domenica, Dicembre 22, 2024

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Quale è il vero giornalismo?

La testimonianza “di vita” di John Pilger

Redazione TheBlackCoffee

Scompare poco prima della fine del 2023, all’età di 84 anni, John Richard Pilger, giornalista e regista di origine australiana, ma la cui carriera aveva sede a Londra fin dagli Anni ’60, trasferitosi nella capitale britannica giovanissimo.

La sua biografia ha abbracciato numerosi decenni di storia geopolitica mondiale come reporter di guerra e, dal 1974, come autore indipendente di film e docufilm che trattano su temi caldi della politica internazionale, i suoi intrighi, i suoi obiettivi invisibili, hidden agendas. L’ultimo film, War on democracy fu presentato al Festival del cinema di Cannes nel 2007.

Altrettanto ricca la lista dei video, di cui The coming war on China, del 2016, e l’attacco alla sanità pubblica britannica verso quella privata, girato nel 2019, appaiono particolarmente interessanti, ma ce n’è davvero per tutti i gusti, e non da meno sono i suoi numerosi libri.

Insignito di numerosi premi e riconoscimenti, Pilger, insieme a Ken Loach ed altre personalità del cinema e del giornalismo, nel 2010 si era offerto come garante nella richiesta di libertà su cauzione per il giornalista e attivista Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, accusato di stupro in Svezia e arrestato per questo in Gran Bretagna, accusa poi decaduta nel 2019.

Grande amico dei movimenti contro la guerra, determinato e coraggioso sostenitore del giornalismo progressista, era rimasto per lungo tempo critico verso il terrorismo di Israele contro la popolazione palestinese.

Pilger è stato molto critico anche sulla politica estera americana, australiana e britannica, considerata essere guidata da un’agenda imperialista e colonialista. Non una posizione politica, la sua, ma a protezione della democrazia e per la responsabiltà etica del lavoro del giornalista. Tra le numerose sue memorie storiche lascia un vademecum del vero Giornalismo.

Giornalismo significa ritenere il potere responsabile, porre domande scomode e dare voce a chi non ha voce.

Il vero test del giornalismo non è solo raccontare cosa sta succedendo, ma perché sta succedendo.

Stai lavorando all’interno di un sistema che è intrinsecamente ostile alla verità. Basta vedere la reazione dei media verso coloro che dicono la verità, Edward Snowden e Julian Assange. L’amara reazione di persone che hanno fatto vergognare gran parte dei media, quasi in un colpo.

L’intera essenza dei media non riguarda l’informazione. Riguarda il potere.

Non è sufficiente che i giornalisti si considerino semplici messaggeri senza comprendere le intenzioni nascoste del messaggio e i miti che lo circondano.

Se coloro che sostengono la guerra d’aggressione avessero visto una frazione di quello che ho visto io, se avessero visto i bambini friggere a morte a causa del Napalm e dissanguarsi a causa di una bomba a grappolo, forse non avrebbero pronunciato le sciocchezze che hanno detto.

Le principali democrazie occidentali si stanno muovendo verso il corporativismo. La democrazia è diventata un piano aziendale, con un risultato finale per ogni attività umana, ogni sogno, ogni decenza, ogni speranza. I principali partiti parlamentari sono ora devoti alle stesse politiche economiche – socialismo per i ricchi, capitalismo per i poveri – e alla stessa politica estera di servilismo verso la guerra senza fine. Questa non è democrazia. Sta alla politica come McDonalds sta al cibo.

Alla fine, ciò che conta sono le persone: coloro che soffrono, coloro che sono responsabili e coloro che si preoccupano abbastanza da prendere posizione.

Il ruolo di un giornalista è sfidare lo status quo, non servirlo.

Le verità ufficiali sono spesso potenti illusioni.

L’empatia è il carburante del giornalismo investigativo.

I potenti temono la verità, perché la verità ha il potere di rovesciare i loro imperi.

Il nostro dovere è dire la verità al potere, indipendentemente dalle conseguenze.

Il più grande crimine di guerra non è solo la perdita di vite umane, ma la perdita della verità.

Non esiste una guerra al terrore, esiste una guerra del terrore.

Il giornalismo dovrebbe essere un faro di speranza in un mondo di oscurità.

Molti giornalisti oggi non sono altro che canalizzatori ed echeggiatori di ciò che Orwell chiamava la “verità ufficiale”. Semplicemente codificano e trasmettono bugie. Mi addolora davvero che così tanti miei colleghi giornalisti possano essere talmente manipolati da diventare davvero ciò che i francesi descrivono come funzionari; funzionari, non giornalisti.

La vera misura di un giornalista non è la sua popolarità, ma la sua capacità di sfidare i potenti e dare voce agli impotenti.

Il silenzio di fronte all’ingiustizia è complicità.”

Per approfondire: https://johnpilger.com

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Sabato, 6 gennaio 2024 – Anno IV – n°1/2024

In copertina: John Pilger – Foto: SCU Media Students CC BY 2.0

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