giovedì, Novembre 21, 2024

Italia, Politica

Quello “strano” attentato alla Sinagoga di Roma

Il Tempio fu attaccato da palestinesi e morì un bimbo di due anni

di Ettore Vittorini

Oggi Stefano Gaj Taché avrebbe 42 anni, ma quest’età non l’ha raggiunta perché è morto quando di anni ne aveva appena due. Lo aveva ucciso il 9 ottobre del 1982 una bomba lanciata da alcuni palestinesi davanti alla sinagoga di Roma in Lungotevere de’ Cenci. Per quell’ordigno e per i colpi di mitra sparati dagli attentatori ci furono anche 37 feriti, tutte persone appena uscite dal Tempio dove era stata eseguita dal rabbino la benedizione ai bambini per la festa di Sheminì Atzeret. Una settimana prima il capo dell’Olp, Yasser Arafat, era stato accolto in Italia come un capo di Stato e ricevuto al Quirinale dal Presidente Sandro Pertini.

Le vittime erano tutti abitanti di Roma, cittadini italiani di religione ebraica. Quel giorno di festa si trasformò in un grave attentato a quella comunità, ma al di là del rituale cordoglio delle autorità, l’episodio passò quasi inosservato. Gli investigatori e la stampa italiana lo derubricarono come appartenente al conflitto israeliano-palestinese.

Ormai gli attentati erano divenuti una “consuetudine”, dato che negli anni precedenti l’Italia era stata funestata da simili episodi ben più gravi provocati da cittadini italiani neofascisti: la strage della stazione di Bologna dell’agosto dell’Ottanta, quelle dei treni e tante altre. Anche quello della Sinagoga romana era stata un’operazione contro cittadini italiani.

Giorni fa il quotidiano “La Repubblica” ha dato molto spazio a quel lontano avvenimento preparando anche un documentario intitolato “Le schegge dell’anima” trasmesso in podcast, che lo ricostruisce nei particolari visto che la documentazione delle indagini, tenuta segreta sino a poco fa, oggi è stata resa pubblica. Anche la Magistratura ha aperto un fascicolo sulla tragica storia.

Nel 1982 i servizi segreti del Sisde erano stati messi in allarme dagli attentati di settembre contro la Sinagoga di Vienna (due morti) e a Parigi in un ristorante ebraico dove le vittime furono sei. Il 29 settembre anche a Milano una bomba esplode in via Eupili, di fronte al Centro di documentazione ebraica moderna. Il Sisde avverte il ministero degli Interni che “esistono preavvisi di attentati contro Sinagoghe”. A Roma il portiere di uno stabile del quartiere ebraico, avverte che quattro persone dai lineamenti mediorientali erano scese da una Mercedes targata Bari e si aggiravano presso il Tempio.

La vigilanza delle forze dell’ordine intorno alla Sinagoga era stata rafforzata: al posto delle autopattuglie la Questura aveva predisposto un servizio di “vigilanza fissa dalle 19 alle 7, da estendersi in occasione delle celebrazioni religiose”. Ma nel giorno dell’attentato avvenuto alle 11 e 50, gli agenti non c’erano. Un’interpellanza in Senato chiese al ministro degli Interni di allora, Virginio Rognoni, le cause di quella assenza.

La risposta fu che la Questura non era stata avvertita della ricorrenza del Sheminì Adzeret. Venne subito smentito da Tullia Zevi, vicepresidente della Unione delle comunità israelitiche in Italia.

Tutta la vicenda si era trasformata in un giallo dalle tante verità, ma è certo che qualcuno al Ministero o in Questura non aveva tenuto conto di quella festa religiosa che era stata segnalata.

Un rapporto del Sisde offre una spiegazione sulla matrice dell’attentato: “Si deve escludere la paternità dell’Olp dato che un episodio di tale gravità si sarebbe rivelato politicamente pericoloso per la causa palestinese, in particolare dopo la visita di Arafat in Italia. L’ipotesi più probabile è che la paternità deve essere attribuita a frange estremiste palestinesi che appartengono al gruppo di Abu Nidal.”

Un colpevole fu trovato proprio nel proprietario di quella Mercedes targata Bari segnalata a Roma dal portiere del palazzo. L’auto fermata dalla polizia greca al confine con la Turchia conteneva ben nascosti 60 chili di esplosivo. Apparteneva ad Osama Abdel Al Zomar – arrestato insieme a un complice – studente di medicina presso l’Università di Bari, leader di un movimento filopalestinese. Un tribunale italiano lo condannò in contumacia perché era riuscito a fuggire dal carcere greco e di lui non si era saputo più nulla.

A quei tempi le Università italiane erano piene di studenti mediorientali – in maggioranza palestinesi – molti dei quali non avevano mai sostenuto un esame. Al Zomar era uno di questi insieme ad Abu Bakir Naser che lo accompagnava nell’auto bloccata in Grecia. Entrambi da tempo venivano controllati dal Sisde il quale riferì che prima dell’attentato alla Sinagoga erano stati segnalati in Giordania e Iraq.

Al processo la fidanzata del primo riferì che lo aveva conosciuto quando non aveva un quattrino e che poi era diventato danaroso e si era comprato quell’auto lussuosa. Da dove arrivavano i soldi? Dall’Olp, da Abu Nidal o da altri movimenti nascenti legati alla guerriglia palestinese? Perché l’attentato di Roma subito dopo la visita di Arafat? Si voleva forse ostacolare l’accordo segreto preso con lo Stato italiano: “Niente attentati in Italia ma accoglienza per gli “studenti” palestinesi.”

A quei tempi il nostro Paese era ben disposto verso la causa palestinese attraverso il consenso dei partiti – soprattutto il socialista di Craxi – e le numerose manifestazioni giovanili al grido di Al Fatah vincerà! Perché allora ci fu nell’85 l’assalto alla nave Achille Lauro e la sparatoria all’aeroporto di Fiumicino contro gli uffici della El Al – la compagnia aerea di Israele – che provocò la morte di 16 persone e il ferimento di 70? Erano stati commessi all’insaputa di Arafat?

Di fronte a quegli episodi, oggi si viene presi da un senso di colpa per essere rimasti quasi indifferenti per quelle azioni inspiegabili che portavano terrore e morte in Italia e in altri Paesi europei. Si pensava che la causa di Arafat fosse giusta mentre contemporaneamente il denaro degli aiuti al popolo palestinese andava a finire nelle tasche del capo dell’Olp, ben protetto dalle banche svizzere.

Forse se avessimo approfondito meglio le nostre nozioni storiche avremmo saputo che nel 1947, l’Onu stabilì non solo la nascita dello Stato d’Israele ma anche quello di uno Stato palestinese. Ma i Paesi arabi si opposero: la Giordania si prese la Cisgiordania e l’Egitto la Striscia di Gaza. Preferirono allearsi per distruggere la nascente nazione ebraica. Furono sconfitti e per ben altre due volte.

Da lì sono nati gli odii delle popolazioni contro gli Ebrei e contro il mondo occidentale con un’escalation che attraverso la jihad ha portato a un’infinita catena di attentati con migliaia di vittime innocenti. Viene da chiedersi se il popolo musulmano abbia mai fatto una autocritica. Dovrebbe prendere esempio dalle giovani e dai giovani dell’Iran che combattono senza armi contro il potere degli Ayatollah per ottenere almeno un po’ di libertà.

Il Tempio Maggiore di Roma
Foto: Livioandronico2013 – CC BY-SA 4.0

Sabato, 15 ottobre 2022 – n° 42/2022

In copertina: interno del Tempio Maggiore di RomaFoto dal sito Roma Capitale

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