siria. La ricostruzione in mano agli speculatori fu veloce: gli antichi quartieri della capitale furono sostituiti da grattacieli; oggi, la Hamra la via principale del vecchio centro è irriconoscibile; la “Place des canons” con i suoi antichi palazzi, non esiste più. Anche l’economia non è più quella della “Svizzera del Medio Oriente” perché il Paese da alcuni anni è entrato in crisi: le banche chiudono, il potere d’acquisto della popolazione è crollato, mentre aumentano le proteste della massa di cittadini cristiani e musulmani che accusano il governo di inefficienza e corruzione. La tragedia del 4 di agosto ha infine posto il sigillo a una situazione disperata.

In copertina: Vista su quartiere periferico di Beirut. Sullo sfondo i fumi di pneumatici dati al fuoco durante le manifestazioni popolari. Immagini ©Giulia Torrini (riproduzione vietata).

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