domenica, Novembre 24, 2024

Economia, Italia, Politica

Quanto incidono sull’economia italiana le attività lavorative dell’immigrazione?

Dai migranti il 9% del PIL

di Nancy Drew

“Per uscire dall’emergenza di mancanza di manodopera bisogna favorire l’immigrazione regolare”. Questa è una delle analisi che accompagnano il Rapporto annuale 2022 sull’economia dell’Immigrazione della Fondazione Leone Moressa.

Dopo le chiusure del 2020, nel 2021 tornano a crescere i Permessi di Soggiorno rilasciati in numero di 274 mila, più del doppio dell’anno precedente. In ripresa, soprattutto, gli ingressi per lavoro, passati da 10 mila a oltre 50 mila e pari al 18,5% dei permessi totali. Tuttavia, il primo canale di ingresso per gli immigrati in Italia è il ricongiungimento familiare, con il 44% dei nuovi permessi. Gli ingressi per lavoro in Italia – 8,5 ogni 10.000 abitanti – rimangono a un livello molto più basso rispetto alla media Ue che ne conta 29,8 ogni diecimila abitanti.

Gli stranieri residenti in Italia sono oggi stabili a quota 5,2 milioni, l’8,8% della popolazione, ma molto inferiori ai numeri degli altri Paesi membri europei.

L’imprenditoria immigrata non conosce crisi. La crisi Covid non ha fermato l’espansione di imprese a conduzione immigrata. Nel 2020 gli imprenditori nati all’estero sono 740 mila, pari al 9,8% del totale e in aumento rispetto al 2019 con +2,3%. Rispetto al 2011, i nati all’estero sono aumentati del 29,3%, mentre i nati in italia hanno registrato un dato negativo, -8,6%. Le nazionalità più numerose sono Cina, Romania, Marocco e Albania, ma la crescita più significativa si registra tra i nati in Bangladesh, Pakistan e Nigeria. L’incidenza maggiore si registra nell’edilizia – il 16,0% degli imprenditori del settore.

Nonostante la pandemia abbia determinato un calo generale nei redditi dichiarati dai contribuenti immigrati pari a -4,3%, gli contribuenti stranieri da lavoro dipendente in Italia sono 2,3 milioni e nel 2020 hanno dichiarato redditi per 30,3 miliardi di Euro e versato Irpef per 4,0 miliardi. Sommando altre voci di entrata per le casse pubbliche – Irpef, Iva, imposte locali, contributi previdenziali e sociali, ecc. – si ottiene un valore di 28,1 miliardi . Dall’altro lato, si stima un impatto per la spesa pubblica per 27,5 miliardi. Il saldo, dunque, è positivo di 600 milioni di Euro. Gli stranieri sono giovani e incidono poco su pensioni e sanità, le principali voci della spesa pubblica. Ma i lavori poco qualificati e la poca mobilità sociale possono portare nel lungo periodo ad un peggioramento della situazione.

I lavoratori stranieri sono stati i più colpiti economicamente dall’emergenza Covid. Gli occupati stranieri in Italia nel 2020 sono 2,35 milioni, in calo del -6,4% rispetto al 2019. Per gli Italiani la variazione è stata di -1,4%.

Tra i 456 mila posti di lavoro persi nel 2020, un terzo riguarda lavoratori stranieri, in prevalenza donne. Per la prima volta, quindi, il tasso di occupazione degli stranieri (57,3%) scende al di sotto di quello degli italiani (58,2%).

A livello territoriale, il tasso di occupazione degli stranieri è diminuito maggiormente nel Nord Ovest con -5,3% e nelle Isole con -7,0 %. Al Nord Est, invece, si è registrata la più alta diminuzione nel tasso degli Italiani, del -1,3 %.

Per tornare ai livelli occupazionali pre-Covid, l’Italia avrebbe bisogno di circa 534 mila lavoratori. Considerando l’attuale presenza straniera per settore, il fabbisogno di manodopera straniera sarebbe di circa 80 mila unità.

La restante quota di lavoratori potrebbe essere individuata valorizzando donne e giovani. Il tasso di occupazione femminile in Italia è il più basso d’Europa dopo quello della Grecia. Per eguagliare la media europea dovrebbero entrare nel mercato del lavoro almeno 1,2 milioni di donne. Il 40% delle donne inattive non lavora per gestire la casa, i figli o gli anziani. Il potenziamento dei servizi di cura potrebbe essere il volano per creare posti che consentirebbe l’inserimento di molte donne nel mercato del lavoro.
Tra i giovani italiani, 1 su 4 non studia e non lavora, sono coloro appellati con l’acronimo Neet – Not [engaged] in Education, Employment or Training. I Neet sono il 25% dei giovani italiani tra 15 e 34 anni. Le poche opportunità portano alla fuga dei giovani verso l’estero: quasi 400 mila negli ultimi dieci anni, in buona parte laureati.

https://www.confindustria.ud.it/upload/pagine/Ufficio%20Studi/NEET.pdf

https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/studi-e-statistiche/Documents/Undicesimo%20Rapporto%20Annuale%20-%20Gli%20stranieri%20nel%20mercato%20del%20lavoro%20in%20Italia%202021/XI-Rapporto-MdL-stranieri-REV-22072021.pdf

Sabato, 19 novembre 2022 – n° 47/2022

In copertina: foto di K.Mitch Hodge/Unsplash

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