lunedì, Novembre 25, 2024

Lifestyle, Società

Quando le modelle persero il sorriso

Una catastrofe antropologica e sociale che merita provvedimenti urgenti e duraturi

di Giorgio Scroffernecher

In queste settimane alla Milano Fashion Week si è tenuta l’attesissima Women Collection primavera/estate 2022 con un ritorno alla presenza di stilisti, modelle e pubblico. Decine le sfilate, eventi e sommovimenti in tutta la più newyorkese delle città italiane. I media sono stati inondati da migliaia di immagini di mannequin con i nuovi capi di abbigliamento che vogliono segnare l’uscita dai lockdown materiali e mentali. Quale l’elemento comune tra queste migliaia di ragazze ben vestite? L’assenza di sorriso.

Ma questa non è una novità, sulle passerelle non si sorride più da un bel pezzo: dagli anno ‘80. Prima di allora le sfilate erano veri e propri show; le modelle sorridevano, ridevano e ballavano. Uno spettacolo. Era il momento delle top model. Nessuna collezione d’alta gamma poteva essere presentata senza una Cindy Crawford, Linda Evangelista, Naomi Campbell, Claudia Schiffer, Valeria Mazza e altre meraviglie come loro. In quegli anni arrivarono i nuovi stilisti giapponesi, con loro le modelle dovevano essere neutre e serissime. Da quel giorno tutto cambiò… se devo dare la mia personale (e incompetente) interpretazione, la metterei così: i giapponesi sono quelli che con Toyota hanno razionalizzato tutto il sistema industriale mondiale cambiando approcci, metodi e filosofie. Se ci pensi bene, se ti passa una Schiffer davanti con un bel vestito, è probabile che ti soffermi a lungo su quel viso e su quelle forme e forse troppo poco sui particolari stilistici del suo abito. E poi, quanto pesavano le top model nei bilanci delle case di moda!

Infatti ora le top model non esistono più e, come ha testimoniato recentemente una giovane modella dell’Est, non bisogna sorridere, tanto che «Quando cammino sulla passerella penso a qualcosa di triste, come quando il mio gatto è morto, investito da un autobus».

La moda, si sa, determina comportamenti e atteggiamenti soprattutto tra le nuove generazioni. Infatti, se vedi per strada una giovane bellezza, maschio o femmina, è molto probabile che lo sguardo sarà imbronciato, quasi disgustato. Stiamo generalizzando certo, tuttavia, leggete la risposta che ha dato un esperto tramite il portale web QUORA che si definisce ‘Un posto per condividere la conoscenza e comprendere meglio il mondo‘ a un giovanissimo che vi si rivolgeva chiedendo conto della scomparsa dei sorrisi: «Il sorriso rende amichevole, se sei amichevole sei comune, se sei comune non sei nessuno. Se invece odi il mondo, sei in disparte, sei “maledetto”, sei un punto nero sulla lavagna bianca, sei fashion. Guardate le modelle, sorridono? No, la posa da foto è ascetica».

Questa è una catastrofe antropologica e sociale. Forse esagero, ma cerco di spiegarmi.

Ad occhi chiusi, in meditazione: il sorriso è la chiave per prendere distanza da sé, dal proprio ego, dal nostro stesso prendere sul serio le nostre parti meno essenziali. Ad occhi aperti, guardando gli occhi di una altra persona: il sorriso è la chiave di avvicinamento empatico al cuore del prossimo.

Istituto Lama Tzong Khapa – Pomaia (PI) – Foto: Manuela Ferro

Ridere è bello e importante, ma sorridere è forse ancora di più.

Ridere attiene alla comicità, sorridere all’umorismo: la differenza è tra quello che sta fuori e quello che sta dentro.

Infatti, dice il saggio: chi sa sorridere sa vivere.

Il sorriso non si presta a interpretazioni monocromatiche, anzi qualche volta annuncia misteri che rimangono irrisolti nei secoli come nel caso della Gioconda che continua a far discutere sul senso e significato di quel suo sorriso. Questa l’arte, la filosofia con Aristotele, ci spiega che il sorriso «si avvale del tatto proprio degli uomini virtuosi».

Volando sempre in alto, possiamo leggere le parole della professoressa Vallori Rasini che insegna antropologia filosofica e filosofia morale all’Università di Modena e Reggio Emilia e ci affascina con questi meravigliosi concetti: «Il sorriso non interrompe un rapporto, non stacca l’uomo dal resto delle circostanze, non quietanza una situazione; al contrario, esso mantiene – talora forzatamente – un preciso legame con gli eventi, tesse sottili trame, collaborando proficuamente con altre potenzialità espressive del volto e degli occhi. La sua straordinaria versatilità, soggetta a sfumature e rifrazioni innumerevoli, è unica».

E poi la prof. ci commuove con questo: «Allegorico e altamente simbolico; inesauribile, imperscrutabile ed eloquente più di qualunque parola, il sorriso si serve soprattutto del silenzio, giacché l’ambiguità del silenzio e quella del sorriso sono reciprocamente equivalenti».

Se andiamo negli spazi più spirituali, troviamo figure come il Dalai Lama Tenzin Gyatso che ci spiega inequivocabile che «Il mio sorriso, i miei occhi, vengono dal mio centro. Per trovare il mio centro ho bisogno di molte ore dedicate alla meditazione. Se non medito non rido e neanche sorrido, i monaci che vivono qui con me se ne accorgono e fanno un passo indietro…».

Nello stesso spazio ma in campi religiosi, sul sorriso si vola con le stesse ali: «Che il sorriso sia un’eminente ‘porta d’accesso’ non solo al mistero divino, ma, in generale, alla vita intelligente, lo constatiamo tutti i giorni anche noi con i nostri sorrisi e, più ancora, in quelli innocenti e aperti dei nostri bambini: gli occhi brillano, l’intelligenza lì celata palpita viva, e, messa da parte la profonda serietà con cui un bimbo segue le nostre parole con attenzione, quel ‘lume dell’intelletto’ si irradia e straripa nella felicità di averle poi afferrate e comprese». Queste le parole di Enrico Maria Radaelli – filosofo, teologo di ispirazione cattolica tradizionalista, che conclude «Sì, il sorriso è una ‘porta d’accesso’, vi transita il mistero della vita, e vi transita in entrambi i sensi: aprendosi l’uscio del sorriso, ‘esce’ dal volto e dagli occhi in tutta la sua purezza e luce l’intelletto che vi è dietro e vi ‘entra’, in certo modo, il nostro, almeno per cogliere il profumo di quella cara vivezza che gli si è aperta davanti, il fiore della sua presenza».

Abbiamo correlato il sorriso con l’umorismo, e allora concludiamo sorridendo al contributo del più ‘spiritoso’ dei maestri tantrici – Osho Rainesh – che ci racconta una delle sue meravigliose storielle, eccola:

«Una ragazza molto brillante che era riuscita a farsi da sé e raggiungere le più alte sfere della società di New York, durante un viaggio in Italia si innamorò di Stefano, un robusto contadino umbro.

La ragazza non era affatto contenta di come Stefano si comportava in società e gli fece un corso rapido e severo di buone maniere. Inclemente, lo fermava su ogni errore, spiegandogli ‘come si doveva fare’!

Non lo risparmiò neppure il giorno delle nozze suggerendogli a mezza bocca istruzioni su istruzioni.

La sera, finalmente a letto, Stefano si ritirò irrequieto tra le lenzuola, ormai assolutamente incerto sul da farsi. Alla fine, colto da ispirazione, si voltò verso la sua novella sposa e le disse: Tesoro, per favore, ti spiacerebbe passarmi la micina?»

Tratto da: Osho, Vivere, amare, ridere Ed.NSC

Foto: Engin Akyurt/Pixabay

Sabato, 2 ottobre 2021 – n° 36/2021

In copertina: Milano Moda Donna – immagine tratta dal calendario delle sfilate fashion week Milano

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